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giovedì 27 ottobre 2011

"Formaggi in piazza" a Sondrio all'insegna dell'autentico formaggio di montagna

(26.10.11) La mostra-mercato dei formaggi di montagna e d'alpeggio organizzata dal Comune di Sondrio vede quest'anno la presenza di un maggior numero di espositori provenienti anche dalle altre provincie alpine lombarde, dalla Svizzera e dal Piemonte

Più espositori ma anche più eventi quest'anno a Sondrio per la mostra dei formaggi di montagna che vede protagonisti il Bitto storico e Slow Food con i prodotti dei Presidi ma anche con conferenze e imperdibili degustazioni 
 
Dal 30 ottobre  al 1° novembre  Sondrio apre il  proprio centro storico alle eccellenze casearie locali. La Mostra-mercato Formaggi in Piazza – organizzata da Comune di Sondrio - giunge quest' anno alla sesta edizione e si arricchisce di formaggi e derivati da latte crudo. Quest' anno saranno presenti oltre ai 40 produttori agricoli valtellinesi ma anche un consistente numero di produttori degli alpeggi lombardi e piemontesi oltre a produttori delle vicine valli svizzere. Quando una formula di una manifestazione in tema agroalimentare è coerente con tendenze del momento: autenticità, sobrietà, chiara distinzione tra la sfera della piccola produzione artigianale e grande dimensione industriale non c'è crisi che tenga. In più la gente apprezza che si valorizzino strutture cittadine esistenti: il centro storico pedonalizzato, il Centro Le Volte dedicato alla promozione del vino e dlele altre eccellenze valtellinesi. Ancor di più apprezza che non si sprechino soldi pubblici con apparati costosi ed effimeri e si valorizzi il volontariato competente e appassionato.

Bitto storico protagonista

Protagonisti di questa sesta edizione saranno il Bitto storico e Slow Food (presente con diversi presidi locali e non e con alcuni dei suoi massimi esponenti). Il Bitto storico, vero gioiello caseario sempre più apprezzato a livello internazionale, a casa propria - in Valtellina - è stato sinora oggetto di ostracismo in quanto protagonista della resistenza casearia che contesta i compromessi a scapito della tradizione, della storia e della qualità promossi dalle Dop e dai Consorzi di tutela ufficiali. Di più il Bitto storico, vero re dei formaggi, a Sondrio sarà presente insieme ai Principi delle Orobie, i formaggi della grande tradizione casearia orobica (Bitto storico Presidio S.F., Formai de Mut dop, Branzi FTB, Strachitunt, Stracchino all'antica delle valoli orobiche Presidio S.F., Agrì di Valtorta Presidio S.F.)  che hanno deciso di sviluppare una strategia interprovinciale di promozione e valorizzazione giocando sulla storia, la cultura, i percorsi escursionistici intervallivi, le strutture dell'ospitalità rurale e dei rifugi.


Presso il Centro le Volte, centro dei sapori e dei prodotti di eccellenza della provincia di Sondrio in Via Zara 2 (ex-enologica valtellinese)  dalle ore 17.00 sono in programma per i tre giorni dell’evento conferenze pubbliche (martedì 1° novembre parleranno Piero Sardo e Roberto Burdese di Slow Food su: Bitto storico bandiera della resistenza casearia). Alle conferenze seguirà il dibattito e la proiezione di filmati sul tema della manifestazione, quindi  ogni giorno una degustazione guidata di eccellenze casearie  e pregiati vini di valtellina (da non perdere quella  di domenica con bitti storici di 6, 8 e 10 anni di invecchiamento accompagnati da tre prestigiosi Sforzati) .

Sarà disponibile per tutta la durata della manifestazione l’asinovia  (Agriturismo Ferdy di Lenna in Valbrembana) che consentirà a tutti i bambini di effettuare un breve percorso montando gli asinelli.  Nell'area interessata dalla manifestazione, i gruppi tradizionali locali daranno  luogo alla mostra all’ aperto dei vecchi mestieri. I ristoranti cittadini aderenti all' iniziativa proporranno durante le tre giornate menù a tema a prezzi convenzionati

Per il programma di dettaglio scarica programma PDF

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PROGRAMMA  Centro le Volte:

DOMENICA 30 OTTOBRE

ore 17.00: Conferenza di Paolo Ciapparelli, Presidente del Consorzio salvaguardia del Bitto Storico e Michele Corti, docente di sistemi zootecnici all’ Università degli Studi di Milano; Tema: il “Bitto storico: buono pulito e giusto”; Presentazione del libro di Michele Corti:” I Ribelli del bitto. Quando una tradizione casearia diventa eversiva, Slow Food editore”. Al termine della conferenza breve proiezione del documentario: “Bitto: Il Formaggio Perenne”.
ore 19.00: Grande verticale di Bitto Storico a lunghissimo affinamento a cura del Consorzio salvaguardia del Bitto storico: degustazione delle annate 2005/2003/2001 abbinate a tre prestigiosi vini sforzati valtellinesi. Euro 30,00).

LUNEDÌ 31 OTTOBRE

ore 18.00: Conferenza di Fausto Gusmeroli, ricercatore della Fondazione Fojanini nel campo
dell’alpicoltura e della foraggicoltura alpina; Tema della conferenza: “Latte e formaggi, pascoli e prati: quali modelli in Valtellina e nelle Alpi?”. Seguirà dibattito.
ore 19.00: Degustazione guidata di formaggi d’alpeggio vaccini, ovini, caprini e misti degli alpeggi piemontesi e lombardi condotta da Marco Imperiali maestro assaggiatore Onaf e da  accompagnata da birre artigianali lombarde e valtellinesi a cura di Consorzio salvaguardia Bitto storico e Il Tabernario.  Euro 20,00.

ore 17.00: Conferenza di Piero Sardo (Presidente Fondazione Slow Food per la biodiversità) e Roberto Burdese (Presidente Slow Food). Tema della conferenza: “Il Bitto storico bandiera della resistenza casearia”. Seguirà la proiezione del filmato sul Bitto Storico realizzato dalla TV svedese.
ore 19.00: Verticale di tre annate di Bitto storico (2010/09/08 ) abbinata a due vini Valtellina Superiore Docg a cura di Consorzio salvaguardia Bitto storico e Slow Food Lombardia. Euro 20,00).

ATTENZIONE: Per tutte e tre le degustazioni prenotazione obbligatoria presso “Il Tabernario” al n. 0342-053040 / 340-5700262).

sabato 22 ottobre 2011

Mostra del Bitto al capolinea Morbegno nell'angolo

(22.10.11) Patrizio del Nero salta giù spregiudicatamente dal suo stesso carro e invoca "una nuova formula"per la Mostra del Bitto  che, con la sua gestione - a giudicare dalle numerose critiche - non è mai caduta così in basso

Grandi manovre e grandi opportunismi intorno alla crisi della Mostra del Bitto. Intanto il Bitto storico, tradito da Morbegno, dopo aver consolidato i rapporti con il versante orobico bergamasco va a Sondrio (oltre che a New York e prossimamente a Parigi)
Mentre si moltiplicano le critiche alla Mostra del Bitto - che solo sino all'inaugurazione di pochi giorni fa era stata salutata dai media valligiani con i soliti toni trionfalistici  - Patrizio De Nero, da navigato politicante, gioca d'anticipo 'scaricando' la Mostra così com'è. Il tutto come se per tre edizioni non fosse stata gestito dal Multiconsorzio di cui egli stesso è direttore. L'operazione di 'sganciamento', in vista della scadenza del contratto che lega la Mostra al Distretto agroalimentare (subentrato al Multiconsorzio), può consentire a Del Nero di non restare sotto le macerie della Mostra, di mettere in difficoltà il comune di Morbegno - ventilando l'ipotesi di trasferimento altrove della storica Mostra - e di mantenersi aperte nuove prospettive (alleanze, assunzione della direzione di nuove iniziative).
Va da sé che questa abilità manovriera riflette non tanto l'abilità dell'ex sindaco di Albaredo ed ex presidente (sfiduciato dall'assemblea) del consiglio provinciale, quanto la scarsa caratura degli altri attori che calcano la scena politica locale e il frequente appiattimento dei media valligiani ai potentes  tale da impedire di mettere in rilievo comportamenti a dir poco incoerenti dei personaggi 'di peso'. Almeno sino a quando non finiscono inquisiti o in galera.
Di fatto la partita della Mostra del Bitto si gioca anche in vista del prossimo rinnovo dell'amministrazione cittadina di Morbegno nel 2012. Mettere nell'angolo gli amministratori di Morbegno, attribuendo loro le responsabilità di un declino storico della mostra iniziato già negli anni '90, è certo negli interessi di Del Nero e dell'attuale maggioranza in Comunità Montana
 
Una responsabilità in capo alla classe politica-amminstrativa locale (e non solo)

Da tempo vado sostenendo in relazione alla vicenda Bitto storico, che come molti sanno mi sta particolarmente a cuore, che la Mostra del Bitto dopo le vicende che hanno indotto i produttori storici a disertarla definitivamente a partire dal 1998 era avviata ad un inesorabile declino. Un declino dovuto all'arroganza della linea produttivista del Consorzio Tutela Casera e Bitto e della sempre più egemone Latteria di Delebio (con contorno di noti personaggi ruotanti nell'ambito Associazione provinciale allevatori e Latteria di Delebio quali Plinio Vanini, Maurizio Quadrio e altri frisonoisti). Credendo che l'anima storica del Bitto fosse un soprammobile e che si potesse surrogare con qualche orpello folkloristico hanno puntato dritto sulla loro strada ispirata al vangelo della quantità e della bibbia del marketing anni '80. Finché paga (generosamente) pantalone perché porsi dei dubbi? Perché sospettare che l'efficacia di un evento promozionale di cartapesta ricostruito nel Polo fieristico possa essere ancora efficace nel 2000 e oltre? Morbegno con gli amministratori, gli operatori commerciali, la 'società civile' è andata a ruota. Il Polo fieristico ha portato risorse e ha fatto girare soldi (anche sporchi) ma ha ucciso la Mostra del Bitto. Il Polo fieristico nacque sotto cattivi auspici e ha portato sfortuna alla Mostra del Bitto (e alla fine a Morbegno stessa). Uno dei motivi per i quali la classe politico-amministrativa di Monbegno e della Comunità Montana non si opposero all'allargamento inopinato della Dop all'intera provincia è da rintracciare nella transazione indecente: Dop pan-sondriese per il Bitto rinunciando alla specificità delle Valli del Bitto versus Polo fieristico a Morbegno. Ma è stato come vendere l'anima. Qui su Ruralpini il 6 giugno di quest'anno scrivevo:

Morbegno, che dopo secoli era riuscita a portare sul versante Nord la 'capitale del Bitto' (approfittando di fattori di crisi che avevano colpito la Val Brembana casearia), sta perdendo di nuovo questo ruolo, e non solo per poca lungimiranza.  C'è anche un elemento di 'indegnità morale' (la svendita della Dop, il fallimento della Mostra del Bitto, il malaffare testimonato dai recenti rinvii a giudizio di esponenti politici).
(http://www.ruralpini.it/Inforegioni08.06.11Bitto-formaggio.orobico.htm)

La triste parabola della Mostra del Bitto

Sempre nell'articolo citato aggiungevo:

La Mostra dei prodotti della montagna lombarda, che si era sviluppata a fianco della Mostra del Bitto, aveva rappresentato nelle sue prime edizioni un evento che aveva catallizzato e acceso molte speranze sul rilancio dell'economia montana, ancora prima che si parlasse di sostenibilità, filiere corte ecc.  Ospitava iniziative culturali di buon livello, con convegni nell'auditorium ricavato nella ex-chiesa di S.Antonio cui partecipavano personaggi che avevano realmente a cuore la montagna.
Le vie del centro storico si riempivano di gente. Poi, invece di puntare sul recupero dei chiostri dell'ex-convento domenicano e di perfezionare il modello di un evento che ha per teatro tutto il centro storico (come avviene a Bra con Cheese), si è puntato sul Polo fieristico, ovvero sulle strutture pesanti. Oggi tali strutture sono prevalentemente adibite a eventi musicali e per gli appalti della Hall (ma anche per i conti gonfiati della Mostra del Bitto al fine di estorcere alla Regione rimborsi surrettizi) sono stati rinviati a giudizio personaggi di grosso calibro: Silvano Passamonti, per lungo tempo presidente della Comunità Montana e Luca Spagnolatti, direttore di 'Eventi valtellinesi'.  A parte queste tristezze non meno deprimente è constatare che alla Mostra del Bitto sono messe in mostra le mercanzie più disparate, senza alcun legame con la montagna e la tipicità. Una parabola che segna il punto più basso di un percorso che, negli anni '80, quando la Mostra era in P.zza S.Antonio era iniziato con ottimi auspici favorendo la riscoperta di tanti prodotti tradizionali della montagna che sembravano essere stati cancellati dall'omologazione consumista e industrialista.

Non si pensi che le lodi alla vecchia Mostra siano eccessive. Basti pensare che per anni i convegni culturali erano organizzati da un intellettuale del calibro di Robi Ronza e che la mostra stessa era frequentata da Gianfranco Miglio. Il mancato recupero dei chiostri conventuali e l'acquisizione delle aree dismesse adiacenti - che avrebbe consentito la realizzazione di adeguati spazi espositivi all'interno del tessuto vivo della citta continuando a mantenere parte delle esposizioni nella piazza e nelle vie limitrofe - sono in parte da attribuire alla necessità di procedere ad espropri tutt'altro che indolori (toccando personaggi locali influenti) e ai costi del recupero delle vecchie strutture edilizie ammalorate ma anche ad un evidente vantaggio in termini di appetiti urbanistici: il Polo è sorto su aree libere, quelle dove avrebbe dovuto sorgere l'area fieristica nel tessuto urbano delle aree dismesse sono state destinate ad edilizia residenziale.

I segni dell'epilogo

Alla vigilia della Mostra del Bitto anche quest'anno il solito triofalismo; calato il sipario sono cominciate le critiche, i distinguo, " io l'avevo detto che non andava più bene". Nel clima di unanimismo e ossequioso conformismo che caratterizza il dibattito politico locale e i media locali ciò significa solo che una parte dei poteri forti ha già deciso di chiudere il rubinetto dell'ossigeno. Il 17 ottobre,  dopo poche ore dalla chiusura dei cancelli della Mostra, Alan Vaninetti, presidente della Comunità Montana molto vicino a Patrizio Del Nero dichiara a "la Provincia di Sondrio online":

" l'appuntamento di ottobre dovrà cambiare registro. Mi spiego: la dimensione fieristica ha raggiunto ormai il suo apice, adesso è il momento di rivedere le cose e trovare altre formule di promozione innanzitutto del bitto e di tutte le altre eccellenze agroalimentari della zona. Ci sono altre modalità di comunicazione e di promozione. Di più non so e non posso dire, ci sarà un summit di tecnici chiamato a decidere su questa prospettiva" (Mostra del bitto, giù il sipario «Ora formula da cambiare»)

Nello stesso articolo il redattore mimetizzando la critica feroce sotto una parvenza poco credibile di rincorsa della 'sobrietà', riferiva che:
"la fiera ha badato al sodo e si è spogliata di scenografie luculliane per far posto a sobri, quasi asettici spazi espositivi enogastronomici che si alternavano agli stand istituzionali o di rappresentanza, personificati talvolta da soli ventagli di depliant o gigantografie di prodotti-simbolo".
In effetti l'hanno notato con disappunto in molti: quegli spazi asettici con il formaggio dietro il vetro male si addicono a prodotti di montagna che si annunciano anche con gli effluvi emanati. Non è una mostra di oreficeria. E tutti quegli stand che con i prodotti enogastronomici non hanno nulla a che spartire che significato rivestono? A far numero, a far girare la macchina. Ma allora tutti i finanziamenti (centinaia di migliaia di euro) della Regione Lombardia più quelli degli enti (provincia, camera di commercio ecc.) a cosa servono? La risposta è una sola: la macchina serve a far girare sé stessa, a far girare i soldi, a procurare introiti per funzionari e direttori di varie agenzie pubbliche e parapubbliche nominati dai loro sponsor politici, posizioni che fanno comodo ai politici ma per le quali non ci sono certo risorse sufficienti sui bilanci degli enti.

Tra le critiche senza appello alla Mostra del Bitto appare singolare quella di Attilio Scotti un personaggio passato dal sostegno al Bitto storico all'esaltazione della Latteria di Delebio (www.vaol.it 09.11.2009). Ieri (21.10.2011) in una nota ("Fiera del bitto: se va avanti così sarà la fine di una fiera storica") su www.intornotirano.it sparava a zero sulla Mostra del Bitto:

Dopo la scintillante edizione del centenario (con ottima organizzazione e vivacità complimenti alla pr Susanna Nava) questa fiera si è seduta, ha cambiato volto e con la nuova direzione sta diventando un contenitore da fiera ( con stand che con l’enogastronomia valtellinese nulla hanno a che fare), senza nerbo e senza vitalità del grande mondo dei formaggi di Valtellina e delle eccellenze alimentari che si producono in queste valli. E traspare anche una certa “stanchezza” anche da parte degli espositori.

All'apice dello squallore

Nel 2008 Luca Spagnolatti, già direttore di Eventi valtellinesi la società che gestisce il Polo fieristico di Morgegno (e che dal 15 giugno al 6 agosto dello scorso anno è stato in galera per accuse di peculato, truffa e concussione), magnificava la grande novità dell'edizione di quell'anno della Mostra del Bitto: Ski&Snow, binomio tra neve e filiera agrolaimentare. Ebbene questa novità è stata riciclata come tale nell'edizione del 2011. I visitatori della Mostra del Bitto potevano acquistare sky pass in anticipo e ammirare le evoluzioni condite di luci colorare e musica da discoteca dei virtuosi dello snowboarding e del freestyle su una pista di plastica. Un abbinamento perfetto con il Bitto. Una grande novità. Neh?

Lo scollamento delle istituzioni

Un sintomo preoccupante dello scollamento delle istituzioni dalla realtà è dato dai crescenti riconoscimenti ricevutoi dalla Mostra del Bitto. Più declinava e più arrivavano finanziamenti e quest'anno è arrivato anche l'immeritato riconoscimento di "Fiera di rilievo nazionale". Provincia, Camera di Commercio, Regione Lombardia che hanno caldeggiato questa medaglia non ci fanno proprio una bella figura considerato che essa arriva nell'anno che potrebbe segnare il capolinea della Mostra.

Il sentore del patatrac e la mossa del Del Nero

A Mostra ancora aperta le varie testate valligiane esibivano  titoli-fotocopia degli anni passati che annunciavano  il "successo di pubblico della Mostra del Bitto". Ciò in stile Pravda considerato il calo di visitatori. Però facendo attenzione si scopre un titolo di una testata apparsa di recente (morbegnonline) che, pur nel consueto allineamento, titolava una nota relativa al convegno di apertura in modo enigmatico: "Mostra del bitto: dai relatori un invito a difendere la manifestazione". Difebdere? Da chi se va tutto a gonfie vele? La nota è corredata di una foto a tutto busto dell'assessore regionale De Capitani.  Alan Vaninetti lunedì, a Mostra ancora 'calda', e poi direttamente Patrizio Del Nero con dichiarazioni a La Provincia di Sondrio riportate online il 20 ottobre (giovedì) si sono intanto abilmente sfilati. Del Nero dichiarava:
La futura Mostra del bitto? «Va ripensata in una location diversa: per le strade, in piazza e non necessariamente a Morbegno, fermo restando che l'iniziativa non si tocca, è troppo importante».
Ma allora da chi va "difesa la manifestazione"? Evidentemente da chi ne è ancora il patron, che l'ha portata alle condizioni attuali e che abilmente minaccia di soffiarla a Morbegno. Quest'ultima viene a trovarsi (quantomeno l'amministrazione comunale di centro-sinistra) nella posizione dei giapponesi sulle isole deserte e a negoziare in una posizione di pesante inferiorità.  Ma anche all'assessore regionale leghista la cui immagine è stata ampiamente associata alla difesa di una manifestazione che i suoi stessi organizzatori hanno spregiudicamente decretato fallita non è stato reso un buon servizio. Pensare male è peccato ma ci si azzecca diceva Andreotti.

Il convitato di pietra

Il Bitto storico in questo scenario assomiglia al Commendatore del Don Giovanni. È l'inquietante convitato di pietra desideroso di vendicare i torti subiti. Il Bitto storico dopodomani (24 ottobre) sarà a New York protagonoista del Food day durante il quale sarà aperta una forma prodotta il giorno 11 settembre 2001.
Ma con grande scorno del Consorzio Tutela Casera e Bitto Dop e degli ambienti politici e imprenditoriali che continuano a osteggiarlo  sarà anche protagonista in Valtellina di "Formaggi in Piazza" a Sondrio (30 ottobre- 1 novembre). L'eventuale successo dell'evento di Sondrio, realizzato a costi vicini a zero, sarà sale sulle ferite della Mostra del Bitto e del ceto dirigente morbegnese. Che dovrebbe trarne finalmente qualche lezione: riconsiderare l'errore compiuto con la svendita del patrimonio del Bitto storico (che è sopravvissuto nonostante le istituzioni locali e grazie alla caparbia determinazione di Paolo Ciapparelli e dei produttori ribelli), riflettere sull'involuzione della Mostra del Bitto a partire dal trasferimento della sede dal centro storico al Polo fieristico, decidere di tornare alle origini mettendo il Bitto storico al centro di una Mostra rigenerata. Non volete farlo? Preferite star fermi? Ci penserà Del Nero.

lunedì 17 ottobre 2011

Il Bitto storico a New York per il Food day e il decennale delle Torri

(17.10.11) Il 24 ottobre una forma di Bitto storico orobico prodotta l'11 settembre 2001 all'alpe Ancogno soliva (Mezzoldo, Bg) sarà aperta nel corso di una cerimonia particolare da Giovanni Guffanti a Eataly a New York


di Michele Corti

Il Bitto storico non finisce mai di stupire. Entra sempre più nella storia diventando protagonista del Food day a New York e stupendo gli americani (e non solo) con una forma prodotta il giorno dell'attentato alle Torri gemelle Qualche giorno fa una forma di Bitto storico molto particolare è stata ritirata dalla celebre ditta Luigi Guffanti di Arona (No). È destinata a sorvolare l'Atlantico e ad essere  protagonista di un'altra storia unica, dopo la fantastiva asta di Cheese in cui una forma di Bitto storico del 1996 è stata battuta a 2.200 €, dopo la spedizione con gerle e asino dei ristoratori bergamaschi che hanno valicato a piedi le Orobie per rifornirsi di Bitto storico al "Santuario del Bitto" di Gerola alta. Per questa nuova storia conosciamo in anticipo la data: lunedì 24 ottobre e la location:  la struttura Eataly a New York.

Bitto storico protagonista del Food day
Cosa succederà il Il 24 ottobre? La data è stata dichiarata dal presidente Obama, Food Day a livello nazionale negli U.S.A. nell'ambito di una campagna per promuovere abitudini alimentari più sostenibili e più salutari basate sulla scelta di alimenti qualitativi. Dio solo sa quanto ce ne sia bisogno considerando che l'americano medio ingurgita due quintali di carne all'anno. Considerando anche che gli U.S.A. non solo contribuiscono direttamente in modo spropositato all'inquinamento e alla distruzione di biodiversità determinata dai sistemi agroindustriali ma che - grazie alla loro egemonia mediatica - continuano ad esportare modelli culturali che inducono i paesi emergenti a seguire il modello di consumo 'occidentale'. Con conseguenze esiziali per il pianeta.

Eataly a New York sarà una delle location più importanti del Food day. Per questo evento Giovanni Guffanti (cinque generazioni di affinatori di formaggi) è stato chiamato rappresentare i formaggi italiani. In quell'occasione Giovanni taglierà un Bitto storico prodotto l'11 settembre del 2001. prodotto dal maestro casaro Carlo FDuca all'alpe Ancogno Soliva (Mezzoldo, Bg).  Sarà un evento nell'evento in forza del significato che questa data riveste per gli Americani e del fatto che la cerimonia avverrà nel decennale dell'attentato alle Torri Gemelle (e nell'anno in cui è stato eliminato  Bin Laden).

Ambasciatore nel mondo 'bestia nera' a casa
Il tutto mentre il Bitto storico - già dichiarato fuorilegge per 'oltraggio' alle regole della burocrazia del gustoovvero delle Dop omologate e autotaroccate - continua ad essere oggetto dell'ostracismo di Comuni, Comunità Montana, Provincia, Regione Lombardia, Ministero dell'agricoltura, Commissione Europea. Nonostante ciò il Bitto storico si presta di buon grado a svolgere il ruolo di prestigioso ambasciatore di  cultura del gusto. Ambasciatore delle Orobie, della Lombardia, dell'Italia, dell'Europa. A costo zero. Un fatto che dovrebbe essere oggetto di meditazione in tempi di austerità. Un'austerità che pare non valere per le spese nella promozione istituzionale che collettano milioni di euro attraverso le macchine di agenzie pubbliche e private desiderose di autoperpetuarsi e di continuare a gestire e ridistribuire fiotti e rivoli di  spesa pubblica con criteri che oggi appaiono sempre meno tollerabili.

Così le istituzioni perdono credibilità
Ieri sera si è chiusa a Morbegno la Mostra del Bitto (quello senza blasoni storici) dove, a parte l'assenza di importanti realtà della casearia valtellinese (Chiuro, Carnini), l'attrazione principale era lo spazio dedicato allo sci e allo snowboard in funzione promozionale della prossima stagione dell'industria della neve.  A dimostrazione che il 'modello valtellinese' (con i generosi finanziamenti di Regione Lombardia), continua a puntare su un turismo che significa solo neve e su un alimentare che significa in larghissima misura solo trasformazione industriale di materie prime prodotte altrove: la carne di zebù sudamericana, le farine da pasta e dolci globali (compreso il grano saraceno), la frutta da confetture (compresi i piccoli frutti) globale, i funghi globali ecc. Se poi pensiamo a quanti mangimi, soia ogm sudamericana e foraggi importati da Italia, Francia e Spagna vengono utilizzati per produrre gli stessi formaggi Dop valtellinesi ...
Turismo rurale e prodotti rurali, legati sul serio alla cultura, all'ecologia, alla tradizione del territorio, sono dei fastidiosi incomodi in questo panorama in cui la montagna, la tradizione devono essere consumate come icone al servizio di una cultura industrialista.

giovedì 13 ottobre 2011

Ristoratori-sherpa per il Bitto storico

(11.10.11) Una comitiva di ristoratori e titolari di agriturismi bergamaschi porta a piedi, attraverso il passo di Salmurano, Agrì di Valtorta e Formai de Mut al Santuario del Bitto e torna con forme di Bitto storico nelle gerle

 

 testo di Michele Corti, foto di Matteo Zanga

Il Bitto storico continua ad essere ll motore di iniziative originali che suscitano l'entusiasmo dei partecipanti e stimolano sempre nuove idee. Le montagne tornano ad unire (quando i montanari tornano a fare da sé liberi da tutele)
Certe cose possono succedere solo grazie alla capacità di certi simboli di mettere in moto energie insospettabili. Il simbolo fa da catalizzatore ma nulla potrebbe se non ci fosse una materia utile da far reagire. Una materia umana, fatta di personalità piene di entusiasmo, di volontà incrollabile, capaci di guardare lontano, ma con i piedi saldamente ancorati alla terra come si conviene a chi vive in montagna. La storia che oggi racconto con particolare piacere ha diversi protagonisti (umani e non) che verranno tutti accuratamente citati.
Il primo protagonista è quello che fa da sfondo a tutta la storia, ma che gioca anche un grande ruolo di simbolo e di fattore di connessione del tutto: le Orobie. Il secondo è il Bitto storico. Un vero figlio delle Orobie  che oggi ricambia la  matrice che lo ha generato, conferendole una giusta rinomanza. 


Il trapianto altrove del Bitto si è dimostrato un boomerang
Hanno tentato di trapiantare altrove questo formaggio - che oggi è il più pagato al mondo - con il risultato di aver fatto emergere in modo ancora più netto, consapevole, militante la sua orobicità (in polemica con il 'nuovo Bitto' consacrato dalla burocrazia del gusto - la Dop - prodotto dallo Spluga a Livigno). L'orobicità del Bitto storico ha innescato processi imprevedibili. Ha saldato al di là della cresta, e quindi del confine tra le provincie di Sondrio e di Bergamo, non solo chi produce Bitto storico ma anche i formaggi che ne condividono una comune origine (Branzi FTB e Formai de Mut) e altri che si riconoscono in una comune grande tradizione casearia (Strachitunt, Stacchino all'antica, Agrì di Valtorta). Le Orobie hanno capito di essere un comprensorio caseario unico al mondo.

Protagonisti
Nulla di ciò si sarebbe realizzato però se non ci fossero stati dei protagonisti umani oltre a quelli orografici e caseari (cui si potrebbero aggiungere la capra orobica e tutti la schiera dei personaggi-simbolo  del Bitto storico tra mito e storia). Parliamo di protagonisti attuali, persone che hanno antenne decisamente più sensibili della tanta gente (quasi tutti) che si rassegna al conformismo, antenne che hanno consentito loro di cogliere il senso, la grandezza, la bellezza, le potenzialità del nesso Orobie-formaggi-storia.
Paolo Ciapparelli, il guerriero del Bitto (per il versante abduano-valtellinese), presidente del Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico e Ferdy Quarteroni (per il versante brembano), titolare dell'omonimo Agriturismo Ferdy e attivo "animatore" valligiano,  sono coloro che hanno attivato la reazione, che hanno spinto per riprendere i rapporti tra i due versanti. Dai primi contatti si è arrivati oggi - grazie al coinvolgimento di Francesco Maroni, presidente della Fiera di S.Matteo dei Branzi alla ormai consolidata "Unione dei formaggi Principi delle Orobie" e a mettere in cantiere un Distretto rurale "di massiccio".


Istituzioni alla retroguardia
Paolo e Ferdy sono avanti di anni rispetto alle istituzioni impantanate in vecchie e nuove sabbie mobili burocratiche e ancora incasellate in una maglia rigida di istituzioni territoriali sempre più in crisi di identità. Paolo e Ferdy hanno capito l'importanza di concetti come "logica di massiccio", "multifunzionalità" quando si potevano leggere solo in riviste specialistiche, molto prima dei burocrati e dei politici.
Ferdy lo avete già incontrato nelle prime foto a corredo di questa storia (ll suo cappellaccio se l'è tolto solo a tavola). Paolo, il guerriero del Bitto, che in certi uffici e in certe "stanze dei bottoni" non è visto con maggiore simpatia di quella nutrita dai mandarini cinesi neu confronti Gengis Khan e i suoi mongoli, lo vedremo solo tra qualche foto. Che cosa ci fa Ferdy con l'asino delle foto? Cosa significa quell'inquietante coltello infilato nel secchiello di legno della foto sopra?


Una spedizione casearia
In sintesi si potrebbe dire che il nostro eroe sta materializzando le relazioni casearie trans-orobiche in modo simbolicamente efficace. Lo fa ripercorrendo con amici contagiati dal suo entusiasmo i sentieri dei formaggi che valicavano il crinale orobico portando a dorso d'uomo, d'asino o di mulo i prodotti caseari degli alpeggi ai centri di commercializzazione a valle. La spedizione guidata ieri 11 ottobre da Ferdy aveva lo scopo di trasportare al centro del Bitto storico una forma di Formai de Mut (nella foto sopra sul basto dell'asino) e della pasta di Agrì di Valtorta e quindi di riportare indietro alcune forme di Bitto storico. L'Agrì (Presidio Slow Food) è un formaggio vaccino lavorato come i caprini a coagulazione lattica. L'inquietante coltello che abbiamo visto in una foto sopra è infilato nella pasta dell'Agrì, contenuta nel tradizionale contenitore in legno per lo spurgo del sieto (il garocc). Credo che il coltello sia servito a preparare delle porzioni degustate dai membri della spedizione e - questo me lo ha raccontato Ferdy - offerte a due escursionisti intercettati a 2.000 m all'incrocio con l'impegnativo sentiero 101 (Sentiero delle Orobie).


Partita  da Ornica in alta val Brembana la piccola carovana  ha risalito la valle di Salmurano sino a raggiungere l'omonimo passo (2.020 m)  che la collega con la Valgerola  per poi ridiscendere sino ai 1.850 m delle baite dell'alpe Pescegallo lago. Di qui a Gerola alta, sede del Centro del Bitto storico, il percorso è stato effettuato in pick-up. Al passo, ad aspettare la spedizione bergamasca, c'era Paolo Ciapparelli che  ha accompagnato i partecipanti  a a Gerola alta con il mezzo fuoristrada.


I membri della spedizione erano: il figlio di Ferdy (un ragazzo che studia lettere ma è intenzionato a fare l'alpeggiatore), Ezio Gritti patron dell'Osteria di Via Solata a Bergamo alta (una stella Michelin), Fabio Berti giovane chef-patron del Ristorante La Baracca di Camerata Cornello, Graziana Regazzoni (elemento di punta dell'agguerrito  gruppo "Donne di montagna" che gestisce l'Albergo Diffuso di Ornica con annesso punto vendita dei formaggi orobici), Marco Fustinoni, titolare dell'agriturismo Prati Parini di Sedrina. Non si sono lasciati scappare la ghiotta occasione alcuni fotografi orobici free lance che si sono aggregati alla comitiva. 


Tra loro Matteo Zanga che ha generosamente acconsentito a mettere a disposizione le immagini che illustrano questa storia (e che finiranno poi sulla patinata rivista Orobie). Grazie a Matteo questa storia straordinaria ha potuto essere illustrata come meritava.   Nel ringraziarlo a nome dei lettori ruralpini e del Bitto storico tengo a far rilevare come la storia del Bitto storico è fatta di tanti atti di generosità piccoli e grandi come questo: persone che hanno messo gratuitamente a disposizione il loro tempo, i loro talenti, i loro soldi. I centri di potere imprenditoriale, burocratico, politico che speravano di liquidare i ribelli del Bitto non hanno fatto i conti con queste risorse. Forse perché operando esclusivamente in funzione del proprio tornaconto non concepiscono che ci sia gente che segue anche logiche diverse, che appoggia una causa perché buona, pulita e giusta. 


Forse perché operando esclusivamente in funzione del proprio tornaconto non concepiscono che ci sia gente che segue anche logiche diverse, che appoggia una causa perché buona, pulita e giusta. Oltre alle belle foto di Matteo la giornata di ieri ha riservato un altro regalo che consentirà a molta più gente rispetto a chi legge Ruralpini e Orobie di venire a conoscenza di questa storia di ristoratori-sherpa per amore del Bitto storico. Ad aspettare al varco (passo di Salmurano) la comitiva bergamasca oltre a Ciapparelli c'era una troupe del TGR (TG Regione della RAI) con la giornalista Claudia Apostolo della redazione di AmbienteItalia, una rubrica del TGR che va in onda il sabato dalle 12.55 alle 14.00. 

foto Michele Corti

Nel caveau
La trasmissione del TGR doveva occuparsi dei ribelli del Bitto dopo i trionfi del Bitto storico a Cheese e l'uscita del libro "I ribelli del bitto". Saputo della carovana dei bergamaschi che sarebbe arrivata a piedi a rifornirsi di Bitto storico la trasmissione è stata realizzata in coincidenza con questo evento. Nella foto sopra siamo già nel Santuario del Bitto, meta della spedizione dove ci si è trasferiti dopo una rapida colazione a base di pizzoccheri e Bitto storico "novello" all'Antica Trattoria Pizzo dei Tre Signori. Qui si sono svolti i rituali della autenticazione delle forme destinate a valicare le Orobie e del carico dei gerli.
foto Michele Corti

Le foto (alla buona, non avevo nemmeno dietro la reflex) ritraggono Ciapparelli che autografa le forme. Una prassi di "autenticazione" che è stata introdotta dopo Cheese, ovvero dopo la constatazione che il Bitto storico - sempre più celebrato - deve divenire facilmente distinguibile, inimitabile. Paolo Ciapparelli si è fatto esperto calligrafo e verga a mano, una ad una le forme riportando l'indicazione del casaro, dell'annata, dell'alpeggio e alla fine apponendo la sua firma. Dal Santuario del Bitto d'ora in poi le forme uscirano solo con l'autenticazione.

foto Michele Corti

Nelle gerle imballato col fieno aromatico
Dopo le operazioni nel "caveau", autenticazioni, riprese, fotografie e non finire, interviste, siamo risaliti al livello superiore dove c'è il locale vendita e degustazioni. Qui i bergamaschi hanno caricato le gerle utilizzando fieno profumato come imballaggio. Nella foto sotto Ferdy si intrattiene con un altro personaggio che fa parte a pieno titolo della storia recente del Bitto: Gino Cattaneo. Cattaneo, noto per essere il patron di un locale molto noto in Valtellina (il ristorante Hotel La Brace di Forcola) è una colonna della Bitto trading spa, il braccio commerciale dei ribelli del Bitto, una società costituita da piccoli imprenditori e professionisti e a sostegno della causa del Bitto storico (una strana Spa etica, ma non ci sono anche la Banca etica e la Finanza etica?). Cattaneo, però, sostiene la causa in tanti altri modi, ed è sempre sulla breccia. A Cheese è bazato agli onori delle cronache quando con un colpo di scena è apparso all'asta (a favore degli Orti per l'Africa) delle forme di Bitto storico ultradecennali. In quella occasione si è aggiudicato per 2.200 € una forma del 1996. Così, invece di essere aperta e porzionata è tornata "a casa" ed è infatti ancora lì nel Santuario del Bitto esposta alla venerazione dei visitatori.

foto Michele Corti

Le operazioni procedevano un po' a rilento e Ferdy, il capo spedizione, ogni tanto richiamava gli altri: "Su che viene buio". Il sole sfolgorante e la temperatura elevata di questo autunno che si crede ancora estate (un'anomalia che dovrebbe preoccupare) forse fanno dimenticare che il sole ... non ha cambiato i suoi orari.

foto Michele Corti

Le forme vengono insaccate e deposte tra strati di fieno. Operazioni dal sapore antico anche se una volta il carico doveva essere molto maggiore. Non una ma quattro o più forme.

foto Michele Corti

Rientro inseguiti dalle ombre del tramonto in montagna
Riaccompagnati da Ciapparelli alle baite alte di Pescegallo lago i nostri si rimettono in cammino. Il sole si sta abbassando e tra poco scomparirà dietro la cresta orobica.


Durante la marcia c'è il tempo di riflettere sulle fatiche dei vecchi e sul significato di una giornata memorabile. Coprire a piedi il breve percorso tra Ornica e Gerla alta (in linea d'aria sei km)  rinunciando a percorrere in auto il lungo tragitto (settanta km) che costringe a valicare il Passo di San Marco e a scendere a Morbegno per risalire a Gerola riveste un grande significato. I montanari in modo simbolico ma non solo si riappropriano dei loro percorsi, delle loro connessioni, in una parola si riappropriano della montagna. Lo fanno dimostrando che, almeno in casi esemplari, si può farer a meno delle rete di infrastrutture viarie che fa parte di una una strutturazione del territorio pensata a partire dalla città, dalla pianura. Pensata per accrescere la dipendenza della montagna per farla gravitare sui centri a valle e pedemontani, per impedire le relazioni inter-vallive, per fare della montagna economicamente e culturalmente una periferia frammentata.


Credo, però, che  nostri amici - gente che ha a che fare direttamente o indirettamente con la preparazione del cibo - abbiano riflettuto durante il cammino anche su altri aspetti più legati alla loro esperienza quotidiana. Non a caso mi piace inserire la foto sopra con Fabio Berti, giovane chef, che cammina concentrato con la gerla carica di Bitto storico. Andare "alla fonte" a procurarsi il cibo che sarà usato in cucina, che sarà "somministrato" alla "clientela" usando le proprie mani e le proprie gambe, conoscere le persone, le facce, le mani, le teste che hanno prodotto quel cibo ha un grande significato e conferisace un senso nuovo (anche se antico) al proprio lavoro.


Si ridiscende verso casa. Il sole sul versante meridionale accompagna ancora il cammino nonostante le ombre che si allungano.