(03.02.12)
Un
clamoroso articolo di ieri su La Provincia, il quotidiano di Sondrio,
annuncia che - salvo il presidente Rigamonti (bresaola) - tutto il Cda
del distretto agroalimentare vuole la testa del politico di Albaredo
L'articolo
in prima pagina di ieri su La Provincia strillato dalle locandine in
tutta la valle significa una sola cosa: l'establishment valtellinese
(che ruota intorno alle due potenti banche) da il buon servito a
Patrizio Del Nero.
Siano
forse assistendo alla parabola di un politico di vecchia scuola
(formatosi alle scuole quadri del PCI), abilissimo a restare a galla, ma
anche troppo disnvolto e arrogante. Un politico che controllando
significativi flussi di denaro pubblico si è fatto parecchi "amici" ma
anche molti nemici. Oggi i poteri forti di Sondrio hanno fiutato che il
vento sta cambiando, che l'immagine della Valtellina veicolata dalle
iniziative di De Nero e del Distretto agroalimentare (ex-multiconsorzio)
rischia di diventare un boomerang. E prima che sia troppo tardi lo
scaricano.
Il fallimento della Mostra del Bitto
Il
casus belli che avrebbe indotto tutte le componenti del cda del
Distretto agrolaimentare a chiedere la testa del direttore sembra da
ricondurre alla gestione da parte del Distretto stesso
(ex-Multiconsorzio) delle ultimi edizioni della Mostra del Bitto. Come
avevamo ampiamente riferito lo scorso ottobre (vedi
articolo su Ruralpini) Del Nero, con la sua consueta
spregiudicatezza, aveva dichiarato per primo fallita la formula della
Mostra del Bitto nella sua veste "pesante" allestita dalla fine degli
manni '90 presso il polo fieristico. Lo aveva fatto mentre nei
padiglioni gli addetti non avevano ancora finito di smontare gli
allestimenti, prima che le critiche potessero azzopparlo. Ma tanto
tempismo non lo ha salvato. Era operazione troppo spudorata.
Oltre
al calo di presenze molti avevano lamentato l'assenza di "anima" di una
mostra dove i formaggi erano sotto vetro, dove si trovavano le
mercanzie più disparate e gli stand istituzionali erano poco o nulla
presidiati (a parte le brochure patinate). Inutile ricordare che la
Mostra del Bitto a causa delle politica del Consorzio del Bitto (CTCB) e
delle istituzioni
vede l'assenza del Bitto storico dalla edizione del centenario (2007).
Un convitato di pietra che fa paura
Un'assenza
che pesa come un macigno anche se gli strateghi dell'agroalimentare
valtellinese e i politici ad essi vicini (Severino De Stefani, assessore
provinciale all'agricoltura, in primis) continuano a fare gli struzzi.
Fingono di non vedere che il Bitto storico, quello autentico, che loro
avversano come un luterano ai tempi del Sacro Macello, miete
riconoscimenti su
riconoscimenti al massimo livello internazionale. I media provinciali, a
differenza di quelli bergamaschi e nazionali specializzati che dedicano
al Bitto storico grande spazio, hanno sinora largamente censurato i
successi del Bitto che sta indigesto all'ufficialità del gusto
(valligiana e regionale). Il Bitto storico non si è però a svolgere il
ruolo del convitato di pietar del Don Giovanni. Media valligiani e
cittadini si sono accorti benissimo del grande successo dell'evento
alternativo
alla Mostra del Bitto ("Formaggi in piazza") che ha avuto per protagoniste le piazze di Sondrio e il Bitto storico, gli invisi ribelli del Bitto (vedi articolo su ruralpini). L'evento, qualificato dalla partecipazione di Slow Food, con
poche migliaia di euro di budget ed ha richiamato una folla di
visitatori con grande soddisfazione nei produttori presenti alla
mostra-mercato. Ha in qualche modo
rappresentato anche una "riconciliazione" tra la Valtellina e i ribelli
del Bitto sempre più orientati verso le Orobie e Bergamo. Il confronto
tra l'insuccesso della costosa Mostra del Bitto e "Formaggi in piazza" è
stato bruciante.
Gli
espomenti del Distretto alimentare alla vigilia dell'evento hanno
telefonato al sindaco Molteni per indurlo a lasciar perdere, a non dare
la Piazza Garibaldi ai ribelli del gusto ma l'amministrazione ha tirato
dritto. E i fatti hanno premiato il suo coraggio.
Quelle consulenze in rosso
Il
Cda nell'ambito delle dolenti note che caratterizzano il bilancio della
Mostra del Bitto (non tanto in termini ragionieristici quanto politici)
pare essersi concentrato sulle discutibili spese per le "consulenze" a
favore di Roberto Pinna, del Consorzio Valmalenco (20mila euro),
Pierluigi Negri, ex consorzio turistico ed ex progetto sullo sviluppo della destinazione turistica "Valtellina Destination Management Organization" (8mila
euro); Federico Scaramellini, del Consorzio turistico della
Valchiavenna (32mila euro) e Carlo
Fognini, ex assessore provinciale al turismo (24mila euro). A fronte di
queste spese ufficialmente motivate dalla finalità di raggranellare
disperatamente espositori sono rientrati 74mila euro.
A
difendere Patrizio Del Nero pare essere restato solo il comm.
Rigamonti, colui che sin dagli anni '70 ha tracciato il solco
dell'agroalimentare valtellinese: utilizzare materie prime globalizzate a
basso costo (nel caso della bresaola la coscia congelata di zebù
sudamericano) per produrre un food Valtellina sound con abbondante uso
di immagini di montagne innevate,
limpidi torrenti alpestri, mucche felici, pastorelle in costume ecc.
In
tempi recenti l'operazione viene continuata con i Pizzoccheri
valtellinesi IGP, un prodotto nato con la farina di grano saraceno che
oggi per l'80% è prodotto con "sfarinati" di grano duro canadese e un
po' di farina e pula di grano saraceno cinese (tanto per dare colore e
aspetto "rustico").
L'altra Valtellina del cibo, quella eroica, emerge ora alla ribalta e mette in crisi il sistema
Mentre
l'immagine del prodotto alimentare valtellinese rischia di essere
assimilata presso il grande pubblico a quella di tarocchi globalizzati
i produttori "eroici", quelli degli alpeggi storici del Bitto, ma anche
le nuove leve di viticultori. hanno inaspettatamente resistito e anzi
stanno ottenendo successi.
Non
è difficile a questo punto pensare che qualcuno un po' più lungimirante
stia arrivando alla conclusione che si debba operare una correzione di
linea, con l'apertura ai piccoli produttori intransigenti puri e duri e
un rifacimento d'immagine complessiva dell'agroalimentare valtellinese.
Con una convivenza che si basi su una onesta distinzione tra
ciò che è autenticamente tradizionale e ciò che è dignitosamente
industriale. Nel rispetto reciproco. È una operazione che richiede la
rimozione di Del Nero - nemico acerrimo dei "ribelli del Bitto" - dalla
cabina di regia dell'agroalimentare provinciale. Un nemico, oltretutto,
che è della categoria peggiore, quella dei ribaltonisti. Vale la pena
ricordare che Patrizio Del Nero è passato dal ruolo di sostenitore
entusiasta dei ribelli (e del Presidio
Slow Food che li ha tutelati) a loro detrattore (sotto una foto
"storica" che ritrae Del Nero - a destra - con Paolo Ciapparelli, il
leader dei produttori ribelli).
Pesano gli smacchi già subiti da Del Nero
Se
l'operazione di siluramento di Del Nero andrà in porto è anche perché
il nostro è stato indebolito da alcuni altri smacchi che si sommano a
quello della Mostra del Bitto allo sfacelo. Una delle decantate
realizzazioni promosse da Del Nero nella sua Albaredo (dove mantiene le
cariche di assessore comunale al bilancio e di presidente della
Albaredo promotion) è la Fly emotion. Un "emozionificio" che sfrutta
mode turistiche effimere: la montagna parco-giochi, la montagna da bere.
La
Fly emotion è una società, partecipata dagli enti pubblici, che ha
realizzato e gestisce un impianto a fune che consente il "volo" - andata
e ritorno - da Albaredo al vicino comune di Bema (quello
dell'ex-presidente della Comunità montana, Passamonti, finito in galera
per la tangentopoli morbegnese). Nelle ultime settimane è emerso
che la società specializzata trentina (Wind) che ha realizzato
materialmente l'impianto luna-park non ha ancora ricevuto un soldo. Sono
volate accuse reciproche tra la Fly emotion e la Wind e la cosa finirà
in tribunale. Dal momento che ci sono di mezzo delle amministrazioni
pubbliche la faccenda rischia di avere conseguenze politiche.
Non era stato senza conseguenze per Del Nero neppure l'affaire
del Parco eolico. Il Parco, bocciato sonoramete dai bergamaschi, ma
anche dalla provincia di Sondrio quando Del Nero era presidente del
consiglio provinciale. L'opera era caldeggiata ardentemente dai comuni
di Albaredo e di Bema (sempre gli stessi) tanto che Del Nero si è recato
a perorare la
causa sino al consiglio dei ministri a Roma (dove finiscono i
contenziosi tra ammistrazioni pubbliche).
Alla
maggior parte dei consiglieri provinciali, compresi quelli del Pdl che è
in maggioranza con la Lega, non è andato giù che un rappresentante
della provincia abbia sostenuto con foga - in rappresentanza del suo
comune - una causa in contrapposizione alla provincia stessa. Così il
nostro è stato sfiduciato e ha perso la prima cadrega. Con
la doppia cadrega in consiglio e da "manager" Del Nero era in una botte
di ferro. Ora gli rimane solo la cadrega di "manager" (per quanto può
essere manager un politico di professione tanto navigato da aver fatto
in tempo ad essere segretario provinciale del vecchio PCI). Ma traballa
anche quella. E se cade in disgrazia corre il rischio che qualcuno si
metta ad analizzare la lunga sequela di opere pubbliche realizzate ad
Albaredo con larga dovizia di mezzi e a cercare di capire come
i finanziamenti ricevuti per la tutela e valorizzazione della Via Priùla
(la storica via del XVI secolo tra Bergamo e Morbegno) siano coerenti
non solo con il Parco eolico che avrebbe deturpato il Passo di San Marco
da dove transita il tracciato, ma anche con le condizioni spesso
pietose del tracciato stesso in comune di Albaredo (come documentato da
un nostro precedente servizio su Ruralpini).
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