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lunedì 6 febbraio 2012

Paolo Massobrio in visita al Centro del Bitto storico

Sabato 4 febbraio Paolo Massobrio, noto giornalista e critico enogastronomico, ha fatto visita al Centro del Bitto storico a Gerola alta accompagnato dalla moglie e da Francesca Traversi di Cosio giovane delegata del Club papillon valtellinese. Massobrio non è solo il collaboratore di quotidiani e riviste, l'autore della guida Golosario e di molte pubblicazioni di vini ma ha anche dato vita al movimento dei club di Papillon che intendono valorizzare le originalità delle risorse gastronomiche territoriali e dei valori della cultura popolare ad esse legate. La rivista Papillon, diretta da Massobrio si definisce "di sopravvivenza gastronomica" e i club organizzano momenti di aggregazione che si qualificano quali iniziative di "resistenza umana". Con queste premesse era naturale l'incontro tra Massobrio e i ribelli del Bitto, protagonisti della più emblematica esperienza di "resistenza casearia" che con la loro strenua opposizione al "Bitto omologato" (sostenuta in maniera determinante di Slow Food) hanno consentito la sopravvivenza di uno dei più preziosi tesori gastronomici dell'Italia, delle Alpi, dell'Europa.
Svoltosi nella massima cordialità l'incotro ha consentito di confermare una grande sintonia di vedute. Paolo Ciapparelli ha illustrato a Massobrio le tappe della vicenda Bitto ma la maggior parte della visita è stata dedicata al "percorso guidato" nel Santuario del Bitto e alla degustazione di tre Bitti storici: Trona soliva 2010 (casaro Antonella Manni), Cavizzola 2007 (casaro Sonia Marioli), Ancogno solivo 2005 (casaro Carlo Duca). Nella loro diversità i tre diversi "cru" esprimevano tutti l'identità del Bitto storico (sotto Paolo impegnato nel taglio).
Al Bitto storico sono stati accompagnati i salumi casalinghi (salame di capra, slinzega e bresaola di bovino) di Enrico Ruffoni, casaro del Centro del Bitto storico e onnipresente braccio destro di Ciapparelli insieme in tante occasioni (foto sotto). Peccato non sia potuto essere presente "il Gino", Gino Cattaneo patron de La Brace di Forcola e grande sostenitore del Bitto storico. Una giornata che segna l'allargamento dlela cerchia degli amici e sostenitori del Bitto storico che si conferma come elemento in grado di catalizzare l'attenzione di tante realtà anche diverse tra loro ma che hanno in comune la convinzione che la questione cibo (buono) è la più importante.

Si vende in Cina il formaggio più caro e invecchiato al mondo. È il Bitto storico


Vi ricordate della notizia della fornitura di Bitto storico del 1997 ad una ditta di Hong Kong (vedi Bitto storico News n. 2)? Ora ne ha parlato il sito "globale" della CNN con un articolo di Andrea Fenn del 31 gennaio. Si tratta solo di 20 kg (la prima fornitura) ma di una forma di quindici anni. Un record per i formaggi. La Cina è ansiosa di raggiungere una serie di primati e il campo gastronomico non resta al di fuori di questa corsa. Il Bitto storico superinvecchiato è venduto a 247€ il kg (2.500 dollari di Hong Kong). La partita di Bitto del 1997 è stata acquistata da una ditta di import, la Profood Limited di Hong Kong che lodistribuirà il prodotto porzionato a rivenditori in varie parti della Cina. Il contatto con la Valli del Bitto trading spa (il braccio commerciale deol Consorzio produttori Bitto storico) è stato tenuto da Ivona Grgan una giovane manager di 28 anni di origine serba. Ivona alla CNN ha dichiarato che "Sappiamo che i cinesi amano il buon cibo. Desiderano provare nuovi gusti e sono particolarmente interessati a prodotti rari e unici". Certo è che il formaggio è poco diffuso in Cina e che quello che va per la maggiore è quello spalmabile. Però i prodotti occidentali si stanno diffondendo presso strati sempre più ampli della popolazione e con l'apprezzamento per i grandi vini francesi e italiani non può che arrivare per un prevedibile effetto di trascinamento e di abbinamenti anche l'interesse per i formaggi. Intano la forma più vecchia di Bitto storico (1996) rimane custodita nel Santuario del Bitto a Gerola alta e diverse altre forme si stanno "preparando" per raggiungere il traguardo dei "oltre 10 anni di invecchiamento". Come al solito alla fine una riflessione è inevitabile: "Cosa farebbero altre regioni italiane se avessero il formaggio più caro e invecchiato al mondo"?