metafore
da una Valtellina fagocitata e ingessata da un modello
agroindustriale, espressione del peso di ipertrofici istituti
bancari e di una ipertrofica catena di ipermercati (una Valtellina dove le espressioni di un'economia legata alla vocazione territoriale sono schiacciate)
In un post precedente (vedi comunicato 20.07.16) abbiamo paragonato lo Storico formaggio dei ribelli del bitto al più grande trotter di tutti i tempi: Varenne. . Un paragone impegnativo perché Varenne è non solo il cavallo che ha vinto più montepremi , ma l'unico cavallo nella storia dell'ippica mondiale ad avere vinto il titolo di "cavallo dell'anno" in tre differenti nazioni: Italia 2000, 2001, 2002, Francia 2001, 2002, Stati Uniti 2001. Varenne è anche l'unico trottatore ad avere vinto le corse più importanti del mondo nello stesso anno (2001). Nel 2002 ha chiuso la carriera come corridore con un tour mondiale in cui ha frantumato tutti i record delle piste
Lo storico formaggio dei ribelli del bitto ha frantumato i record di vendita di un formaggio (eccettuate "particolarità" come il formaggio di latte d'alce). Ma ha anche conquistato il titolo di formaggio più mediatico. Sono molti più gli articoli sugli organi di informazione cartacei e online che le forme prodotte e fa parlare di sé più che formaggi prodotti in milioni di pezzi.
Ronzino, invece (sinonimo di brocco) indica un cavallo di poco pregio. Dall'antico francese (forse) roncin. Ronzinante era la cavalcatura di Don Chiscotte (rocin, in spagnolo).
Ci vuole altro che Varenne per trainare il pesante carro dell'agroalimentare valtellinese, appesantito dalla scelta di puntare sulla quantità a scapito della qualità nell'illusione che basta l'immagine della montagna o qualche "specchietto per le allodole" per continuare a operare con profitto in un mercato dove la produzione massificata subisce una concorrenza sempre più feroce.
La Valtellina agroalimentare, in un contesto valligiano caratterizzato dalla presenza di due istituti bancari e di una catena di ipermercati (ovviamente ad essi legata) "fuori taglia" rispetto alle ridotte dimensioni della valle, difficilmente potrà uscire dal modello agroindustriale per dare spazio a produzioni agroartigianali indipendenti. I ribelli del bitto, che si muovono su un piano completamente diverso e del tutto autonomo rispetto alle filiere (commerciali e di potere) rappresentano, oggettivamente, un fatto eversivo. Nessuno può pensare che la guerra contro di loro sia dovuta solo a 1.500 forme di formaggio o solo ad una questione di bitto, di formaggi, di alpeggi. L'establishment vuole la resa dei conti con i ribelli perché teme che il focolaio si estenda, che i tanti (operatori economici, semplici cittadini) che non hanno il coraggio di ribellarsi a un certo "sistema") siano incoraggiati a uscire dalla dipendenza (sudditanza) a certe "filiere", seguendo l'esempio dell' ex bitto storico.
RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)
BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online
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giovedì 21 luglio 2016
venerdì 17 giugno 2016
Bitto merita promozioni GDO?
I ribelli del bitto sono tali perché dal 1994 sostengono la necessità di mantenere distinto il formaggio degli alpeggi dell'area storica da quello prodotto in tutta la provincia di Sondrio. Dal 2005 anche con metodi "facilitati", ovvero con mangimi e fermenti e senza latte di capra.
Con questa premessa, e pur con la prospettiva di dover cambiare nome al proprio formaggio, i ribelli del bitto si sentono mortificati a vedere in vendita a prezzo da promozione (14,9€/kg) negli Ipermercati un formaggio chiamato bitto di quasi un anno.
Ricordiamo che i produttori del metodo storico ricevono per il prodotto fresco un prezzo all'origine di 15/16 € il kg, pari e in qualche caso anche superiore a quello con cui viene venduto al dettaglio il bitto dop in autunno e ora a quello di ben 10-11 mesi di stagionatura in "saldo".
Quello in vendita all'Iperal di Morbegno, la storica città del bitto ( fiume e formaggio), contiene (anche se non si sente) latte di capra e sarebbe quindi più pregiato (anche se per il "disciplinare dop" il latte di capra è "ammesso" al massimo al 10% quale fosse un elemento negativo).
Pare un profondo errore per una Dop di poche decine di migliaia di forme all'anno seguire la strada scivolosa del concedere alla Gdo l'uso di prodotti "tipici" quali "prodotti civetta". Ma forse le cose non stanno così. Stanno peggio. Ovvero è probabilmente un modo per liberarsi dell'invenduto della scorsa stagione d'alpeggio ora che è iniziata la nuova. E forse, data la qualità, non è neppure un' "offerta" conveniente (provare per credere).
Vi è la possibilità (molto concreta) che si sia tenuto il prodotto che "appesantiva il mercato" in celle a bassa temperatura fermando o rallentando la maturazione (e il calo peso). Sarebbe un ulteriore insulto al bitto, formaggio di gran pregio (prima della Dop) che merita una stagionatura in condizioni tali da consentire ai naturali processi di maturazione di procedere anche per anni. Tenere in cella a 7°C significa che si fa fatica a vendere e/o che si teme che la qualità intrinseca non sia tale da sostenere una (vera) stagionatura oltre l'anno.
Così si depaupera un capitale di reputazione costruito nei secoli. Ma si sa viviamo nell'economia del mordi e fuggi e della furbizia.
Notare la morchia sul piatto della forma e le fessurazioni. Chissà com'era tenuta?
Con questa premessa, e pur con la prospettiva di dover cambiare nome al proprio formaggio, i ribelli del bitto si sentono mortificati a vedere in vendita a prezzo da promozione (14,9€/kg) negli Ipermercati un formaggio chiamato bitto di quasi un anno.
Ricordiamo che i produttori del metodo storico ricevono per il prodotto fresco un prezzo all'origine di 15/16 € il kg, pari e in qualche caso anche superiore a quello con cui viene venduto al dettaglio il bitto dop in autunno e ora a quello di ben 10-11 mesi di stagionatura in "saldo".
Quello in vendita all'Iperal di Morbegno, la storica città del bitto ( fiume e formaggio), contiene (anche se non si sente) latte di capra e sarebbe quindi più pregiato (anche se per il "disciplinare dop" il latte di capra è "ammesso" al massimo al 10% quale fosse un elemento negativo).
Pare un profondo errore per una Dop di poche decine di migliaia di forme all'anno seguire la strada scivolosa del concedere alla Gdo l'uso di prodotti "tipici" quali "prodotti civetta". Ma forse le cose non stanno così. Stanno peggio. Ovvero è probabilmente un modo per liberarsi dell'invenduto della scorsa stagione d'alpeggio ora che è iniziata la nuova. E forse, data la qualità, non è neppure un' "offerta" conveniente (provare per credere).
Vi è la possibilità (molto concreta) che si sia tenuto il prodotto che "appesantiva il mercato" in celle a bassa temperatura fermando o rallentando la maturazione (e il calo peso). Sarebbe un ulteriore insulto al bitto, formaggio di gran pregio (prima della Dop) che merita una stagionatura in condizioni tali da consentire ai naturali processi di maturazione di procedere anche per anni. Tenere in cella a 7°C significa che si fa fatica a vendere e/o che si teme che la qualità intrinseca non sia tale da sostenere una (vera) stagionatura oltre l'anno.
Così si depaupera un capitale di reputazione costruito nei secoli. Ma si sa viviamo nell'economia del mordi e fuggi e della furbizia.
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