RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)

BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)
La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online
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lunedì 19 settembre 2016

I "territori del cibo" con i ribelli del bitto

(18.09.16) L'ex bitto storico (il nuovo nome verrà ufficialmente proclamato a Torino al Salone internazionale del gusto - Terra madre venerdì 23 settembre) fa parte - da fondatore - della rete "Territori del cibo". Una rete nata ad aprile di quest'anno a Gandino (Bg), patria del mais spinato. Fanno parte della rete oltre all'ex bitto storico e al mais spinato il vigneto Capretti di Brescia (con il vino della Pusterla), lo stracchino all'antica della valle Imagna, l'asparago rosa di Mezzago (Mb), il grano saraceno di Teglio (So), il pan gialt di mais marano e segale di Nova milanese (Mb). Ha avanzato la propria candidatura per entrare nella rete la patata biancona di Esino Lario (Lc). Uniti dall'obiettivo di tutelare storia e tradizione (non per imbalsamarle ma per valorizzarle come fattore di sviluppo locale a 360°) le realtà della rete non potevano che schierarsi energicamente a favore dell'ex bitto storico. Lo hanno fatto con parole molto chiare e forti.
L'auspicio è che arrivino analoghe prese di posizione e concrete azioni di sostegno ai ribelli del bitto da parte di tante altre realtà  del mondo del cibo buono pulito e giusto.


martedì 26 luglio 2016

Abbandoniamo il nome bitto dal 1° settembre


 

Società Valli del Bitto trading spa. 

C O M U N I C A T O    UFFICIALE

Gerola alta,  23 luglio 2016

In qualità di fondatore dell'Associazione Produttori Valli del Bitto, divenuta in seguito Consorzio di Salvaguardia del Bitto Storico, e in qualità di attuale responsabile comunico che: in data odierna 23/07/16 il Presidio Slow Food Bitto Storico cessa di esistere. Verrà sostituito con un nuovo nome garantito da un marchio che è stato depositato dalla società Valli del Bitto Spa. Tale società al momento è l'unico soggetto che garantisce la sopravvivenza economica dei produttori storici.
Avviso i consumatori che dal 1 settembre 2016, al termine della monticazione, comunicherò il nome degli alpeggi che conservano i requisiti, quali unici degni continuatori di questa storia millenaria. Il nome Bitto non verrà più usato dai produttori storici e lasciato ad esclusivo uso al CTCB che tutela la DOP. Diffido i furbi e i furbetti, i quali hanno approfittato di una battaglia di civiltà per farsi passare per noi, ad utilizzare "Bitto Storico" in accostamento al nome dell'alpeggio la cui storicità è legittimata esclusivamente dal Consorzio di Salvaguardia.
Ricordo che Bitto Storico è vietato dal regolamento della DOP, era consentito in via transitoria al Presidio Slow Food Bitto Storico che ora non esiste più. A tutela dei consumatori che sostengono questa millenaria produzione comunicherò i nomi di coloro che si sono approfittati facendosi passare per Bitto Storico.
Mi auguro che questa scelta, sofferta ma obbligata onde tutelare la sopravvivenza di questa grande tradizione, scuota le coscienze al fine che il nuovo nome sia solo un estremo rimedio provvisorio Ricordo inoltre che la volontà della maggioranza dei produttori è da sempre sovrana,come dichiarato da Piero Sardo,responsabile della Fondazione Slow Food dei Presidi che sosterrà come Presidio Slow Food il nuovo nome.
Quindi da oggi dal punto di vista morale il cambio del nome è legge, dal 1 settembre 2016 con il nuovo marchio lo sarà anche commercialmente.

Paolo Ciapparelli
Fondatore Valli del Bitto trading spa


Soc. Valli del Bitto Trading spa, Via Nazionale,31 23010 Gerola Alta (So) Tel/fax 0342635665

wvvw.formaggiobittocom  info@formaggiobittocom  CFJPIVA00815750146   Bollo CEE03/1583


giovedì 7 luglio 2016

Bitto storico = reato penale (perché BITTEXIT)

Facciamo chiarezza sul bitto storico che non può più esistere (a meno che - smentendo vent'anni di traccheggiamento - la politica vada a Bruxelles a dire: "scusateci siamo italiani pasticcioni e imbroglioncelli, abbiamo fatto una dop del piffero e adesso, dopo vent'anni, vogliamo rimediare)".
Molte le ciance sul Bitto storico. Molti si ergono a suoi paladini dell'ultima ora (dopo che per anni non hanno fatto nulla o peggio) e si dicono scandalizzati del fatto che il Consorzio salvaguardia del bitto storico abbia depositato un altro nome. Ormai non c'è più da meravigliarsi di nulla ma se pubblici amministratori, sindaci tenuti a conoscere e a far rispettare le leggi non si rendono conto che "Bitto storico" è reato e discettano di "accordi" e "tavoli" significa che si è toccato il fondo. Anche perché non sono loro a rischiare le conseguenze penali. Forse non si rendono conto che gli appelli a "non abbandonare il Bitto storico" equivalgono alla istigazione a commettere un reato. Sono credibili solo se si traducono in azioni con il fine di ottenere precise garanzie da parte delle istituzioni . Garanzie per una tutela giuridica ed economica dei produttori del Bitto storico, comprensiva di soluzioni "tecniche" transitorie sino al riconoscimento europeo di un nuovo disciplinare del Bitto Dop (per il quale ci vorrà una forte iniziativa politica se si vorrà spuntarla). Se le istituzioni (in questo caso regione Lombardia e Ministero delle politiche agricole) non possono o non intendono fornire queste garanzie è meglio prendere atto che il cinema è finito.

La frode in commercio

Tra tanti politici e amministratori pubblici allo sbaraglio (e furbastri) solo l'assessore regionale Fava ha avuto il coraggio di uscire dall'ipocrisia e di dire le cose come stanno: "Si rischia la frode in commercio". Una boutade? Assolutamente no. Perché nel caso di violazione delle norme di protezione delle denominazioni protette (Dop) il reato (penale) è conclamato e aggravato.

art. 515. (Frode nell’esercizio del commercio)

Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065

Questo l'articolo del Codice penale. Ma quando si verifica la "frode"? Quando il prodotto è diverso per caratteristiche  essenziali ovvero non risponde ai requisiti richiesti per fregiarsi di una certa denominazione come palesemente ricorre qualora non si abbiano i requisiti per poterlo fregiare di denominazione protetta (Dop).


Per l'aspetto amministrativo vale, invece, il Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 297 ("Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari"). Notare che se le violazioni vengono reiterate le sanzioni sono triplicate. 

Art. 2. Designazione e presentazione della denominazione del segno distintivo o del marchio
2. Salva l'applicazione delle norme penali vigenti, chiunque nella designazione e presentazione del prodotto usurpa, imita, o evoca una denominazione protetta, o il segno distintivo o il marchio, anche se l'origine vera del prodotto e' indicata o se la denominazione protetta e' una traduzione non consentita o e' accompagnata da espressioni quali genere, tipo, metodo, alla maniera, imitazione, o simili e' sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemila ad euro tredicimila.

Come si è arrivati a tanto?

Il "bitto storico - Presidio Slow Food" , rappresenta di per sé una forma di autodenuncia clamorosa. I produttori "storici" sono usciti dalla dop per disperata protesta sin dal 2006 a seguito dello stravolgimento del metodo di produzione del Bitto dop. La UE aveva avallato quell'anno l'uso dei fermenti industriali e dei mangimi. Contemporaneamente il Ministero aveva diffidato dall'uso del marchietto aggiuntivo "Valli del Bitto", flebile segno di differenziazione tra la produzione realizzata nell'area di origine e con i metodi tradizionali da quella "modernizzata", estesa a tutta la Provincia di Sondrio e "facilitata" dall'uso di fermenti e mangimi. In seguito alle sanzioni della "Repressione frodi" del 2009 la struttura di stagionatura (Il Centro del bitto) e due produttori rientrarono nella dop (ma non nel Consorzio). Una situazione di transitoria e parziale legalizzazione che è durata ben poco perché dopo due anni nessun produttore era più sottoposto ai controlli necessari per il marchio dop.
Non siamo un paese normale

I produttori del Bitto storico (e Slow Food che li ha sempre appoggiati con coerenza e coraggio) pensavano di "forzare la mano", ovvero di spingere le istituzioni a ricercare una soluzione politica e giuridica alla paradossale situazione di un prodotto che è costretto ad autodenunciarsi trovandosi (con le nuove regole delle dop europee) "fuorilegge". Ma siamo in Italia, un paese che non è normale e nessuno si è mosso. Muoversi significava disturbare le lobby. Così oggi si viene a dire: "Abbiamo chiuso gli occhi e continueremo a farlo". Forse chi dice così non si rende conto di autodenunciarsi esso stesso.
Solo l'annuncio che in questa situazione non si poteva durare e che era ormai venuto il momento di riconoscere che LA BATTAGLIA PER IL BITTO STORICO ERA PERSA (e che bisognava obtorto collo cambiare nome al formaggio storico delle alpi Orobiche) ha smosso le acque e fatto piangere ai coccodrilli lacrime copiose.
Il Bitto storico da diversi anni è proseguito nella condizione surreale di una "illegalità tollerata". Ma può una qualsiasi attività economica e un'azienda con dei soci azionisti e degli amministratori basare la propria attività su un'attività illegale? Facile parlare quando non si rischia né economicamente né penalmente. Il patrimonio storico e culturale rappresentato dal glorioso formaggio sarà al sicuro fuori della Dop.

martedì 5 luglio 2016

BITTEXIT e lacrime dei coccodrilli

L'assessore regionale Gianni Fava interviene  sul tema della bittexit confermando tutto quello che aveva dichiarato Paolo Ciapparelli: "non è legale un bitto storico nel quadro attuale, la scelta del cambio di nome è obbligata" 


(06.07.2016) Operando con la linearità che lo ha sempre contraddistinto, Paolo Ciapparelli, presidente del bitto storico ha dichiarato nei giorni scorsi alla stampa ciò che stava ormai circolando da mesi, ovvero che i produttori fedeli alla tradizione sono costretti a rinunciare al nome "bitto".

A queste dichiarazioni è seguita la fiera dell'ipocrisia. Si sono messi a stracciarsi le vesti, e a dichiararsi paladini del bitto storico, anche coloro che hanno lavorato con grande impegno per distruggerlo. Ma di loro (presidenti di Camera di commercio, sindaci) ci occuperemo successivamente. Qui ci preme mettere in evidenza come la scelta del cambiamento del nome da parte dei produttori del "Bitto storico - presidio Slow Food"  (la BITTEXIT)  è conseguenza della mancata soluzione - dopo vent'anni - della "questione bitto" (ma chi produce falso "Bitto storico " con molti mangimi - come dalle parti degli alpeggi comunali di Albaredo - è fuori causa).

Tale soluzione poteva arrivare solo dal riconoscimento giuridico del "Bitto storico", con la sua area di produzione, il suo metodo tradizionale e rigoroso, la sua aggregazione di produttori. Non si è mai voluto affrontare il problema perché ciò equivaleva a riconoscere davanti alla burocrazia UE gli errori (e le falsità) clamorose commesso in sede di istituzione della Dop.

Le istituzioni in vent'anni hanno partorito tre diversi accordi-bidone, che non affrontando il problema legale a monte si sono tradotti in traccheggiamento, presa per i fondelli dei produttori dello "storico" (nella speranza che prima o poi cedessero in forza di pressioni - la parola sarebbe un'altra - o di difficoltà economiche).

Ma sino ad oggi "gli ultimi Mohicani" resistono e ottengono anche lusinghieri successi e riconoscimenti. Sono anzi diventati una leggenda e sono in molti a schierarsi con Davide contro Golia.  Preso atto che anche l'ultimo accordo del novembre 2014 rappresentavaun pezzo di carta senza valore quelli del "Bitto storico" - sempre sostenuti da Slow Food in quanto presidio - hanno deciso di trarre le conclusioni: a costo di abbandonare agli altri il nome bitto bisognava preservare il senso di un'esperienza esemplare di resistenza casearia, salvare la produzione storica. Come? Mettendosi del tutto al di fuori del sistema Dop che per il bitto storico è stata una maledizione.

Ponendosi sul piano del gruppo di produttori che commercializzano con un proprio marchio al riparo di ogni ricatto e minaccia. Scelta dolorosa ma lungamente meditata (almeno da un anno a questa parte).


Scelta che è stata però caldamente raccomandata sin dall'inizio di quest'anno dall'assessore regionale all'agricoltura Gianni Fava. Al presidente del bitto storico l'assessore disse che le pressioni che venivano dalla Valtellina erano troppo forti, che lui non riusciva più "a tenerli fermi" e che non vi era alternativa al cambio di nome. Minacce del tutto credibili considerando che le sanzioni (inizialmente per decine di migliaia di euro) arrivarono nel 2009 dopo pochi mesi da quando un assessore (De Stefani) della provincia di Sondrio aveva minacciato al tavolo dell'ennesima trattativa in Regione : "ci vuole la Repressione frodi per voi". Non più tardi di qualche mese fa quando l'assessore regionale Fava cercava di "ricucire" dopo la rottura dell'accordo bidone del novembre 2014 toni minacciosi, anche se non così espliciti, furono usati dal presidente della camera di commercio di Sondrio, Emanuele Bertolini. Bastone e carota alternati da anni. I ribelli del bitto si sono stufati di blandizie, trappole, minacce. Ed è BITTEXIT.

Smascherati gli ipocriti che in Valtellina fingono (ora) di difendere il bitto storico

In questi giorni molti in Valtellina fingono di difendere il bitto storico e ne lamentano la "privatizzazione" da parte di Ciapparelli e dei suoi, proclamando che trattasi di "patrimonio del territorio".  Dietro di loro forse anche gli stessi che Fava doveva "tenere fermi" (perché non partissero denunce contro il bitto storico). In ogni caso chi parla di "patrimonio da tutelare"  ha fatto di tutto per cancellarlo (ma ci torneremo in prossime puntate). Così Fava è dovuto intervenire e ieri sul Corriere sono apparse delle dichiarazioni inequivocabili da parte dell'assessore, che confermano in pieno quando asserito da Ciapparelli.

 Potrebbero essere denunciati per frode in commercio — osserva l’assessore Fava —. Se la scelta sarà quella di un nuovo marchio, la Regione Lombardia è pronta a sostenerli. Io sono dalla loro parte. 

Fava non si è limitato a dichiarazioni incalzato dalla giornalista. Ha anche postato sul suo profilo facebook quello che appare un proclama a favore del bitto storico (pur senza dimenticare l'esigenza di rispettare la dura lex, i regolamenti europei che, implacabili, non consentono che esista un "bitto storico" ) .

Siamo alla svolta. Il bitto storico cambierà nome con ogni probabilità. Ma non abbandonerò questo gruppo di tenaci tradizionalisti delle montagne lombarde al loro destino. Regione Lombardia si impegna a garantire il diritto di tutti a produrre la tradizione, nella consapevolezza che esistono leggi e che vanno rispettate. Noi siamo pronti a sostenere questi uomini e queste famiglie che hanno fatto una scelta non convenzionale e ai quali buona parte del mondo dei consumatori più attenti guarda con simpatia. Rispettando le prerogative di chi ha legittimamente fatto scelte diverse. Viva i grandi formaggi delle Alpi lombarde!

La Valtellina prenda atto. Il cambio di nome del bitto storico - scongiurabile solo in forza di un'estrema iniziativa politica, di un sussulto di responsabilità e di dignità delle istituzioni locali - non contribuirà a migliorare un'immagine del "sistema" agroalimentare valtellinese che agli interessi industriali ha sacrificato (con l'istituzione di Dop e Igp discutibili) le vere eccellenze puntando a sfruttare l'immagine della montagna come puro "fondale".



Solo un sussulto di dignità delle istituzioni territoriali (provincia e comunità montane) può innescare un'azione di salvataggio del bitto storico. ma in discontiuità con i messaggi sin qui recapitati a regione Lombardia

C'è ancora in atto l'iniziativa promossa da AmaMont (associazione che si batte per una montagna viva) e appoggiata da molte associazioni culturali. Ma essa può procedere solo se in Regione Lombardia "sbarcherà" una Valtellina istituzionale resasi consapevole dei termini di una questione annosa, un po' meno attenta alle lobby e tale da apparire agli occhi di Fava "altra" rispetto a quella che minacciava di denunciare il bitto storico.
Vi è tempo sino a settembre quando al Salone del gusto verrà ufficializzato il nuovo nome dello storico formaggio degli alpeggi orobici.