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lunedì 4 maggio 2015

Bitto storico alla TV tedesca simbolo dell'Expo "buona"

(04.05.15) Con un reportage dall'Italia che ha per protagonista il bitto storico il principale canale televisivo tedesco presenta ai suoi telespettatori il leggendario formaggio delle alpi lombarde quale simbolo di un sistema agricolo etico camdidandolo a rappresentare l'Expo "buono"



di Michele Corti

In occasione del secondo giorno di Expo, domenica 3 maggio, è andato in onda sul principale canale televisivo germanico (ZDF) un servizio su Expo, fame, biodiversità che ha per protagonista il bitto storico individuato come simbolo di una produzione sostenibile che tutela l'identità delle piccole produzioni artigianali legate alla storia e al territorio, che tutela la biodiversità ma che è anche capace di vera solidarietà partecipando attivamente alla campagna 10.000 orti per l'Africa
Per approfondire i temi che avrebbero dovuto essere quelli dell'Expo (quelli con i quali Milano aveva ottenuto l'aggiudicazione) il più importante canale televisivo tedesco, la rete pubblica ZDF Zweites Deutsches Fernsehen ("Seconda Televisione Tedesca") ha trasmesso il 3 maggio un lungo servizio nel quale il protagonista è il bitto storico (di cui si parla per 8 minuti su 28). Il bitto storico è presentato come un fiore all'occhiello di Slow Food. Introdotto da un'intervista a Carlin Petrini che esprime amarezza per come l'Expo sia diventata una fiera di padiglioni con la perdita di quelli che erano le più interessanti tematiche, inprimis quella di un sistema alimentare globale ingiusto.
Il collegamento tra il tema dell'accesso negato al cibo e un prodotto come il bitto storico lo stabiliscein modo apparentemente inaspettato (ma poi capiremo perché) un membro etiope di Slow Food impegnato nella campagna "10.000 orti per l'Africa". Sulla base del principio che il problema della fame non si affronta con l'assistenzialismo peloso occidentale (che introduce i sistemi agroindustriali, le monocolture, gli ogm) ma realizzando la sovranità alimentare, tutelando la biodiversità, l'agricoltura contadina, le forme comunitarie.
L'intervista a Paolo Ciapparelli, il "guerriero del bitto", inizia a Bra nella sede di Slow Food a sottolineare il legame profondo e speciale (e possiamo ormai dire... storico) tra la Chiocciola e il formaggio ribelle per antonomasia. All'Expo, un giorno prima che andasse in onda il reportage della tv tedesca, Piero Sardo (presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità), che presentava insieme a Paolo Ciapparelli la storia del bitto storico nello spazio Slow all'interno di Expo, ha affermato: "Tra 400 prodotti tutelati da Slow Food il bitto storico ha un posto particolare".
Da Bra il reportage è proseguito a Gerola alta, dove ha sede quel Centro del bittoche si è guadagnato la fama di "Santuario del bitto". Ma non senza passare prima dal... "Tempio del Bitto" ovvero dallo storico negozio del F.lli Ciapponi nel cuore antico della capitale "nordica" delle Orobie. Pur operando su piani diversi: commerciale i Ciapponi, "di battaglia" e di animazione territoriale Ciapparelli, vi è stima reciproca tra questi due personaggi che rappresentano colonne della "comunità di pratica" del bitto.  
Ciapparelli è il primo a riconoscere il debito verso Ciapponi che sin da prima della metà del secolo scorso, attraverso la sua accurata selezione e conoscenza del bitto (il padre era caricatore d'alpe), ha consacrato il bitto quale "formaggio perenne", ovvero di lunghissima stagionatura. La vetrina con le forme di dieci anni esposte in bella vista, quale orgoglio della ditta, era un'attrazione già negli anni Sessanta come può testimoniare di persona chi scrive che da ragazzino restava estasiato - se vede che c'era qualcosa scritto nel destino - davanti a quelle grandi forme con annate più vecchie di lui (o almeno coetanee).

Il negozio Ciapponi è anche un vero e proprio museo oltre che essere un vero monumento con quelle cantine (quella dei formaggi e qualla dei vini) che scendono tre livelli sotto il piamo stradale.
Grazie al servizio della ZDF (ma sarebbe meglio dire grazie al bitto storico e grazie a Ciapparelli, senza la cui coriacea ostinazione nel perseguire la "buona battaglia" il bitto non ci sarebbe più) milioni di tedeschi hanno conosciuto un bellissimo "alpen dorf" di nome Gerola alta, duecento abitanti in inverno ma tanta notorietà grazie al mitico formaggio che si fa ancora come mille o duemila o anche più anni fa (forse era solo un po' più piccolo e con più latte di capre e pecore rispetto a quello vaccino). Ammantata con una fresca nevicata primaverile Gerola è apparsa al meglio sugli schermi germanici.
Ed ecco il Centro del bitto. All'esterno una palazzina dalle tinteggiature un po' troppo vivaci (non particolarmente brutta ma neppure bella) non lascia supporre come entrando e scendendo al livello interrato si spalanchi una vera e propria "sala del tesoro". Con l'oro degli alpeggi, l'oro delle Orobie.
Il merito della realizzazione della più bella casera di stagionatura delle Alpi (almeno tra quelle di recente realizzazione) non è delle istituzioni, che hanno sino a ieri osteggiato apertamente il bitto storico, ma della Società Valli del Bitto, 114 soci che - oltre a versare il capitale -  hanno dato piena fiducia e un mandato praticamente in bianco a Ciapparelli, il custode del bitto, per realizzare un centro che valorizzasse al meglio un prodotto da leggenda. I "muri" sono del comune di Gerola che riscuote un canone che, invece di essere di sostegno per l'azione che il Centro del bitto svolge per far conoscere il paese e per tenerlo vivo,  è palesemente al di sopra dei valori di mercato. Ma questo è parte della "strana" storia del bitto.
Contestati come "trogloditi" dai saccenti esperti di filiere agroalimentari e di marketing, Ciapparelli e i suoi hanno inventato il marketing delle forme in dedica. Questa forma di valorizzazione commerciale consente una vendita anticipata alleggerendo l'annoso problema di immobilizzo finanziario (con le dolenti note degli interessi passivi corrisposti agli istituti di credito)  che affligge chi fa qualità utilizzando i tempi lunghi quale fattore di produzione.  Una lezione di creatività commerciale a quelli che Paolo chiama affettuosamente i "brocchi" (è troppo buono per usare apprezzamenti offensivi).
La modalità delle vendite attraverso le forme in dedica trova svariate applicazioni. Ci sono forme delicate per i ristoranti, per le associazioni, per celebrare particolari eventi familiari o collettivi. Queste forme in dedica finiscono anche in Giappone, Stati Uniti, Germania (come quella mostrata sopra da Ciapparelli). Non vale la pena aggiungere parole per sottolineare il valore di veicolo promozionale di queste forme. Ma le forme dedica possono raggiungere anche altri scopi come quella che vediamo nel fotogramma sotto vergata sotto l'obiettivo della videocamera dalla mano della giovane "calligrafa" Gloria, l'ultima neo assunta dalla Società valli del bitto.  Destinata all'asta del 13 maggio (Bolaffi) in Piazza della Scala a Milano, insieme ai migliori vini italiani (ovviamente sull'onda di Expo).
Pur avendo non poco bisogno di autofinanziarsi il bitto storico devolverà l'incasso dell'asta alla campagna 10.000 morti per l'Africa (nella foto sopra tradotta in tedesco per i telespettatori germanici). Il bitto storico è già campione di sostenibilità e di "agricoltura etica" rifiutando i mangimi che contengano materie prime spesso OGM prodotte oltre mare sottraendo la terra alle comunità contadine. Persegue caparbiamente la tutela e la valorizzazione delle razze autoctone (la capra orobica e la mucca bruna alpina originale). Il pascolo utilizzato da questi animali rustici, che sanno sfruttare anche le colme più aperte sassose, senza sottrarre un m² alla produzione di cibo per gli esseri umani.
Da questo punto di vista il bitto storico potrebbe ritenersi più che in pace con la propria coscienza, con l'etica ambientale e sociale alle quali si ispira. Ma il bitto storico non si accontenta amari, vuole fare il massimo. Sempre.
Nel 2011, a Cheese, furono battute all'asta tre forme di bitto storico che incassarono complessivamente 6.000 mila euro per la campagna 1.000 orti per l'Africa (nel frattempo l'obiettivo si è decuplicato). Il ragazzo etiope che abbiamo visto sopra utilizzò quei 6 mila euro per un progetto sul campo gestito da lui stesso. Tutto trasparente (altro che ONG miliardarie). Così la ZDF ha voluto rendere omaggio all'bitto storico con un commovente fotomontaggio in cui la forma dedicata ai "gärten für Afrika" si trasforma in un orto comunitario.

Tra le forme di bitto storico che andranno all'asta in piazza della scala a Milano il 13 maggio vi è anche una gloria millesimata 2000 (fotogramma sotto).
Con l'incantevole paesaggio della Valgerola ammantata di bianco sullo sfondo la televisione tedesca ha inserito un filmato sulla produzione estiva in alpeggio mandando in onda vacche brune e capre orobiche.
Il servizio ha voluto far vedere ai telespettatori come vivono le regine delle proprie durante il periodo invernale. Per farlo Ciapparelli ha condotto la troupe alla stalla il legno di Alfio Sassella uno dei caricatori d'alpeggio del bitto storico nonché presidente della neonata Associazione lombarda degli allevatori della razza bruna originale e consigliere dell'altrettanto recente Associazione produttori formaggi di capra orobica.
All'epoca in cui fuori dalla stalla la neve è ancora alta dentro risuonano i belati dei vispi capretti orobici. Che con dei papà così affettuosi come Alfio e Paolo non possono non avere davanti a sé una vita di libertà in montagna. E anche questa forma di rispetto degli animali, delle loro attitudini e caratteristiche comportamentali e fisiologiche fa parte dell'etica del bitto storico.

venerdì 3 aprile 2015

Bitto storico guarda oltre Expo

(03.04.15) A Expo, grazie ad un accordo con Slow Food vi sarà un'importante presenza del bitto (Consorzio bitto storico e Consorzio casera e bitto). Con questo evento e con la presenza a Cheese si concretizza l'accordo del 10 novembre 2014. Il bitto storico intanto guarda già oltre verso nuovi importanti progetti



Il bitto storico guarda già oltre Expo,

verso nuovi traguardi

Expo, Cheese 2015, il rilancio della Mostra di Morbegno con il gran ritorno del bitto storico. Eventi importanti che coronano l'accordo tra il bitto storico e le istituzioni. Da una parte si sta mettendo in pratica - a favore della Valtellina - il ruolo di trascinamento su altri prodotti agroalimentari e sul turismo di una produzione di grande prestigio, dall'altra viene non solo riconosciuto ma persino consacrato quel metodo di produzione e quei principi che determinano l'identita del bitto storico e ne determinano la sua differenza. In questo contesto il Bitto storico può guardare anche oltre. Esso intende riprendere tutti quei progetti originari di sviluppo locale autosostenibile, di iniziativa territoriale, di esperienze pilota, che ci si prefiggeva di realizzare già vent'anni orsono.
La decana delle forme di bitto andrà all'asta (curata da Bolaffi) in Piazza della Scala a Milano durante l'Expo

Intorno all'esperienza del bitto storico si è costruito un movimento di rinascita della montagna e della ruralità che va oltre le vicende di un sia pure grande formaggio. Nel solco delle iniziative del bitto storico è nato il progetto dei formaggi Principi delle Orobie, che ripristina e valorizza le antiche relazioni intervallive "di massiccio" e mette in rete tra loro le valli, gli operatori del settore caseario e turistico creando le premesse per un grande progetto d'area integrato che può rappresentare un punto di riferimento per le politiche regionali (se Regione Lombardia sarà capace di cogliere la novità).
Il progetto "Principi" ha già prodotto alcuni frutti. Nel 2015 si è costituita ufficialmente l'Associazione formaggi Principi delle Orobie (con imprese che rappresentano sei formaggi: Bitto storico, Formai de Mut, Stracchino all'antica delle valli Orobiche, Agrì di Valtorta, Strachitunt, Branzi FTP). All'interno dell'associazione (già da tempo in incubazione) sono nate due altre realtà: l'associazione degli allevatori di Bruna alpina originale e l'associaizone dei produttori della capra Orobica. I formaggi di capra Orobica sono stato intanto ammessi tra i "Principi" (il "settimo principe") mentre altri formaggi aspirano ad entrarvi (dalla Valsassina alla Val di Scalve).
I "principi" sono nati per promuovere il territorio e non solo e non tanto i formaggi in sé. Ed ecco che una delle proposte originarie (le "Vie dei Principi delle Orobie") sta prendendo forma proprio in queste settimane. La bella serata all'Antica Locanda Roncaglia di Corna Imagna del 27 marzo intitolata all'"incontro" tra Stracchino all'antica e Bitto storico è servita a gettare le basi di un itinerario che da Corna (nella valle Imagna bergamasca) conduce a piedi a Gerola alta (vedi qui il progetto di itinerario) attraverso caseifici, alpeggi, osterie, alberghi. A Corna durante la serata c'erano diversi protagonisti di questa "Via", non solo i produttori di formaggi ma anche la componente Cai-Rifugi rappresentata da Elisa Rodighiero (che gestisce il noto Rifugio Benigni sulla dorsale Nord orobica tra Val Brembana e Valli del.... Bitto).

Expo
Nel frattempo i "Principi" e il Bitto sono protagonisti di importanti iniziative Expo. A Bergamo, nel quadro di un progetto che intende valorizzare il ruolo di Bergamo quale "capitale dei formaggi" è partito il progetto FORME (sarà presentato con una conferenza stampa il 24 aprile a Bergamo). Il progetto prevede diverse azioni sia a Milano che a Bergamo con i "Principi" in evidenza. A Sondrio è stato presentato ieri 2 aprile il progetto che consentirà alla Valtellina di essere presente in modo importante nella sede di Expo nello stand di Slow Food. Il primo "formaggio del mese" che aprirà il programma semestrale sarà il Bitto. Ad esso seguirà il Parmigiano Reggiano. Un fatto che, di per sé, regalerà grande visibilità alla Valtellina e che rappresenta il risultato dei profondi legami tra il Bitto storico (forse il presidio più glorioso di Slow Food) e la Chiocciola. Poi ci saranno tanti piccoli e grandi eventi con protagonista il bitto storico durante tutto l'Expo (vi terremmo informati). Da segnalare l'asta in Piazza della Scala (non è il Centro del Bitto anche la "Scala del formaggio?") curata dalla casa Bolaffi di Torino in cui verranno battute sotto gli occhi del mondo le forme più vecchie di bitto storico (base d'asta 17 mila euro e tutto quello che andrà oltre sarà devoluto dal Consorzio salvaguardia bitto storico per gli orti di Slow Food in Africa).
La presenza del bitto storico, alfiere della Valtellina, rappresenta una dimostrazione evidente - forse anche quantificabile economicamente - dell'effetto di "trascinamento" del Bitto storico. Un effetto, è bene ricordarlo, che è legato alla leggenda del Bitto storico, costruita anno dopo anno in forza di tante iniziative, di tanta passione, di tanta creatività, a "costo zero" per il contribuente. Lunghi anni durante i quali le istituzioni non hanno fornito alcun sostegno economico al bitto storico (anzi...). Il bitto storico sarà presente anche a ottobre presso lo stand Slow Food a Expo (questa volta in quanto PresidioSlow Food)nel corso di una settimana.

Cheese e Mostra del bitto
A settembre l'evento caseario più importante in assoluto (Cheese a Bra) vedrà il bitto storico insieme al bitto del Consorzio tutela casera e bitto nel quadro dell'accordo di sinergia territoriale in uno stand importante (oltre che in un calecc' "fuori ordinanza" a riconoscimento della sua non ordinarietà). Ad ottobre un banco di prova decisivo: la Mostra del bitto. Nata intorno al bitto quasta mostra storica (risale al 1907) era andata negli anni perdendo di specificità, dimenticando la sia vocazione e le sue origini e assumendo i contorni dell'evento commerciale generico . La Mostra - per molti anni ghettizzata nella cattedrale cementizia del Polo fieristico - aveva abbandonato il centro storico con comprensibili lamentele dei commercianti. Il ritorno negli ultimi anni alla soluzione "integrata" nel tessuto vivo della città non ha risolto alcuni problemi (il costo della tensostruttura, il non completamento dei restauri del chiostro dell'antico monastero in Piazza Sant'Antonio). Lo storico ritorno dei "ribelli del bitto" alla mosta di Morbegno offre la possibilità di stimolare soluzioni in linea con la storia della Mostra.
Il bitto storico non sarà presente alla prossima mostra ottombrina in stand ma ogni produttore d'alpeggio si presenterà al pubblico all''interno di spazi (privilegiate le storiche cantine) di pertinenza di esercizi pubblici, anche in collaborazione con produttori enologici. Oltre a questa "soluzione diffusa" il bitto storico intende partecipare alla riqualificazione della Mostra di Morbegno con iniziative culturali (mostre, conferenze, presentazione di libri) tese a valorizzare la lunga storia della Mostra e del suo legame con quel formaggio di fama mondiale che è il bitto. La Mostra del Bitto (ma anche Expo e Cheese) saranno anche occasioni per presentare i progetti futuri del bitto storico.

Un progetto per completare il rilancio caseario (e zootecnico) della Valgerola

L'esperienza della casera del bitto storico (il Santuario del Bitto) ha dato ragione - contro ogni logica commerciale - a quel testardo idealista (con i piedi per terra) di Paolo Ciapparelli. Egli ha insistito, a volte anche di fronte alla perplessità dei suoi amici e sostenitori, a mantenere il più possibile aperto il punto di vendita con cucina di Gerola alta. Anche nei week end di "morta turistica". Sarebbe stato più facile spostare la vendita a Morbegno ma, per coerenza con il progetto originario, l'attività del bitto storico continua - almeno per ora - a ruotare intorno a Gerola.  Non solo. Per gestire la casera di stagionatura, il negozio, l'attività commerciale sono stati assunti due giovani (Albino e Gloria) che hanno risposto con entusiasmo.
A confortare una scelta coraggiosa a favore di Gerola (non sempre compresa e ricambiata dagli stessi gerolesi o per lo meno non da tutti) vi sono le sempre più strette collaborazioni e sintonia con gli Alberghi-Ristoranti della località (Tre Signori e Valli del Bitto). Il successo della recente cena a tema bitto storico presso il Ristorante Valli del Bitto (sono venuti apposta da Firenze per parteciparvi dopo aver letto delle evento sulla pagina facebook dello "storico") testimonia di un clima di "squadra" ormai instaurato. Ora, però, Paolo Ciapparelli e la Società Valli del Bitto (la famosa "spa etica" che con capitali privati e azionariato popolare sostiene il bitto storico senza ricavare utili) stanno pensando a riprendere i progetti delle origini.

"Sono gli animali che fanno restare la gente in montagna"

Ciapparelli ripete spesso che il progetto sviluppatosi intorno al bitto storico avrà successo solo quando in Valgerola torneranno ad essere allevati anche in inverno gli animali. Ma in modo veramente sostenibile. Non nel senso di quella "sostenibilità" dei politici con la quale vengono avallate le peggiori operazioni, alla biogas (vedi Postalesio con i liquami e i digestati che fanno turismo su e giù per la valle), non come nel vicino comune di Albaredo dove, mentre parecchi  contadini continuano a sfalciare i prati (anche a mano) le nuove stallone - le uniche prese in considerazione dalle istituzioni - si sono adeguate allo stile "pianura padana" con il corollario del problema dei liquami a go go e del mangime che viene usato a quintalate, purtroppo anche in alpeggio (Alpe Piazza). Non si resta così in montagna.
Gli amministratori di Albaredo, a suo tempo, quando si erano allontanati dal progetto bitto storico e da Slow Food (in precedenza entusiasticamente sostenuto) per abbracciare il modello industriale della Latteria di Delebio parlavano di Gerola, con la sua splendida casera (meta di una vero e proprio pellegrinaggio), come di una "Cattedraledel deserto". Il bitto ha proceduto in modo inverso: ha creato una leggenda, una notorietà internazionale, le premesse per un flusso turistico e quindi uno sbocco altamente remunerativo per i prodotti ottenuti anche dal latte invernale (ilmatüsc o "latteria", i formaggi di capra). La logica specularmente opposta a quella dell'agroindustrialismo arroganttemente quantitativo, che ha portato la Valtellina in un vicolo cieco.

Due simboli e due elementi della "leggenda bitto": Mosè e le capre Orobiche di Valgerola

Forte di grande prestigio e di tanti sostegni "dal basso" oggi il bitto storico lancia l'operazione: Una stalla per la Valgerola. Il progetto prevede l'allevamento di soli animali di razze autoctone: la Bruna originale (non la Brown Swiss americanizzata e "macchina del latte" che in un sistema sostenibile agrozootecnico di montagna non può essere allevata) e la razza caprina simbolo del bitto storico: l'Orobica di Valgerola. Il numero di capi sarà pari a quelli necessari per produrre in alpeggio una forma di bitto storico (20% di latte di capra): 30-40 vacche e 50-60 capre.

Impatto ambientale zero, integrazione territoriale 100%
I principi della "stalla della Valgerola" sono chiari:
1) sfruttamento di un alpeggio (e possibilmente di maggenghi) della valle  per il maggior numero di giorni possibile;
2) utilizzo di solo fieno locale favorendo la crazione di una "associazione del fieno" aperta a tutti i proprietari e utilizzatori di prati invitati a fornire fieno sfuso (pre appassito) pagato a un "prezzo etico" da condizionare in un "fienile solare";

3) utilizzo di integrazioni minime del foraggio (che dovrà essere di alta qualità proprio per evitare i mangimi);
4) realizzazione della stalla e del fienile in legno e pietra locale adattando le moderne soluzioni di "stalla in legno" alle esigenze di massima efficienza energetica ma anche di valorizzazione delle caratteristiche dell'architettura utilizzando materie prime locali (copertura in scandole di larice);
5) massimo rispetto del benessere animale (spazio, libertà di movimento con posta fissa ma attacchi moderni e uscita più volte la settimana degli animali dalla stalla);
6) realizzazione di un caseificio aziendale per produrre matüsc ("latteria" vaccino), matüscin (formaggetta presamica di capra), agrìn o furmagìn (formaggini di capra a coagulazione lattica), mascherpa (ricotta con aggiunta di latte di capra);
7) Vendita dei latticini presso la casera del bitto storico e attraverso i canali dei Presidi e della Società Valli del Bitto.
Per la gestione della stalla e del caseificio verrà costituita un'apposita Società agricola che, insieme alla Soc. Valli del Bitto e al Consorzio salvaguardia bitto storico andrà a rafforzare il "sistema bitto storico".


Un progetto pilota a valenza didattica, sociale, culturale, turistica

La stalla della Valgerola è concepita come iniziativa aperta al territorio, attraverso la collaborazione con i comuni e con i privati possessori dei prati, ma anche alla massima collaborazione con scuole e le iniziative educative e culturali di diverso tipo.
Aperta alle visite dei turisti che vengono in valle per visitare il Santuario del bittoconsentirà di completare un circuito di visita, specie nei mesi invernali in cui gli alpeggi riposano sotto una spessa coltre di neve. la stalla della Valgerola sarà anche un luogo di sperimentazione e di formazione. Sarà parte di un progetto di Scuola pratica di montagna pronto ad accogliere quei giovani che desiderano apprendere dal vivo le tecniche di caseificazione e di governo degli animali. Per tutti questi motivi, per la sua carica innovativa (sul piano socio-territoriale, ecologico, didattico, commerciale) il progetto - che coinvolgerà diversi soggetti privati e pubblici e che si pone a tutela e valorizzazione delle due razze simbolo della montagna alpina lombarda (Bruna originale e Orobica) - si candida quale progetto pilota esemplare confidando nella capacità della Regione di saperne valutare i contenuti. In ogni caso, sulla scorta dell'esperienza del bitto storico, non si punta certo solo sui finanziamenti pubblici ma sulla capacità di suscitare (come è avvenuto per il bitto storico a dispetto degli scettici) un sostegno da parte della comunità locale e della comunità dei sostenitori della montagna, delle razze autoctone, dei prodotti in simbiosi con l'ambiente e le tradizioni.
Sarà decisivo per il successo del progetto l'entusiasmo con cui i non pochi sostenitori del bitto storico (che costituiscono un vero e proprio  movimento di opinione e, forse, anche qualcosa di più) risponderanno all'appello all'adozione delle singole bovine "original" e capre orobiche cui potrenno ovviamente dare un nome e che potranno sempre venire a trovare ritirando anche i prodotti. Siamo certi che di questa stalla si parlerà molto e che molti verranno in Valgerola anche per visitarla.