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venerdì 4 novembre 2011

Si può fare promozione senza sprecare denaro pubblico (e a favore dei piccoli produttori)

(04.11.11) Il bilancio più che positivo della manifestazione "Formaggi in piazza" a Sondrio rende inevitabile il confronto con la 'pesante' e fallimentare Mostra del Bitto (che con il Bitto c'entra poco) di Morbegno esempio di 'promozione istituzionale'

A Sondrio con una spesa forse cento volte inferiore della Mostra del Bitto di Morbegno è stato realizzato un evento che ha riempito le piazze e lasciato soddisfatti gli espositori (quasi tutti piccoli produttori artigianali di formaggi) e i pubblici esercizi
Bilancio più che positivo per "Formaggi in piazza" l'evento dedicato alle produzioni di montagna che, arrivato alla sesta edizione, ha registrato un netto salto di qualità e di interesse. La mostra-mercato, che si è arricchita di eventi e attrazioni è costata al comune di Sondrio tre-quattro mila euro.


Il bilancio di "Formaggi in piazza" è in attivo non solo perché è costata poco ma anche perché ha offerto molto: stati presenti 65 espositori (che  hanno registrato buone vendite),  centinaia di bambini hanno potuto fruire dell'asinovia ci sono stati convegni, degustazioni, dimostrazioni di home brewing e di antichi mestieri, ristoranti e trattorie hanno lavorato molto bene.


Certo per offrire tutte queste cose c'è stato un impegno che va oltre la misera cifra sopra indicata. C'è stato l'impegno in prima persona degli amministratori (a cominciare dell'assessore al commercio Francesco Ferrara) e dei funzionari comunali, c'è stato l'apporto di volontariato appassionato e competente dei soggetti che hanno collaborato con il comune: Slow Food e il Consorzio salvaguardia Bitto storico con i suoi 'alleati' bergamaschi. Sono state poi sfruttate in modo intelligente strutture esistenti: innanzitutto le belle piazze cittadine, poi il Centro Le Volte. Quest'ultima è una struttura dedicata al vino e ai prodotti del territorio realizzata attraverso la ristrutturazione della vecchia cantina ottocentesca della ex-Enologica valtellinese (il nome fa riferimento alle volte della cantina che ospitava la seconda botte più grande d'Europa). Attraverso questi eventi il Centro, attrezzato con postazioni per degustazioni professionale e una sala convegni vive e non rischia di diventare una 'cattedrale nel deserto'.


Cadendo dopo pochi giorni dall'edizione-capolinea della Mostra del Bitto di Morbegno (ma quanto c'entra ancora il Bitto con quella roba lì?) il confronto è stato impetoso, anche perché a decretare la fine della Mostra di Morbegno - che ha un costo dell'ordine delle centinaia di migliaia di euro - sono stati gli stessi organizzatori (vedi articolo di Ruralpini) che si sono spregiudicatamente sfilati. Per gli enti, e che sfilza, che 'targano' la Mostra del Bitto: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Regione Lombardia, Provincia di Sondrio, Bim, Camera di Commercio, Comune e Comunità Montana di Morbegno dovrebbe essere motivo di riflessione.


Certi eventi e certi meccanismi istituzionali di promozione sono diventati carrozzoni, macchine che servono quasi solo a sé stesse, pretesti per fare avere un sacco di soldi agli enti del 'gusto istituzionale' (i consorzi delle dop e igp, i multiconsorzi, i distretti agroalimentari) e del turismo istituzionale nonché ai soggetti (ditte di servizi, società, professionisti, associazioni) che ruotano intorno a queste cerchie. Soldi che finiscono in 'giri' che portano agli stand vuoti con dentro le brochure, che finiscono in costosissime pubblicazioni patinate magari improvvisate nei contenuti che finiscono nelle cantine o che vengono distribuite 'a spaglio'. Qualcuno (tanti) ci mangia(no) su, è ovvio. La manifestazione di Sondrio ha dato di certo fastidio a certe 'cupole'. Non solo perché ha dimostrato che ci sono formule che evitano lo sperpero di denaro pubblico ma anche perché sono proprio le manifestazioni 'leggere' che servono ai piccoli produttori agricoli. I grandi eventi non solo ingoiano denaro pubblico per redistribuirlo secondo mai cessate prassi clientelari ma finiscono per essere inaccessibili (per via del costo degli stand) ai produttori artigianali, a coloro che producono in montagna, che mantengono con coraggio antiche tradizioni produttive.


A Sondrio nella piazza Garibaldi rbattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del Bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi altri produttori che non è esagerato definire eroici.


A Sondrio nella piazza Garibaldi ribattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi produttori che non è esagerato defini eroici.

Non è facile resistere sugli alpeggi


Tra loro Marilena Giorgis e Aldo Macario che caricano l'alpe Vagliotta in valle Gesso (Cn). Non si arriva con la strada (solo con la moto da trial), delle tre stazioni sono una è stata riattata e le pecore devono fare un lungo cammino per recarsi sui pascoli alti e ridiscendere alla sera per essere chiuse in un recinto a prova di lupo. Nonostante queste fatiche i predatori a settembre hanno ucciso 8 pecore (due sono disperse) approfittando del fatto che i nostri amici pastori si sono lasciati cogliere nel rientro al 'campo base' dall'oscurità con le giornate più brevi. C'erano poi Silvia Fiore e Andrea Scagliotti, due giovani laureati con bambini piccoli che caricano l'alpe Pravaren in alta val Susa (a Venaus noto per la TAV). La strada da loro arriva sino alla casera ma i pascoli sono ripidi e accessibili sono con il cavallo e Andrea deve andare su e giù (l'ultimo pezzo portandosi il carico in spalla) perrifornire di cibo il pastore rumeno che sorveglia le pecore e i cani da guardiania. Anche qui il lupo picchia.

... ma se a resistere sono i giovani ci sono speranze


Il giovane Giacomo Ruiu (alpe di Blessagno in val d'Intevi, Co)(foto sopra) deve confrontarsi con altri selvatici non meno temibili: i cinghiali che gli devastano prati e pascoli. Non è facile resistere alla burocrazia, ai predatori, alla mancaznza di strade. A rendere la vita difficile ai pastori e alpeggiatori coi pensano anche i caseifici industriali. Ivan Albini, altro ragazzo presente tra i 'resistenti' a Sondrio viene da Germasino, paese sino all'anno scorso comune e ora fagogitato da Gravedona e Consiglio di Rumo per fare un 'comunone' come piacciono ai tecnocrati. Ivan all'alpe Nesdale (comune di Plesio) produce un ottimo grasso d'alpe con tanto di latte di capra (più Bitto di tanti bitti dop) ma deve confrontarsi con pascoli che hanno sofferto anni di abbandono. È sostenuto dal comune di Plesio che ha sistemato per bene i fabbricati ma ora  deve affrontare a casa, dove in inverno produce il formaggio magro locale (la Semüda),  la concorrenza del nuovo caseificio industriale Alto Lario, una succursale della Latteria di Delebio (la più grande della Valtellina  nonché protagonista e simbolo della Mostra del Bitto di Morbegno, un po' come il Bitto storico è stato protagonista e simbolo di quella di Sondrio).


Tra i resistenti della piazza c'era anche un personaggio piuttosto conosciuto: Desiderio Carraro dell'azienda Pian du Lares di Veddasca (Va). Desiderio è stato uno dei protagonistoi del recupero dei pascoli dell'alta val Veddasca e del rilancio delle produzioni casearie caprine varesotte iniziato con l'insediamento in una frazione abbandonata (Mulini di Piero) nei lontani anni '70. Carraro fa parte anche del gruppo dei 'Sovversivi del gusto' (per non smentirsi). A Sondrio domenica lo sostituiva la giovane figlia Martina. Una circostanza che ci fa capire come i piccoli produttori abbiano bisogno di soluzioni flessibili (la loro presenza non può protrarsi più di due giorni di solito) ma che conferma anche come nel campo della resistenza casearia ci siano parecchi giovani. Giovani erano anche i rappresentanti di alcuni presidi Slow Food quali quello del Mascalplin della val Bregaglia (canton Grigioni) e del Fatulì della val Saviore (Vallecamonica). Sia quelli del Mascalplin che quelli del Macagn (altro presidio Slow Food che 'resiste' contro il Maccagno industriale prodotto in pianura) alla domenica hanno venduto tutto e al lunedì sono partiti. Un altro fatto da tenere presente in queste manifestazioni: i piccoli produttori a volte hanno veramente quantità limitate. Non sono cose che ci raccontiamo per creare l'immagine delle micro-produzioni eroiche, è proprio vero.


Il panorama della piazza era completato dal presidio del grano saraceno (non un formaggio ma un emblema della valtellina rurale che vuole caratterizzarsi anche per la produzione di materie prime 'antiche' sostituite dalla importazione dal mercato globale. Tra i formaggi c'erano anche i principi delle Orobie che oltre ai presidei Slow food del Bitto storico, stracchino all'antica e Agrì di Valtorta comprendono anche il Formai de Mut dop, il Branzi FTB ('Branzi di Branzi' realizzato con latte di montagna e imitato da 'Branzi' prodotti in pianura con latte di varia origine), lo Strachitunt (in attesa di dop, contestata dai caseifici di pianura che vorrebbero che fosse estesa a tutta la provincia di Bergamo).

A Sondrio si consolida l'unione dei formaggi orobici

Nella foto sopra la panoramica dei formaggi bergamaschi presenti a Sondrio in nome della 'unione dei formaggi orobici'

A Sondrio si è presentata la squadra dei 'formaggi principi delle Orobie'. L'uscita ha consolidato una unione che ha già debuttato a Branzi alla Fiera di san Matteo e a Cheese. O Sondrio gli orobici non giocavano poi molto 'fuori casa' perché proprio di fronte a Sondrio si aprono le valli orobiche del Livrio e di Venina che conducono in val Brembana  attraverso passi per i quali una limitata produzione di Bitto (il grosso era concentrato nelle valli più occidentali) perveniva al mercato dei Branzi. In quest'ultima località per ricordare i vecchi fasti della Fiera di San Matteo e delle numerose casere che a settembre si riempivano di Bitto/Branzi (allora formaggi dalle tipologie sovrapponibili) è sorta l'associazione Fiera di San Matteo che è  stata anche la promotrice (con i ribelli del Bitto storico) dell'alleanza casearia orobica. Vere anime dell'associazione sono Francesco Maroni (caseificio di Branzi) e Ferdy Quarteroni. Ferdy, titolare dell'omonimo agriturismo, è il vulcanico ideatore di tante iniziative che rigiuardano gli alpeggi, i ragazzi e ... i quadrupedi. Suoi sono gli asinelli (tutte femmine dolcissime e pazientissime) che si sono fatti amare da centinaia di bimbi che hanno provato l'emozione di percorrere in groppa all'asino le vie e le piazze della manifestazione. Il servizio di asinovia è stato offerto dall'azienda Ferdy stessa.

Gli eventi collaterali

Formaggi in piazza è stata caratterizzata anche da altri eventi che non sono riuscito a documentare con foto ma che vale la pena manzionare: le dimostrazioni degli antichi mestieri dei Buiatei di Buglio, la dimostrazione di produziuone di  birra artigianale - 150 i litri consumati - dei Labadiena, un gruppo di quattro ragazzi valtellinesi che ha deciso di provare a produrre birra fatta in casa. E poi le degustazioni di Bitto storico e di formaggi ovicaprini d'alpeggio organizzate presso le Volte dal Consorzio salvaguardia Bitto storico edall'enoteca Tabernarium (gestita da due giovani in connessione con Le Volte stesse) . La degustazione di formaggi ovicaprini ha interessato i prodotti degli alpeggi citati: alpe Vagliotta (Cn), alpe Pravaren (To), malga Adamè (Bs), alpe Blessagno (Co), alpe Nesdale (Co) ed è stata guidata  per la parte casearia da Marco Imperiali maestro assaggiatore Onaf e da Gabriele de Luca per la parte birraia.


Unico neo la scarsa partecipazione ai convegni di domenica e lunedì in parte riscattata dal miglior successo di quello con Piero Sardo (foto sopra) di martedì (1° novembre) di cui abbiamo riferito a parte (vai all'articolo)

Dal Bitto storico al futuro dell'alimentazione (e dell'umanità): le riflessioni di Piero Sardo

(02.11.11) Ieri sera Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità ha concluso con una conferenza  la tre giorni di "Formaggi in piazza". Che guarda già all'edizione 2010

A Sondrio Piero Sardo ha affrontato i grandi temi delle produzioni di piccola scala, nonché di origine e qualità specifica, all'interno del più ampio tema della sostenibilità del consumo alimentare. Partendo dal Bitto storico, emblema del cibo buono pulito e giusto. Lungi dall'alimentare contrapposizioni e polemiche Piero Sardo ha lasciato intendere sin dalle prime battute del suo intervento che l'indicare nel Bitto storico un emblema del cibo buono pulito e giusto non deve essere inteso come una svalutazione o una delegittimazione di altre produzioni. Di seguito la sintesi dell'intervento.
Chi produce l'altro Bitto lo fa nella maggior parte dei casi convinto di sostenere una bandiera della Valtellina, di esprimere attraverso questa produzione la storia e l'dentità del territorio. Ciò a cui si richiamano i produttori storici però è diverso.
Il Bitto storico come altri prodotti è legato ad un'origine e caratteristiche molto specifiche, a un luogo ben definito, molto concreto nella sua originalità. Una generica identità di un ampio territorio e una origine ben specifica e delimitata sono cose diverse, non sovrapponibili. Di fatto, però, le produzioni che provengono da questi luoghi e hanno conservato caratteristiche molto peculiari sono le più
fragili, le più deboli. Si tratta di realtà che hanno mantenute ferme scelta di produzione più difficili, che comportano volumi quantitativamente ridotti di prodotto e, inevitabilmente, richiedono ai fini di una remunerazione accettabile dei prezzi più elevati.


Nei decenni trascorsi pareva obbligata e auspicabile una scelta diversa. Si voleva a tutti I costi raggoiungere una massa critica, necessaria per accedere ai meccanismi della grande distribuzione: "Servono 20 mila forme".  Le produzioni di origine specifica, legate a territori molto circoscritti e con caratteri specifici non possono e non potranno mai raggiungere la "massa critica". Dedicando tutte le attenzioni alla massa critica però si è sacrificato molto, si sono sacrificati i luoghi di origine a favore di territori più ampi e meno svantaggiati. Questo fenomeno è avvenuto in tutto il mondo.  
Le esperienze maturate in molte realtà ci suggersicono però che qualcuna delle produzioni di origine specifica legate a territori corcoscritti può resistere se sussistono tre elementi. Il primo fattore in grado di aiutare la resistenza delle piccoole produzioni è rappresentato dalla capacità del consumatore di riconosce e apprezzare il prodotto quale espressione storica e culturale; se il territorio stesso non lo riconosce non c'è alcuna prospettiva. Vi è poi un'altra condiuzione criciale, un passaggio veramente complicato: l'innesco di meccanismi che inducano il consumatore  a spendere di più per prodotti che in ragione di quanto sopra richiamato sono caratterizzati da bassa produttività e quindi da prezzi più elevati rispetto ai prodotti di massa.


Oggi qualche prodotto di origine riesce a sopravvive perché la situazione cominicia a cambiare. A dimostrazione dell'esistenza di un trend positivo dei comportamenti del consumatore va citato l'aumento dei consumi dei prodotti dell'agricolatura biologica, un aumento che lo scorso anno nonostante la crisi ha toccato il 16%. Indipendentemente dalle valutazioni sulla validità dell'agricooltura bio (che comunqe secondo comporta un minor uso di pesticidi e concimi chimici) lo spostamento dei consumatori verso il biologico, in piena crisi economica, evidenzia un cambiamento psicologico in atto. In precedenza erano solo solo alcuni illlusi, sognatori, che si rivolgevano ai prodotti bio. Oggi la penetrazione del prodotto bio è generalizzatà, indice di una diversa disponibilità a pagare di più per certi prodotti.
Resta il fatto che non è facile educare il consumatore ad acquistare prodotti più costosi che, oltretutto si caratterizzano anche per un gusto caratterizzato, a volte aggressivo. Un indice della diseducazione alimentare è riscontrabile nella tendenza dei consumatori a non rifiutare gli alimenti contenenti olio di palma. Un olio che è quasi interamente costituito da grassi saturi (in misura molto superiore al burro ingiustamente criminalizzato) e responsabile della deforestazione di ampie aree del mondo. Purtroppo si fa poca educazione nutrizionale e ancor meno educazione alimentare.  Di conseguenza i consumatori non si pongono interrogativi quali: "come è possibile produrre tutto l'anno", "come è possibile trovare prodotti come le carni a metà prezzo". Lo stresso mantenimento di elevati consumi di carne, anche a livelli nocivi per la salute conferma che siamo lontanissimi dalla diffusione di una sana educazione alimentare.


Per salvare le piccole produzione il consumatore dovrebbe avere più informazioni ma se l'educazione alimentare (scolastica e non) è carente, ancora di più lo è quella veicolata dall'industria stessa attraverso le etichette dei prodotti.  Le etichette non ci raccontano nulla e per queso la filiera corta  è tanto utile e auspicabile. Chi se non un operatore entro una filiera corta può raccontare come è stato ottenuto un prodotto?  Non certo il banconista del supermercato che non sa spesso indicare quale di due formaggi è quello più stagionato. Invece sarebbe indispensabile per orientare le scelte sapere se il produttore ha usato fermenti industriali, se ha usato la carne congelata, quanto ha stagionato il  formaggio. Latte caglio e sale recitano - per legge - le etichette e niente di più. Ma che caglio si è usato? Animale, microbico, vegetale, transgenico?
Il consumatore ha estremo bisogno di informazioni sul "pulito" (al buono ci arriva da solo: "se non mi piace non lo compro più"). Ma  con la bocca a certe informazioni non ci arrivo Hai usato pesticidi? Bisogna pretendere di più, di avere più informazoni che ci consentano di scegliere.
Vi è però un altro punto cruciale anzi decisivo: gli uomini. L'esempio del Bitto è importante proprio per questo. Qui abbiamo a che fare con personaggi che hanno rifiutato le regole del prodotto industriale. Senza questo atteggiamento di resistenza, un po' cocciuto un po' inspiegabile in una società del consumo che cerca solo di ottenere i soldi in fretta è difficile spiegare perché si resta attaccati ad un lavoro più scomodo, più faticoso, più lente Ora questo lavoro è più remunerato di qualche anno fa ma quella dei produttori del Bitto storico resta una scelta poco moderna determinata da un fattore umano di fedeltà al luogo di origine. Per fortuna ci sono anche altri esempi. Noi di Slow Food li chiamiamo "presidi" ma, per fortuna,  ci sono altre forme di resistenza al di là di Slow Food che rimane comunque una realtà piuttosto piccola.


Grazie allo sforzo dei suoi sostenitori il Bitto storico è ben pagato. Troppo? Va detto che non è obbligatorio comprare cibi costosi ma che prezzi elevati sono indispensabili per remunerare i produttori. Il Bitto, in ogni caso, lo si vende e questo è un passo avanti straordinario rispetto ai formaggi italiani. Il Bitto storico non è un alimento di base, non è un cibo quotidiano. Qualcuno però si chiede: "se tutti dovessero vivere mangiando culatello e Bitto storico mangeremmo tutti?"  Intanto va ricordato che noi, solo in Italia, buttiamo via milioni di tonnellate di cibo nella spazzatura. Il consumo è una macchina mostruosa. Ridando voce alle comunità locali. al cibo locale si possono recuperare molto sprechi. Inoltre non si deve dimenticare che, al di là del cibo che va nella spazzatura è possibile ridurre molto i consumi  oggi eccessivi. Non diciamo comunque che l'industria non deve avere alcuno spazio. Essa, però deve dimostrare di operare con coscienza e rispettando la fertilità, il benessere animale, l'equità sociale. Se consideriamo questi aspetto l'agricoltura industriale non può avere futuro e l'unica alternativa è l'agricoltura a piccola scale.

All'esposizione è seguito un breve ma intenso dibattito alimentato da alcune domande cruciali da parte del pubblico. Le notizie della giornata, relative all'aggraversi della crisi finanziaria aleggiavano su questo dibattito inducendo alcuni a considerazioni pessimistiche. La tentazione a considerare il tema del cibo "buono, pulito e giusto" quale aspirazione utopistica, edonistica ed elitaria traspariva da alcune domande poste a Piero Sardo motivate da sincera preoccupazione ma espressione della non ancora diffusa consapevolazza dei termini fondamentali della sostenibilità alimentare. Le risposte fornite da Piero Sardo hanno consentito di chiarire che l'agricoltura industriale si regge su un tragico inganno: noi paghiamo poco, troppo poco il cibo nella grande distribuzione ma paghiamo poi molto cari gli impatti negativi dei sistemi agricoli e zootecnici che hanno fornito all'industria alimentare le materie prime. Lo paghiamo già direttamente o indirettamente (attraverso la spesa pubblica) per le conseguenze dell'inquinamento delle acque, dell'aria, del terreno. Lo pagheremo sempre più in futuro (noi e le generazioni a venire) attraverso le conseguenze della perdita di fertilità, biodiversità, risorse non rinnovabili (compresa l'acqua). Sardo ha citato a questo proposito l'aforisma dell'economiata Kennet E. Boulding: "chiunque creda che una crescita esponenziale possa continuare per sempre in un mondo finito o è un pazzo o un economista".





Diventa socio della Heritage Bitto spa la società etica di commercializzazione del Bitto storico
A Sondrio durante tutta la manifestazione presso gli stand del Bitto storico al cemntro di Piazza Garibaldi ribattezzata Piazza della resistenza casearia sarà possibile sottoscrivere azioni della Heritage Bitto la spa etica che si occupa della commercializzazione del Bitto storico (Heritage Bitto). Chi desidera farlo può anche effettuare il versamento con bonifico bancario e inviare contestualmente il modulo qui sotto. Entro l'anno sarà formaòlizzato l'aumento di capitale e l'entrata dei nuovi soci
Sotto il modulo (potete fare taglia e incolla) da inviare via email dopo aver effettuato il bonifico a:   info@formaggiobitto.com  
(potete allegare la ricevuta del bonifico, ma non è indispensabile)
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AUMENTO DI CAPITALE A SOSTEGNO DEL BITTO STORICO

VENUTO A CONOSCENZA CHE LA SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA CON SEDE IN  VIA NAZIONALE , 31 23010 GEROLA ALTA (SO) HA DELIBERATO DI VOLER AUMENTARE IL CAPITALE SOCIALE

IL SOTTOSCRITTO…………………………………..................NATO A……………...............…..............
IL…………............ RESIDENTE  IN ……………………....................VIA……………....................……..
C.F…………………..................…  TEL…………….............……EMAIL……...................…………………

A CONOSCENZA CHE L’ATTUALE VALORE DI OGNI AZIONE E’ DI € 150,00
CHIEDE  DI POTER  SOTTOSCRIVERE  N°……….. AZIONI  
PER UN TOTALE DI  € …………….........DICOSI  € ……………..........................................…………

BANCA DI APPOGGIO CREDITO VALTELLINESE AGENZIA MORBEGNO
IBAN    IT50  H 05216  52230  0000  0000  4681

DICITURA PER LA BANCA:   VERSAMENTO PER SOTTOSCRIZIONE N° ……. AZIONI 
SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA SEDE GEROLA ALTA 
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info:    info@formaggiobitto.com -  PAOLO CIAPPARELLI 334 332 53 66 (presidente)

giovedì 27 ottobre 2011

"Formaggi in piazza" a Sondrio all'insegna dell'autentico formaggio di montagna

(26.10.11) La mostra-mercato dei formaggi di montagna e d'alpeggio organizzata dal Comune di Sondrio vede quest'anno la presenza di un maggior numero di espositori provenienti anche dalle altre provincie alpine lombarde, dalla Svizzera e dal Piemonte

Più espositori ma anche più eventi quest'anno a Sondrio per la mostra dei formaggi di montagna che vede protagonisti il Bitto storico e Slow Food con i prodotti dei Presidi ma anche con conferenze e imperdibili degustazioni 
 
Dal 30 ottobre  al 1° novembre  Sondrio apre il  proprio centro storico alle eccellenze casearie locali. La Mostra-mercato Formaggi in Piazza – organizzata da Comune di Sondrio - giunge quest' anno alla sesta edizione e si arricchisce di formaggi e derivati da latte crudo. Quest' anno saranno presenti oltre ai 40 produttori agricoli valtellinesi ma anche un consistente numero di produttori degli alpeggi lombardi e piemontesi oltre a produttori delle vicine valli svizzere. Quando una formula di una manifestazione in tema agroalimentare è coerente con tendenze del momento: autenticità, sobrietà, chiara distinzione tra la sfera della piccola produzione artigianale e grande dimensione industriale non c'è crisi che tenga. In più la gente apprezza che si valorizzino strutture cittadine esistenti: il centro storico pedonalizzato, il Centro Le Volte dedicato alla promozione del vino e dlele altre eccellenze valtellinesi. Ancor di più apprezza che non si sprechino soldi pubblici con apparati costosi ed effimeri e si valorizzi il volontariato competente e appassionato.

Bitto storico protagonista

Protagonisti di questa sesta edizione saranno il Bitto storico e Slow Food (presente con diversi presidi locali e non e con alcuni dei suoi massimi esponenti). Il Bitto storico, vero gioiello caseario sempre più apprezzato a livello internazionale, a casa propria - in Valtellina - è stato sinora oggetto di ostracismo in quanto protagonista della resistenza casearia che contesta i compromessi a scapito della tradizione, della storia e della qualità promossi dalle Dop e dai Consorzi di tutela ufficiali. Di più il Bitto storico, vero re dei formaggi, a Sondrio sarà presente insieme ai Principi delle Orobie, i formaggi della grande tradizione casearia orobica (Bitto storico Presidio S.F., Formai de Mut dop, Branzi FTB, Strachitunt, Stracchino all'antica delle valoli orobiche Presidio S.F., Agrì di Valtorta Presidio S.F.)  che hanno deciso di sviluppare una strategia interprovinciale di promozione e valorizzazione giocando sulla storia, la cultura, i percorsi escursionistici intervallivi, le strutture dell'ospitalità rurale e dei rifugi.


Presso il Centro le Volte, centro dei sapori e dei prodotti di eccellenza della provincia di Sondrio in Via Zara 2 (ex-enologica valtellinese)  dalle ore 17.00 sono in programma per i tre giorni dell’evento conferenze pubbliche (martedì 1° novembre parleranno Piero Sardo e Roberto Burdese di Slow Food su: Bitto storico bandiera della resistenza casearia). Alle conferenze seguirà il dibattito e la proiezione di filmati sul tema della manifestazione, quindi  ogni giorno una degustazione guidata di eccellenze casearie  e pregiati vini di valtellina (da non perdere quella  di domenica con bitti storici di 6, 8 e 10 anni di invecchiamento accompagnati da tre prestigiosi Sforzati) .

Sarà disponibile per tutta la durata della manifestazione l’asinovia  (Agriturismo Ferdy di Lenna in Valbrembana) che consentirà a tutti i bambini di effettuare un breve percorso montando gli asinelli.  Nell'area interessata dalla manifestazione, i gruppi tradizionali locali daranno  luogo alla mostra all’ aperto dei vecchi mestieri. I ristoranti cittadini aderenti all' iniziativa proporranno durante le tre giornate menù a tema a prezzi convenzionati

Per il programma di dettaglio scarica programma PDF

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PROGRAMMA  Centro le Volte:

DOMENICA 30 OTTOBRE

ore 17.00: Conferenza di Paolo Ciapparelli, Presidente del Consorzio salvaguardia del Bitto Storico e Michele Corti, docente di sistemi zootecnici all’ Università degli Studi di Milano; Tema: il “Bitto storico: buono pulito e giusto”; Presentazione del libro di Michele Corti:” I Ribelli del bitto. Quando una tradizione casearia diventa eversiva, Slow Food editore”. Al termine della conferenza breve proiezione del documentario: “Bitto: Il Formaggio Perenne”.
ore 19.00: Grande verticale di Bitto Storico a lunghissimo affinamento a cura del Consorzio salvaguardia del Bitto storico: degustazione delle annate 2005/2003/2001 abbinate a tre prestigiosi vini sforzati valtellinesi. Euro 30,00).

LUNEDÌ 31 OTTOBRE

ore 18.00: Conferenza di Fausto Gusmeroli, ricercatore della Fondazione Fojanini nel campo
dell’alpicoltura e della foraggicoltura alpina; Tema della conferenza: “Latte e formaggi, pascoli e prati: quali modelli in Valtellina e nelle Alpi?”. Seguirà dibattito.
ore 19.00: Degustazione guidata di formaggi d’alpeggio vaccini, ovini, caprini e misti degli alpeggi piemontesi e lombardi condotta da Marco Imperiali maestro assaggiatore Onaf e da  accompagnata da birre artigianali lombarde e valtellinesi a cura di Consorzio salvaguardia Bitto storico e Il Tabernario.  Euro 20,00.

ore 17.00: Conferenza di Piero Sardo (Presidente Fondazione Slow Food per la biodiversità) e Roberto Burdese (Presidente Slow Food). Tema della conferenza: “Il Bitto storico bandiera della resistenza casearia”. Seguirà la proiezione del filmato sul Bitto Storico realizzato dalla TV svedese.
ore 19.00: Verticale di tre annate di Bitto storico (2010/09/08 ) abbinata a due vini Valtellina Superiore Docg a cura di Consorzio salvaguardia Bitto storico e Slow Food Lombardia. Euro 20,00).

ATTENZIONE: Per tutte e tre le degustazioni prenotazione obbligatoria presso “Il Tabernario” al n. 0342-053040 / 340-5700262).