RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)

BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)
La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online

sabato 23 aprile 2011

Collezione di articoli sulla vicenda del Bitto storico

(14.02.11) Entra nel vivo la campagna di Slow Food a favore del Bitto storico
Iniziative in varie parti d'Italia organizzate dalle condotte di Slow Food e arrivano gli ordini al Gruppo d'acquisto nazionale. Per avere a casa vostra lo 'storico' re dei formaggi d'alpeggio compilate il modulo è inviatelo come indicato nello stesso.

(23.11.10) Bitto storico: un'accademia del gusto ma anche di politica contadina
Il  santuario del Bitto storico a Gerola Alta (SO) esprime in modo esemplare il 'principio contadino' e la'resistenza' teorizzati da Jan Douwe Van der Ploeg. Il ruralista olandese vede nei contadini del III millennio la forza in grado di contrastare la globalizzazione dell'Impero (agroalimentare). Egli contrappone la visibilità di produttori- persone all'anonimato dei non-luoghi e dei produttori 'invisibili', la grande qualità contro la mediocrità. Rivaluta le  'umili' pratiche apparentemente 'arcaiche' ('retro-innovazioni') che mettono in crisi il sistema 'globale'. Nella storia della resistenza del Bitto storico c'è tutto questo. È un punto di riferimento europeo della 'resistenza contadina' al quale non bisogna far mancate lil sostegno. leggi tutto

(05.10.10) I gendarmi del Bitto non fermano l'Unione delleOrobie casearie
Il 25 settembre a Branzi in alta Val Brembana (BG) è stata sancita la nascita di un'inedita forma di valorizzazione delle produzioni casearie: l'Unione dei formaggi Orobici. Ora emerge un retroscena: ll Consorzio Casera e Bitto DOP due giorni prima inviava una lettera in cui si diffidava di commettere violazioni di lesa DOP e si annunciava che sarebbero stati inviati degli 'ispettori' a sorvegliare la Fiera. Cose fuori dal mondo. leggi tutto

(21.09.10) Gerola (SO). Il Bitto storico prepara la secessione dalla Valtellina
Ormai è sicuro, la 97a Mostra del Bitto (storico) si terrà a Branzi, in alta Valle Brembana (tèra de Berghem). Una decisione che era già nell'aria ma che è ora definitiva, dopo quanto avvenuto domenica  a Gerola alta in occasione della Sagra del Bitto. Alla vigilia della Sagra la stampa locale ha annunciato con grande enfasi la notizia di un 'accordo sul Bitto' promosso dai comuni di Gerola e di Albaredo (che fino a pochi mesi fa si lanciavano reciprocamente velenose accuse). I produttori non erano stati neppure interpellati e la loro reazione a queste manovre è stata netta: si sono rifiutati di ritirare i tradizionali premi per i casari. Sul palco c'erano politici e anmministatori e 2 casari 'traditori' di Albaredo. Una situazione imbarazzante perSertori, il presidente della provincia. 'Ci scusiamo con il presidente Sertori, non ce l'avevamo certamente con lui'. Questa la diichiarazione che ci ha rilasciato oggi Paolo Ciapparelli , presidente del Consorzio Bitto storico, che conferma che sabato a Branzi darà ufficcialmente l'annuncio del trasloco della Mostra del Bitto (storico) a Branzi.

(16.03.10) Opportunismo in Valtellina
Ieri Roberto (Formigoni) era  in Valtellina dove, tra l'altro, ha incontrato i produttori agricoli e i rappresentanti dei Consorzi di tutela. Teleunica ha mandato più volte in onda un servizio sull'evento 'sovrapponendo' al tema delle  DOP locali le immagini dellacasera di Gerola alta, quella del Bitto storico 'ribelle', uscito per protesta dalla DOP. Ma come? Se il Bitto ribelle 'usurpa' la DOP, e lo bastonate con le sanzioni da decine di migliaia di euro, poi con che faccia tosta lo usate per promuovere il Bitto ufficiale? Abbiamo quindi scritto alla emittente per dire che ....  leggi tutto

(14.03.10) Il Bitto storico a 'Fa la cosa giusta' (Fiera Milano City-Porta Scarampo)
Il Bitto storico è a Milano a 'Fa la cosa giusta', la fiera del consumo solidale e sostenibile. Vi aspettiamo oggi e domani (domattina dibattito sul consumo etico del latte - vedi a fianco). Intanto ieri si è tenuto il confronto tra il Consorzio Dop e l'Associazione dei produttori storici moderato con competenza e equilibrio da Alberto Lupini direttore di Italia a Tavola e c'è stato un annuncio importante leggi tutto

(26.02.10) Dalla Val Grana alle Valli del Bitto: reti per la libertà alpina
Il numero di dicembre 2009 del periodico 'Coumboscuro' (della minoranza provenzale alpina in Italia) ha riportato diversi nostri interventi sulBitto storico sotto il titolo quanto mai significativo: 'Bitto, un formaggio di libertà per le Alpi'. Lingue ('minoritarie' o 'non riconosciute'), culture ed economie identitarie del cibo sono entrambe espressioni di una libertà da affermare e difendere. Segni della crescita di un movimento per la libertà alpina che intreccia le reti culturalpine con la rete ruralpina. leggi tutto

(11.01.10) Sarà DOP ma ... non è Bitto
In ossequio al disciplinare della DOP il Bitto DOP dovrebbe essere contrassegnato da una pasta con: 'presenza di occhiatura rada ad occhio di pernice'. Ma l'uso estensivo dei fermenti selezionati che 'addomesticano' la lavorazione porta spesso a questo risultato. Intanto il formaggio degli alpeggi delle Valli del Bitto, fatto come una volta si faceva il Bitto, ... non si può chiamare Bitto per non 'usurpare' questo qua. Che Bitto non è.

(06.12.09) Polpetta avvelenata per Zaia sul tema scottante del Bitto
Roma: 'le modifiche al disciplinare della Dop Bitto, tese a una maggiore puntualizzazione sulle tecniche produttive artigianali del formaggio e a una fotografia corretta della zona di produzione, sono la dimostrazione dell'attenzione dell'Unione Europea verso le "tipicita"e la qualita' agroalimentare del nostro Paese'. E' il commento (riportato dall'ANSA) del ministro Zaia all'approvazione delle modifiche da parte della Commissione Europea al disciplinare di produzione della Dop 'Bitto'. Dal momento che sono in gioco i mangimi (prima non consentiti, ora si) l'uscita del Ministro (laureato in produzioni animali) rappresenta la 'polpetta avvelenata' di 'suggeritori' che tradiscono la volontà della burocrazia romana di voler 'sputtanare' il ministro veneto dimostrando che non conosce quello di cui parla o non è competente. Oltretutto Zaia è laurato a Padova dove ...  leggi tutto

(29.11.09) Decisi a difendere un diritto storico inalienabile
I sostenitori del Bitto storico - con in testa il Comune di Gerola e Slow Food - si sono   riuniti con i produttori al Centro del Bitto di Gerola il 28 novembre. Tutti sono decisi a far conoscere le ragioni di una produzione storica e del territorio che l'ha espressa e a farne valere i diritti. (allegati all'articolo anche la mozione del Consiglio Comunale di Gerola e la Dichiarazione del Consiglio dei Governatori di Slow Food).leggi tutto

(17.11.09) Van de Sfroos ha ignorato l'appello in favore del Bitto storico: qualche considerazione
I produttori del Bitto storico avevano chiesto a Davide Van de Sfroos di dire una parola durante i concerti di Morbegno del 13 e 14.  L'appello, che era stato rilanciato anche da Paolo Marchi sulle colonne del Il Giornale, è caduto nel vuoto. Davide di solito sensibile alle cause 'sociali' è stato frenato dai suoi manager che hanno evidentemente fatto valere considerazioni di realpolitik ovvero di 'sensibilità' per gli interessi politici degli sponsor istituzionali.  Il Bitto, si sa, è un argomento scottante.
Intanto i 'trogloditi' e 'ribelli' del Bitto stanno preparando una grande campagna di informazione e di mobilitazione a sostegno del loro leggendario formaggio. Primo appuntamento al Centro del Bitto di Gerola alta sabato 28.

(15.11.09) Morbegno (So). Parte la campagna per il Bitto storico
In occasione del concerto di Van de Sfroos a Morbegno del 14 novembre ha preso il via (con volantinaggio, cartelli di protesta e la presenza di alcune capre Orobiche di Valgerola) la campagna di informazione e di iniziative culturali e politiche a difesa del Bitto storico che la burocrazia e una certa politica vorrebbero mettere 'fuorilegge'. Pastori, capre, volantini e cartelli di protesta. Intanto si prepara la costituzione di un ampio Comitato leggi tutto

(11.11.09) Ruralpini si appella a Van de Sfroos per il Bitto storico
Van de Sfroos, il nostro Davide, il cantore ruralpino (la cultura laghée è pastorale, altro che barchette!), l'artista che ha tenuto mitici concerti in alpeggio facendo arrancare i Tir con le scene su per le mulattiere, sarà giusto Venerdì a Morbegno. Dall'Auditorium S.Antonio partirà il nuovo tour 'Van de Sfroos show' con uno spettacolo che è anche teatrale oltre che musicale. Il tutto anche in nome di quella cultura e identità per la quali si battono i  'ribelli del Bitto' e tutti noi che li sosteniamo. Potevamo perdere l'occasione di chiedere a Davide una testimonianza pro Bitto storico dopo le odiose sanzioni ministeriali che lo hanno colpito? No ovviamente. Allora leggi il testo dell'appello e se conosci Davide o qualcuno che gli è vicino fai in modo che lo legga e ci aiuti

(02.11.09) Valtellina (So). Poliziotti del gusto per imporre la burocrazia del gusto. Il Bitto 'storico' è fuorilegge
Il giorno 21, giusto due giorni dopo la conclusione della mostra del Bitto 'ufficiale', funzionari del MIPAAF si sono presentati al 'Centro del Bitto' (presidio Slow Food ed Ecomuseo risconosciuto dalla regione) per notificare due sanzioni (per un max di 60.000 €) per violazioni delle norme sulla Dop. I produttori 'storici', come è noto, sono usciti dalla Dop per non confondere il prodotto nato nelle loro valli e che essi continuano a produrre in modo tradizionale con il Bitto Dop 'modernizzato' fatto 'per legge' in tutta la Provincia (Foto Cheese Time). leggi tutto

(30.04.09) Valli del Bitto/Milano/Alessandria
Opposizione presso la Commissione Europea contro le modifiche del disciplinare del Bitto Dop vai a vedere

Mentre la macchina dell'expo si mette faticosamente in marcia tra miriadi di bandi, concorsi e idee a tavolino  il Bitto "cala" a Milano e materializza legami territoriali dimenticati. Riflessioni storico-gastronomiche sulla geografia milanese del formaggio  leggi tutto

(04.04.09) Milano
Al tavolo convocato dall'assessore Ferrazzi passi avanti per la soluzione dei problemi del bitto vai a vedere

(21.03.09)  Milano Tre settimane a Milano tra metà aprile e inizio maggio per il Bitto storico
Un programma denso di iniziative organizzato dai Produttori delle Valli del Bitto (i famosi "ribelli del Bitto") con l'adesione di Slow Food, Comune di Gerola alta, Arte da mangiare, Caseus/Anfosc, Ruralpini e molti altri. Giornalisti, chef, produttori, sostenitori del cibo buono pulito e giusto mobilitati per una iniziativapolitico-cultural-gastronomica lungatre settimane che si concluderà con un "treno del Bitto" per portare gli amici del Bitto "storico" sino al "tempio del Bitto" a Gerola alta (SO). Nel corso dell'evento si susseguiranno eventi gastronomici in locali stellati e nelle Osterie Slow Food, vi sarà una presenza in piazza dei produttori del Bitto (e del gruppo tradizionale di Gerola alta) con tanto di salotti gastronomici. E'previsto anche un convegno (25 aprile) aperto alle testimonianze dei sostenitori della campagna e degli stessi produttori nonché al confronto politcio con I rappresentanti della Regione Lombardia.  Programmi dettagliati su Ruralpini nei prossimi giorni. vai a vedere

(20.09.08) Bitto: la politica risponde all'appello
La politica risponde all'appello. Autorevoli esponenti istituzionali della Lega Nord al convegno sulle Dop promosso dal Presidio Slow Food vai a vedere

I produttori "storici" senza risposte minacciano il ricorso alla Commissione Europea vai a vedere

Consorzio Bitto storico: i produttori non regalano il nome 'Bitto' al Consorzio

L'assemblea dei produttori del Consorzio salvaguardia Bitto storico (Presidio-Slow Food) ha affrontato il tema del rientro nella Dop. Il Centro del Bitto, gestito dalla Bitto trading (il braccio commerciale costituito dagli stessi produttori e da soci sostenitori finanziatori), dopo l'accoglimento della domanda per essere sottoposto ai controlli dell'ente di certificazione (Csqa) è a tutti gli effetti un produttore (stagionatore) della Dop. Ora i singoli produttori (sono 14 gli alpeggi ribelli) chiederanno gradualmente di essere sottoposti al controllo dell'ente certificatore. Questa la strategia prospettata da Paolo Ciapparelli il 'guerriero del Bitto' che dal 1994 non ha mai spesso di dedicarsi anima e corpo alla causa di questo formaggio, uno dei migliori al mondo, che la banalità dei ragionamenti da marketing anni '80 degli strateghi locali dell'agroalimentare valtellinese e poco edificanti operazioni politiche rischiava di sputtanare per sempre.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con un rientro nel Consorzio CTCB (Consorzio tutela Casera valtellina e Bitto). 


I ribelli restano tali e intendono continuare la lotta per difendere, anche all'interno della Dop, il loro prodotto storico ottenuto in conformità con le tecniche tramandate da generazioni nell'ambito degli alpeggi che da almeno cinque secoli producono Bitto. L'uscita dalla Dop nel 2005 era stata determinata da due elementi: 1) la diffida da parte del Ministero ad utilizzare il marchio aggiuntivo Valli del Bitto che consentiva ai produttori dell'area storica di differenziarsi; 2) l'approvazione in via provvisoria in sede nazionale delle modifiche al disciplinare di produzione che legittimavano l'uso sino a 3 kg di mangime ad 'integrazione' del pascolo e dei fermenti selezionati. Il 'contentino' concesso ai 'produttori tradizionali' consistente nel imprimere nello scalzo della forma il nome dell'alpeggio in caso di non uso di fermenti e mangimi veniva giudicato una presa in giro perché consentito a tutti produttori dell'intera area della Dop (tutta la provincia di Sondrio più alcuni alpeggi bergamaschi e lecchesi). Per di più la distinzione non era condizionata neppure all'uso del latte di capra che per i produttori storici è imprescindibile. 
L'uscita dalla Dop ha consentito di far parlare dello strano caso di un formaggio   
che nella versione 'originale', 'storica', 'tradizionale' era di fatto divenuto fuorilegge. In effetti alla fine del 2009 arrivarono le sanzioni del Ufficio repressione frodi del Ministero. Una delle sanzioni in seguito venne derubricata ma, alla fine, nel 2010 una multa sia pure ridotta è stata pagata. Uno scandalo. Chi produceva come una volta nella zona di origine del prodotto punito per 'lesa Dop', trattato come un truffatore per difendere un Bitto dop, normalizzato e modernizzato che Paolo Marchi ha definito 'tra il mediocre e il discreto a patto di mangiarlo non molto stagionato' (aggiungendo perfido: "E' come paragonare una Ferrari - il Bitto storico - alla Duna"). Di attestati di solidarietà il Bitto storico e i Ribelli del Bitto ne hanno ricevuti molti. Se c'era bisogno di dimostrare che i Ribelli del Bitto sono vittime di una grave ingiustizia simbolo dei piccoli produttori artigianali schiacciati dagli interessi congiunti dell'industria, della burocrazia e della politica (quella poco nobile) l'intento è stato ampiamente conseguito. Insistere nel 'regalare' la Dop agli altri a questo punto sarebbe solo masochismo (si renderebbe definito l'esproprio di un nome che è valore patrimoniale di una comunità di saperi che ha radici secolari, si rischierebbe di subire ulteriori sanzioni pecuniarie).



Così prima i produttori più grossi (che hanno già iniziato ad inoltrare la richiesta ufficiale all'ente di certificazione per essere sottoposti ai controlli Dop) e poi tutti gli altri rientreranno in una Dop che prevede regole molto meno severe di quelle che i produttori si sono autoimposti. Un passaggio necessario per proseguire nella difesa sul piano giuridico dei propri diritti calpestati. Quello che deve essere chiaro è che i produttori non intendono minimamente rientrare in un Consorzio che ritengono, giustamente, espressione delle latterie industriali e che utilizza il Bitto come prodotto civetta per 'smerciare' Casera Dop, un prodotto, dieci volte superiore al Bitto in quantità,  che di montagna sa sempre meno (visto l'ampio l'uso di mangimi e di foraggi che vengono anche dall'estero). Nella domanda i produttori hanno precisato che chiedono di essere controllati in qualità di singoli produttori aderenti al Consorzio salvaguardia Bitto storico. Quello che scoccia ai produttori è che l'ente di certificazione non può procedere alla marchiatura. Lo dovrà fare un tecnico del poco amato Consorzio CTCB. Grazie allo sdoppiamento tra funzioni 'private' (rappresentanza di un gruppo di produttori della Dop) e pubbliche il Consorzio di tutela non può essere sostituito nella marchiatura che pur rappresenta un elemento essenziale del processo di certificazione e che dovrebbe essere svolto 'al di sopra delle parti'. Visto che il Consorzio CTCB (ma non è l'unico caso nel formaggi Dop) rappresenta una parte sia pure maggioritaria dei produttori attribuirgli la funzione di marchiare (o meno) le forme di altri produttori potrebbe prestarsi a 'sfavoritismi'. Va anche detto che se la procedura di controllo è affidata ad un ente terzo (Csqa) la marchiatura dovrebbe essere un 'atto dovuto'. Staremo a vedere. Vedremo  anche quanto faranno pagare ai Ribelli la marchiatura.  Di certo i produttori Ribelli su questo punto vogliono andare a fondo ed esplorare le possibilità giuridiche di una previsione (marchiatura in capo al Consorzio 'ufficiale' o 'maggioritario') che ritengono lesiva dei principi della terzietà della procedura di certificazione e tale da implicare un conflitto (quantomeno potenziale) di interessi. Una cosa è certa dentro la Dop i produttori Ribelli non cesseranno di contestarla e i motivi di contenzioso si profilano numerosi. Vedremo anche come andranno a distinguere le loro forme ribelli che avranno in comune con quelle del Consorzio 'ufficiale' il marchietto a fuoco della Dop ma che recheranno certo qualcosa di diverso dalla pelure rossa degli altri. Una cosa è certa il Bitto storico ha bisogno del sostegno di tutti coloro che credono nel cibo buono, pulito e giusto. A Cheese quest'anno sarà l'emblema mondiale della resistenza casearia e il protagonista principale insieme agli altri formaggi orobici bergamaschi. Sì perché la poca lungimiranza dei politici valtellinesi sta facendo tornare a gravitare il Bitto storico sulla Val Brembana bergamasca dove è accolto a braccia aperte. Ma in Valtellina qualcuno si rende conto che non si può fare una figuraccia mondiale perseguitando i Ribelli del Bitto e chiudendo loro tutte le porte (in realtà si fa e si è fatto di di peggio) e così dopo Bra ci sarà a Sondrio un grande evento con il Bitto storico protagonista. 





Bitto: una storia esemplare, una questione aperta (per saperne di più)

Il Bitto è un formaggio grasso d’alpe la cui grande qualità è attestata da almeno cinque secoli e che occupa nella storia del caseificio alpino un ruolo di primo piano insieme ad altri formaggi grassi quali Emmental, Bettelmat, Gruyère, Fontina, Montasio. Da alcuni anni, di fatto da quando nel 1993 è stata depositata la domanda di riconoscimento della D.O, concessa nel 1995, il Bitto è al centro di discussioni anche accese tra i sostenitori di opposte visioni della tipicità e, concretamente, della gestione dello strumento-opportunità offerto dalla Dop.


Da una parte vi è la visione produttivista-settorialista, incarnata da un soggetto istituzionale (il CTCB, ossia Consorzio Tutela Casera e Bitto), dall’altra quella ruralista-territorialista sostenuta dall’Associazione Produttori Valli del Bitto (oggi Consorzio salvaguardia Bitto storico). Le posizioni di questi attori sono emblematiche delle opposte posizioni sul ruolo delle attività agricole e agroalimentari, sottoposte – anche in montagna – alle opposte spinte ad un’(ulteriore) integrazione industriale o ad una auspicabile (ri)territorializzazione.


Da una parte vi è il blocco compatto degli “interessi settoriali”, guidato dalle maggiori strutture economiche - le grosse latterie del fondovalle - in stretta relazione con le agenzie amministrative, tecniche, burocratiche; dall’altra un’aggregazione su base localista, apparente fragile, di piccoli produttori agricoli, operatori economici locali che , però, ha saputo inserirsi in “reti lunghe” commerciali e socio-politiche stringendo alleanze con significative forze sociali al di fuori della realtà provinciale. Anche le amministrazioni comunali, che inizialmente avevano appoggiato o 'ribelli' sono state poi risucchiate nelle logiche della politica locale (e di quella deleteria arena di alleanze politiche e personali e di clientelismo che sono le Comunità Montana). E oggi sono schierate contro.




La vicenda del Bitto, in ogni caso, sarebbe da tempo chiusa e non contribuirebbe a mantenere vivo il dibattito sulle politiche della tipicità, se una serie di circostanze non gli avessero conferito una particolare rilevanza e risonanza, tanto da porla come “caso esemplare”, spesso citato dalla stampa nazionale. A tale proposito va messo in evidenza come, al traguardo del riconoscimento della D.O., il Bitto arriva solo nel 1995, quando già altre esperienze avevano messo in luce la scivolosità delle strategie produttivistiche, tese ad allargare le aree di produzione e ad allentare i vincoli dell’osservanza alle norme tradizionali di produzione sotto la spinta dei Consorzi di tutela e dei più grossi tra i produttori. Nel caso del Bitto, la già diffusa sensibilità intorno alla necessità di tutelare produzioni di nicchia, consacrate da uno storico riconoscimento di qualità e legate ad una precisa origine territoriale, si è scontrata con la palese forzatura tesa ad allargare a tavolino la zona di produzione all’intera provincia di Sondrio (comprendente le Comunità montane di Valchiavenna, Valtellina di Morbegno, Valtellina di Sondrio, Valtellina di Tirano e Alta Valtellna). Prima della Dop la zona di produzione comprendeva (secondo quanto attestato dalla stessa disciplina dell’uso del marchio “Valtellina”, promosso dalla Camera di Commercio di Sondrio) la sola Comunità Montana di Morbegno più alcuni comuni dell’antico “terziere di mezzo” (Comunità Montana di Sondrio). Tutto il formaggio grasso d’alpe prodotto fuori della zona del Bitto era denominato e contrassegnato come “Valtellina grasso d’alpe”.




L’allargamento comportava l’estensione della produzione del Bitto ad aree dove solo da pochissimi anni si era iniziato a produrre formaggio grasso sotto la spinta dello stesso Consorzio volontario e della Cooperativa produttori Bitto (ma anche delle istituzioni amministrative) che avevano inviato casari delle Valli del Bitto per “insegnare” le tecniche di lavorazione. Le conseguenze di tale forzatura non sono mai stata ricomposte perché, con gli anni, la maggior parte della produzione marchiata di Bitto è provenuta delle nuove zone di produzione, con una concentrazione della produzione stessa negli alpeggi dove si ricorre a fermenti selezionati e mangimi (pur non previsti dal disciplinare allora vigente e 'legalizzati' sono nel 2006).




Per molti di questi nuovi produttori di Bitto dop la pelure rossa ed il marchio a fuoco hanno significato un forte ed improvviso incremento del reddito dell’alpeggio che li ha incitati a modernizzarne sempre più la gestione, incoraggiati dal Consorzio e dalle varie agenzie tecnico-burocratiche (in prima fila l’Associazione Provinciale Allevatori) che, nel frattempo, additavano quali esempi negativi di ostinato passatismo i “nostalgici” che chiedevano il rispetto della tradizione produttiva, opponendosi alla legittimazione dell’uso di fermenti selezionati e di alimenti concentrati. Ma questa 'pacchia' è durata poco. L'aumento della produzione e la diminuzione contestuale della qualità hanno 'bloccato' il mercato e ridimensionato la redditività della produzione tanto che diversi produttori hanno rinunciato a produrre Bitto e il Consorzio ha visto ridursi con gli anni gli aderenti.




L’altro aspetto che ha determinato un situazione di contrasto insanabile è rappresentato dal controllo esercitato sul Consorzio dalle grosse latterie cooperative del fondovalle; esse partecipano al Consorzio in quanto produttrici di Casera Valtellina – il “parente invernale” del Bitto, prodotto in quantitativi dieci volte superiori a quest’ultimo - e detengono una solida maggioranza grazie ai voti dei loro soci (oltre un migliaio) che figurano, in quanto aderenti alle coop, quali membri del Consorzio di Tutela del Casera e Bitto. In più le grosse latterie operano la stagionatura del Bitto conferito loro alla fine dell’alpeggio, controllandone il mercato insieme ad alcuni stagionatori privati.


Per le grosse latterie il Bitto ha un ruolo commerciale ben preciso: agevolare la vendita del prodotto principale (Casera) alla grande distribuzione ed agli acquirenti esteri. L’immagine tradizionale del Bitto, comprese quelle espressioni di “arretratezza” stigmatizzate in sede “tecnica”, torna utile nella comunicazione commerciale. Fatta salva la facciata “folkloristica” il Consorzio sostiene che l’alpeggio deve adattarsi alle esigenze degli allevamenti specializzati del fondovalle con capi sempre più “selezionati” e dalla crescente potenzialità produttiva (una linea ovviamente in sintonia con l’Associazione Provinciale Allevatori).




Le conseguenti richieste di modifica del vecchio disciplinare hanno legittimato l’uso degli alimenti concentrati ad integrazione del pascolo e l’aggiunta di fermenti selezionati al latte. Come “compensazione” per gli alpeggi che non possono dotarsi di sale di mungitura o di altri sistemi di mungitura meccanica, dove non arrivano strade camionabili per trasportare i mangimi, ma dove il latte viene lavorato immediatamente dopo la mungitura e dove le poche forme prodotte sono trattate con cura, avranno la possibilità, se lo riterranno opportuno, di rinunciare a fermenti selezionati e mangimi in cambio dell’applicazione del nome dell’alpeggio oltre al marchio del Consorzio. Questa forma di “distinzione”, però, non solo non equivale ad una sottodenominazione, ma è del tutto slegata dalla localizzazione. Dal momento che erano i produttori dell’area storica che reclamavano il riconoscimento di norme di produzione più restrittive, ma nel contesto del riconoscimento di una sottozona di produzione, la 'distinzione' rappresentata dal nome dell'alpeggio non risolve nulla e i produttori storici continueranno a restare fuori dal Consorzio con il risultato che per anni il Bitto Dop è stato prodotto e marchiato come tale da Medesimo a Livigno tranne che nelle Valli del Bitto (se si eccettua qualche produttore che a causa si 'pressioni' da parte del 'sistema' è stato indotto ad abbandonare i 'ribelli' e a rientrare nei ranghi). Su queste basi, grazie alla caparbietà dell’Associazione Produttori Valli del Bitto (ora Consorzio salvaguardia Bitto storico) e al sostegno di Slow Food che ha consentito il contatto tra mondi molto diversi, ma in grado di collaborare efficacemente, la “questione Bitto” resta oggi più aperta che mai




A differenza di chi dalle parti del Consorzio e dintorni desidera che di queste faccende si discuta solo tra “addetti ai lavori” - ovvero all’interno delle cerchie tecnocratiche - riteniamo, che sia indispensabile allargare il più possibile la discussione riconoscendole apertamente il carattere politico (nel senso di riconoscimento della rilevanza per l’interesse comune e del carattere non socialmente neutrale delle questioni sul tappeto). E’un’occasione per dare voce agli interessi diffusi dei piccoli produttori rurali, di in montagna vive 365 giorni all’anno, di chi ama frequentarla in modo non consumistico, di chi vuole gustare formaggi speciali con una storia dentro.