RibellidelBitto

Cronache di un gruppo ribelle di produttori agricoli di montagna. E dei loro sostenitori- coproduttori . Davide non si arrende a Golia (lobby agroindustriale foraggiata dal denaro pubblico)

RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)

BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)
La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online
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venerdì 21 agosto 2015

Rivelazioni dei "ribelli": Eataly nuove gaffes sul bitto



Eataly non ne esce dalla questione Bitto. Ad ogni giro di "correzioni", "spiegazioni", "giustificazioni" si conferma che c'è qualcosa che non quadra. Non quadra con quel ruolo di "ambasciatrice del gusto" di cui Eataly si arroga  fingendo persino di sostenere la filosofia di Carlin Petrini del "buono, pulito e giusto".

Ma i "ribelli del Bitto" possono smentire carte alla mano che Eataly sia coerente con tale filosofia.  Distinguiamo però quello che riguarda il Bitto in generale e il Bitto dop in particolare da quello che riguarda il Bitto storico. Vediamo prima ciò che riguarda il primo. 

Non ci siamo. Non si presenta il bitto così

Il Giorno (vai a vedere) ha svelato l'origine del Bitto venduto nel negozio Eataly di NY. E' valtellinese ed è dell'azienda di Berbenno che carica l'alpe Prato Maslino, l'unico bitto bio, come avevamo noi stessi indicato nel post del 16 agosto (vai a vedere). 




Peccato che, come dimostra la foto sotto riportata da il Giorno, la forma in questione, sia per l'assenza di elementi di identificazione che per la tipologia della crosta, non trasmetta al consumatore una corretta idea di come deve essere e presentarsi il Bitto.

Eataly ha giustificato il cartellino con la dicitura "Beeto" dicendo che si tratta di "educazione fonetica" del consumatore (non rendendosi conto di quanto sdrucciolevole e insidiosa è la strada della storpiatura delle denominazioni di origine Dop proprio dove la legge europea non può proteggere da abusi).Il fatto che le leggi americane non impongano il rispetto delle norme con cui in Europa deve essere presentato un prodotto Dop non significa che esse non debbano essere rispettate. Un qualsiasi negozio Usa farà quello che gli pare, Eataly - invece - che si presenta come un'istituzione (e che ottiene evidenti appoggi politici in Italia) non può permettersi di essere meno rigorosa. Anzi, proprio per "educare" il consumatore americano dovrebbe essere ancora più attenta.

Il disciplinare di produzione del Bitto dop (vai a vedere) prescrive: "Aspetto esterno: crosta compatta di colore giallo paglierino che diventa più intenso con la stagionatura, di spessore compreso fra 2 e 4 millimetri". 

Che il Bitto della foto, sia pure valtellinese, corrisponda al Bitto dop nel suo aspetto esteriore (che è ciò che il consumatore coglie con la vista) lasciamo decidere a lettori.

Saranno la ditta fornitrice, Eataly e il Consorzio ufficiale di tutela del bitto (Ctcb) di Sondrio che dovranno chiarire le cose tra loro.

Noi del Bitto storico non siamo direttamente implicati nella questione anche se non ci fa certo piacere che l'immagine del Bitto in generale, in questa storia di Bitto piemontese, Beeto, Bitto con aspetto non da Bitto (e senza elementi di identificazione della Dop), non ne esce certo bene.

I veri amareggiati sono i produttori storici del Bitto, presidio simbolo di Slow Food

Ma le cose non finiscono qui. E' Eataly che maldestramente chiama in causa direttamente il Bitto storico presidio Slow Food commettendo un grave errore perché in questo modo offre il destro ai produttori del Presidio Slow Food che rivelano il loro rapporto con Eataly. 

Dice Dino Borri, head buyer Eataly Usa interpellato da Il Giorno: "Le parole che ho letto in questi giorni mi hanno personalmente amareggiato. Sono quasi 20 anni che cerco in tutti i modi di portare avanti la filosofia del "buono, pulito e giusto".   



Paolo Ciapparelli, il guerriero del Bitto

In questo modo Borri chiama in causa Slow Food, Petrini, i presidi. Forse non sa che i produttori del bitto storico sono non solo amareggiati, ma amareggiatissimi (per non dire altro) nel confronti di Eataly. Il Bitto storico da 15 anni è un presidio simbolo della chiocciola ma Eataly cosa fa?




Per anni nel negozio di Torino a Eataly si sono proiettati video con il Bitto storico e con il "guerriero del bitto" (Paolo Ciapparelli) senza che il Bitto storico venisse acquistato. Poi con l'inaugurazione del negozio allo Smeraldo a Milano sembrava si aprisse la possibilità di un rilancio di rapporti. All'ingresso del grande negozio c'è una maxi mappa della Lombardia con i "prodotti di eccellenza". In Valtellina sono collocati Sfurzat (il vino della Negri) e il Bitto storico. Peccato che il Bitto storico non sia in vendita. E come mai? Perché l'azienda del Farinetti tanto segue la filosofia millantata da Borri che voleva imporre ai produttori del Presidio Slow Food un prezzo sottocosto. Insomma il filantropo Farinetti voleva aiutare i produttori del Presidio Slow Food a ... morire (per chi fosse interessato ci sono le "carte" a cantare" su questa vicenda). Il filantropo Farinetti, vate dell'agroalimentare di eccellenza, acquista Bitto dop, ovvero quello che - con una modifica del disciplinare di produzione, formalizzata nel 2006 dopo 10 anni di dop - utilizza i mangimi e i fermenti industriali e può anche non usare una goccia di latte di capra. Il tutto in spregio alla tradizione (motivo per cui i "ribelli" si sono resi autonomi e hanno costituito il Presidio Slow Food).  


Forse sarebbe stato meglio tacere.




Pubblicato da Michele Corti alle 01:37 1 commento:
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Etichette: Bitto dop, CTCB, Eataly, New York, Presidi, Slow Food

lunedì 4 maggio 2015

Bitto storico alla TV tedesca simbolo dell'Expo "buona"

(04.05.15) Con un reportage dall'Italia che ha per protagonista il bitto storico il principale canale televisivo tedesco presenta ai suoi telespettatori il leggendario formaggio delle alpi lombarde quale simbolo di un sistema agricolo etico camdidandolo a rappresentare l'Expo "buono"



di Michele Corti

In occasione del secondo giorno di Expo, domenica 3 maggio, è andato in onda sul principale canale televisivo germanico (ZDF) un servizio su Expo, fame, biodiversità che ha per protagonista il bitto storico individuato come simbolo di una produzione sostenibile che tutela l'identità delle piccole produzioni artigianali legate alla storia e al territorio, che tutela la biodiversità ma che è anche capace di vera solidarietà partecipando attivamente alla campagna 10.000 orti per l'Africa
Per approfondire i temi che avrebbero dovuto essere quelli dell'Expo (quelli con i quali Milano aveva ottenuto l'aggiudicazione) il più importante canale televisivo tedesco, la rete pubblica ZDF Zweites Deutsches Fernsehen ("Seconda Televisione Tedesca") ha trasmesso il 3 maggio un lungo servizio nel quale il protagonista è il bitto storico (di cui si parla per 8 minuti su 28). Il bitto storico è presentato come un fiore all'occhiello di Slow Food. Introdotto da un'intervista a Carlin Petrini che esprime amarezza per come l'Expo sia diventata una fiera di padiglioni con la perdita di quelli che erano le più interessanti tematiche, inprimis quella di un sistema alimentare globale ingiusto.
Il collegamento tra il tema dell'accesso negato al cibo e un prodotto come il bitto storico lo stabilisce, in modo apparentemente inaspettato (ma poi capiremo perché) un membro etiope di Slow Food impegnato nella campagna "10.000 orti per l'Africa". Sulla base del principio che il problema della fame non si affronta con l'assistenzialismo peloso occidentale (che introduce i sistemi agroindustriali, le monocolture, gli ogm) ma realizzando la sovranità alimentare, tutelando la biodiversità, l'agricoltura contadina, le forme comunitarie.
L'intervista a Paolo Ciapparelli, il "guerriero del bitto", inizia a Bra nella sede di Slow Food a sottolineare il legame profondo e speciale (e possiamo ormai dire... storico) tra la Chiocciola e il formaggio ribelle per antonomasia. All'Expo, un giorno prima che andasse in onda il reportage della tv tedesca, Piero Sardo (presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità), che presentava insieme a Paolo Ciapparelli la storia del bitto storico nello spazio Slow all'interno di Expo, ha affermato: "Tra 400 prodotti tutelati da Slow Food il bitto storico ha un posto particolare".
Da Bra il reportage è proseguito a Gerola alta, dove ha sede quel Centro del bittoche si è guadagnato la fama di "Santuario del bitto". Ma non senza passare prima dal... "Tempio del Bitto" ovvero dallo storico negozio del F.lli Ciapponi nel cuore antico della capitale "nordica" delle Orobie. Pur operando su piani diversi: commerciale i Ciapponi, "di battaglia" e di animazione territoriale Ciapparelli, vi è stima reciproca tra questi due personaggi che rappresentano colonne della "comunità di pratica" del bitto.  
Ciapparelli è il primo a riconoscere il debito verso Ciapponi che sin da prima della metà del secolo scorso, attraverso la sua accurata selezione e conoscenza del bitto (il padre era caricatore d'alpe), ha consacrato il bitto quale "formaggio perenne", ovvero di lunghissima stagionatura. La vetrina con le forme di dieci anni esposte in bella vista, quale orgoglio della ditta, era un'attrazione già negli anni Sessanta come può testimoniare di persona chi scrive che da ragazzino restava estasiato - se vede che c'era qualcosa scritto nel destino - davanti a quelle grandi forme con annate più vecchie di lui (o almeno coetanee).

Il negozio Ciapponi è anche un vero e proprio museo oltre che essere un vero monumento con quelle cantine (quella dei formaggi e qualla dei vini) che scendono tre livelli sotto il piamo stradale.
Grazie al servizio della ZDF (ma sarebbe meglio dire grazie al bitto storico e grazie a Ciapparelli, senza la cui coriacea ostinazione nel perseguire la "buona battaglia" il bitto non ci sarebbe più) milioni di tedeschi hanno conosciuto un bellissimo "alpen dorf" di nome Gerola alta, duecento abitanti in inverno ma tanta notorietà grazie al mitico formaggio che si fa ancora come mille o duemila o anche più anni fa (forse era solo un po' più piccolo e con più latte di capre e pecore rispetto a quello vaccino). Ammantata con una fresca nevicata primaverile Gerola è apparsa al meglio sugli schermi germanici.
Ed ecco il Centro del bitto. All'esterno una palazzina dalle tinteggiature un po' troppo vivaci (non particolarmente brutta ma neppure bella) non lascia supporre come entrando e scendendo al livello interrato si spalanchi una vera e propria "sala del tesoro". Con l'oro degli alpeggi, l'oro delle Orobie.
Il merito della realizzazione della più bella casera di stagionatura delle Alpi (almeno tra quelle di recente realizzazione) non è delle istituzioni, che hanno sino a ieri osteggiato apertamente il bitto storico, ma della Società Valli del Bitto, 114 soci che - oltre a versare il capitale -  hanno dato piena fiducia e un mandato praticamente in bianco a Ciapparelli, il custode del bitto, per realizzare un centro che valorizzasse al meglio un prodotto da leggenda. I "muri" sono del comune di Gerola che riscuote un canone che, invece di essere di sostegno per l'azione che il Centro del bitto svolge per far conoscere il paese e per tenerlo vivo,  è palesemente al di sopra dei valori di mercato. Ma questo è parte della "strana" storia del bitto.
Contestati come "trogloditi" dai saccenti esperti di filiere agroalimentari e di marketing, Ciapparelli e i suoi hanno inventato il marketing delle forme in dedica. Questa forma di valorizzazione commerciale consente una vendita anticipata alleggerendo l'annoso problema di immobilizzo finanziario (con le dolenti note degli interessi passivi corrisposti agli istituti di credito)  che affligge chi fa qualità utilizzando i tempi lunghi quale fattore di produzione.  Una lezione di creatività commerciale a quelli che Paolo chiama affettuosamente i "brocchi" (è troppo buono per usare apprezzamenti offensivi).
La modalità delle vendite attraverso le forme in dedica trova svariate applicazioni. Ci sono forme delicate per i ristoranti, per le associazioni, per celebrare particolari eventi familiari o collettivi. Queste forme in dedica finiscono anche in Giappone, Stati Uniti, Germania (come quella mostrata sopra da Ciapparelli). Non vale la pena aggiungere parole per sottolineare il valore di veicolo promozionale di queste forme. Ma le forme dedica possono raggiungere anche altri scopi come quella che vediamo nel fotogramma sotto vergata sotto l'obiettivo della videocamera dalla mano della giovane "calligrafa" Gloria, l'ultima neo assunta dalla Società valli del bitto.  Destinata all'asta del 13 maggio (Bolaffi) in Piazza della Scala a Milano, insieme ai migliori vini italiani (ovviamente sull'onda di Expo).
Pur avendo non poco bisogno di autofinanziarsi il bitto storico devolverà l'incasso dell'asta alla campagna 10.000 morti per l'Africa (nella foto sopra tradotta in tedesco per i telespettatori germanici). Il bitto storico è già campione di sostenibilità e di "agricoltura etica" rifiutando i mangimi che contengano materie prime spesso OGM prodotte oltre mare sottraendo la terra alle comunità contadine. Persegue caparbiamente la tutela e la valorizzazione delle razze autoctone (la capra orobica e la mucca bruna alpina originale). Il pascolo utilizzato da questi animali rustici, che sanno sfruttare anche le colme più aperte sassose, senza sottrarre un m² alla produzione di cibo per gli esseri umani.
Da questo punto di vista il bitto storico potrebbe ritenersi più che in pace con la propria coscienza, con l'etica ambientale e sociale alle quali si ispira. Ma il bitto storico non si accontenta amari, vuole fare il massimo. Sempre.
Nel 2011, a Cheese, furono battute all'asta tre forme di bitto storico che incassarono complessivamente 6.000 mila euro per la campagna 1.000 orti per l'Africa (nel frattempo l'obiettivo si è decuplicato). Il ragazzo etiope che abbiamo visto sopra utilizzò quei 6 mila euro per un progetto sul campo gestito da lui stesso. Tutto trasparente (altro che ONG miliardarie). Così la ZDF ha voluto rendere omaggio all'bitto storico con un commovente fotomontaggio in cui la forma dedicata ai "gärten für Afrika" si trasforma in un orto comunitario.

Tra le forme di bitto storico che andranno all'asta in piazza della scala a Milano il 13 maggio vi è anche una gloria millesimata 2000 (fotogramma sotto).
Con l'incantevole paesaggio della Valgerola ammantata di bianco sullo sfondo la televisione tedesca ha inserito un filmato sulla produzione estiva in alpeggio mandando in onda vacche brune e capre orobiche.
Il servizio ha voluto far vedere ai telespettatori come vivono le regine delle proprie durante il periodo invernale. Per farlo Ciapparelli ha condotto la troupe alla stalla il legno di Alfio Sassella uno dei caricatori d'alpeggio del bitto storico nonché presidente della neonata Associazione lombarda degli allevatori della razza bruna originale e consigliere dell'altrettanto recente Associazione produttori formaggi di capra orobica.
All'epoca in cui fuori dalla stalla la neve è ancora alta dentro risuonano i belati dei vispi capretti orobici. Che con dei papà così affettuosi come Alfio e Paolo non possono non avere davanti a sé una vita di libertà in montagna. E anche questa forma di rispetto degli animali, delle loro attitudini e caratteristiche comportamentali e fisiologiche fa parte dell'etica del bitto storico.

Pubblicato da Michele Corti alle 14:53 Nessun commento:
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Etichette: Expo, Petrini, Slow Food

giovedì 13 novembre 2014

Slow Food saluta con entusiasmo la rivincita del Bitto


Slow Food saluta con entusiasmo l'accordo tra il Consorzio salvaguardia del Bitto storico e il Consorzio tutela Bitto e Valtellina Casera con le parole di Piero Sardo, grande amico e sostenitore del Bitto storico, sempre  al fianco del produttori anche nei passaggi più difficili e impegnativi anche per la chiocciola.  





fonte: http://www.fondazioneslowfood.it/pagine/ita/news/dettaglio_news.lasso?-idn=330#.VGRv6PmG98H



La rivincita del Bitto/Bitto's victory

12/11/14


Si dice che i montanari abbiano la testa dura. Ed è così a ben guardare la storia dei ribelli del bitto. Storia che ieri ha avuto il suo epilogo finale con la firma dell'accordo tra il Conzorzio per la salvaguardia del Bitto storico, il comune di Gerola e il Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera.

Ma procediamo con ordine. Bisogna risalire a vent'anni fa, al 1994, quando ha inizio la contestazione dei produttori dell'area storica del Bitto (Valli del Bitto) nei confronti di una Dop che allargava la produzione a tutta la provincia di Sondrio. Una contestazione che divenne più aspra con la modifica del disciplinare e l'introduzione dei mangimi nell'alimentazione in alpeggio e dei fermenti selezionati (2005), con la temporanea uscita dei produttori storici dalla Dop (2006) e con le sanzioni comminate dal Ministero nei loro confronti (2009).



Nel frattempo però i produttori non si sono dati per vinti e hanno trovato numerosi compagni di strada. Giornalisti, gastronomi, associazioni ma soprattutto Slow Food che, con loro, ha avviato un Presidio con un disciplinare di produzione severissimo: il Bitto storico prevede l'uso del 10-20% di latte di capre orobiche, la produzione esclusivamente sui pascoli (tra i 1400 e i 2000 metri) durante i mesi estivi , l'uso della legna per alimentare il fuoco sotto il paiolo in cui si riscalda il latte (arricchisce l'aroma del formaggio), l'uso di attrezzi in legno anziché di solo acciaio o plastica (contribuiscono a mantenere e sviluppare la microflora spontanea del latte e quindi dona caratteristiche organolettiche particolari a ogni forma), la salatura a secco nelle fascere di legno (favoriscono la formazione di una crosta più delicata sul formaggio, ottenendo quindi una migliore maturazione).

Il bitto ha partecipato a tutti gli eventi Slow Food, ai Mercati della Terra, ai gruppi di acquisto e agli scambi tra produttori di tutto il mondo diventando un emblema internazionale di resistenza casearia e di tutela della biodiversità. Inoltre l'associazione dei produttori del Presidio alcuni anni fa avviò in Val Gerola (provincia di Sondrio, Italia) un centro di affinamento e promozione, collettivo, per valorizzare la produzione del bitto. Per reggere lo sforzo finanziario necessario è stata istituita un'apposita Spa che ha raccolto adesioni e finanziatori anche tra privati non legati al mondo della caseificazione. Il progetto in questi anni ha rilanciato il prodotto d'alpeggio, assumendo il ruolo di facilitatore nella filiera e di polo di promozione di questo prodotto supportando così la comunità di produttori e la loro attività di gestione dei pascoli.

Oltre a resistere, i ribelli si sono rafforzati (costituendo un problema crescente per chi si rifiutava di legittimarli), portando così a un cambiamento e all'accordo di oggi con le istituzioni.

«Per anni in Italia (con qualche eccezione, specie nel settore enologico)», ha affermato Paolo Ciapparelli, referente storico del Presidio «la 'compattezza' di un prodotto e di un territorio si è misurata sulla negazione delle differenze. In Francia, dove le denominazioni di origine risalgono al XIX secolo, i grandi vini prestigiosi hanno adattato le Doc a sistemi di classificazione che valorizzano le eccellenze sancite dalla storia, corrispondenti ad aree limitate ed elevatissimi livelli qualitativi. Esse trascinano a cascata aree produttive più vaste. Le decine di migliaia di bottiglie trascinano i milioni. Il modello Bitto (su scala ridotta) può funzionare nello stesso modo con vantaggio reciproco».

 «Caseificazione eroica: è il solo modo corretto di definire l'attività degli allevatori del Bitto quando salgono in malga e fanno formaggio» dichiara Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus. «Fatica, dedizione, saper fare, testardaggine: tutte caratteristiche che valgono a definire la loro visione della vita e delle proprie tradizioni e che probabilmente ha pochi eguali nel mondo. Ed ora finalmente vedono riconosciuta ufficialmente la loro specificità: è un bel giorno per altri piccoli produttori che possono sperare di ottenere lo stesso risultato, è un bel giorno per Slow Food che li ha sempre accompagnati rispettandone le decisioni, ma soprattutto è un magnifico giorno per loro, per i ribelli del Bitto che ora possono guardare al loro futuro con maggiore tranquillità».

Non c'è esempio migliore di questo, dunque, per esemplificare la forza e l'importanza della rete. Di Slow Food e dei suoi Presìdi.

English version

They say that the people of the mountains are stubborn, and the story of the Bitto rebels certainly bears this out. The final chapter in the story came yesterday with the signing of an agreement between the Consorzio per la Salvaguardia del Bitto Storico (the consortium for safeguarding heritage Bitto), the municipality of Gerola and the Consorzio di Tutela Formaggi Valtellina Casera (the consortium for the protection of Valtellina Casera cheese).

But first let's go back to the story's beginning, 20 years ago, in 1994, when the producers from the historic Bitto area (the Bitto valleys) began their fight against a PDO (protected denomination of origin) that expanded production to the whole province of Sondrio. The struggle became even more bitter with changes to the specifications and the introduction of feed to the Alpine pasture diet and selected starter cultures (2005), the temporary exit of the historic producers from the PDO (2006) and the sanctions imposed on them by the Italian Agriculture Ministry (2009).

The producers never gave up, however, and along the way they found many supporters: journalists, gastronomists, associations and, above all, Slow Food, which worked with them to set up a Presidium with a very strict production protocol. Heritage Bitto must be made with the addition of 10 to 20% Orobica goat's milk and can be produced only in mountain pastures (at altitudes between 1,400 and 2,000 meters above sea level) during the summer months. Wood must fuel the fire under the cauldron in which the milk is heated, adding complex layers to the cheese's final aroma. Wooden utensils must be used instead of just steel or plastic, which helps to maintain and develop the milk's natural microflora and give specific sensory characteristics to each cheese. The cheeses must be dry-salted inside their wooden molds, to encourage the development of a more delicate rind and ensure better aging.

Bitto has featured in all of Slow Food's major events, the Earth Markets and buying groups, and the producers have taken part in exchanges with other cheesemakers from all over the world. Bitto has become an international emblem of Slow Cheese and biodiversity protection. A few years ago, the Presidium producers' association opened a collective aging and marketing center in the Gerola Valley, in the province of Sondrio, to promote Bitto production. To raise the necessary investment, a limited company was set up to gather support and funding, including from individuals not connected to the cheesemaking world. The project has relaunched the mountain cheese, taking on the role of facilitator within the distribution chain and promotion hub for the cheese, supporting the community of producers and their pasture management activities.

Over the years, the rebels have grown stronger, creating an increasing problem for those who refused to legitimize them. This has eventually led to a change in the situation and the current agreement with the authorities.

"With some exceptions, especially in the wine sector, for years in Italy the ‘cohesion' of a product and a place was measured based on the negation of differences," said Paolo Ciapparelli , the Presidium's long-standing coordinator. "In France, where the denominations of origin date back to the 19th century, the big prestigious wines have adapted the DOCs to classification systems that add value to historically excellent products, corresponding to limited areas and very high quality levels. They end up pulling larger productive areas behind them. The tens of thousands of bottles stimulate millions. The Bitto model, on a reduced scale, can work in the same way, with mutual advantages."

According to Piero Sardo, the president of the Slow Food Foundation for Biodiversity, "heroic cheesemaking" is the only way to define the work of the Bitto farmers as they make cheese up in the Alpine pastures. "Hard work, dedication, know-how, stubbornness: all characteristics that can be used to define their vision of life and their traditions, a vision which probably has few equals in the world. And now finally they are seeing their distinctiveness being officially recognized. This is a good day for other small-scale producers who can hope for a similar result. It is a good day for Slow Food, which has always supported them, respecting their decisions. But most of all, it is a magnificent day for them, for the Bitto rebels who can now look more happily to their future."

We can think of no better example of the strength and importance of the network, of Slow Food and its Presidia.

Pubblicato da Michele Corti alle 01:03 Nessun commento:
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domenica 24 novembre 2013

Progetto "Vie dei principi delle Orobie":

Fuori la neve dentro tanto calore per il Bitto storico e gli altri Principi delle Orobie 



Gerola Alta (24.11.2013) - Oggi presso il PalaGerola si è svolta la manifestazione di presentazione del progetto "Le vie dei Principi delle Orobie verso l'Expo 2015". Il clima era di anticipo d'inverno. Al di la delle ampie vetrate della  struttura si potevano scorgere tetti e abeti carichi di neve. Dentro, però, non è mancato il calore dell'accoglienza riservata dai presenti ai Principi (i formaggi degustati nella mattinata), al menù degli chef di Slow Cooking, e alla presentazione del progetto delle "Vie dei principi".

Rappresentati delle condotte lombarde di Slow Food e fedeli e appassionati  sostenitori del Bitto storico non si sono lasciati scoraggiare dalle previsioni meteo poco incoraggianti. Sono venuti dalla Valtellina, dalla Brianza, da Lecco, dalla Val Varrone, da Bergamo, da Varese.

C'erano anche i rappresentanti degli altri Principi venuti per l'occasione dall'alta Valbrembana, da Taleggio, dalla Valle Imagna (Locanda Roncaglia). Dalla Val Poschiavo è arrivato Plinio Pianta il presidente di Amamont (l'associazione transfrontaliera amici degli alpeggi e della montagna). Presente anche Enrico Dioli, presidente dell'associazione Valtellina nel futuro.




La presentazione del progetto 

Per presentare il progetto sono intervenuti Paolo Ciapparelli (presidente del Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico), Lorenzo Berlendis (Slow Food Lombardia), Alvaro Ravasio (presidente del Consorzio per la tutela dello Strachitunt SVT Dop), Michele Corti (Soc. Valli del Bitto e animatore del percorso di progettazione delle Vie dei Principi). 


Ciapparelli ha ripercorso le tappe che hanno portato a ristabilire rapporti di amicizia e di collaborazione tra comunità collocate in due diverse provincie ma unite da antichi e profondi legami e lontane solo pochi chilometri in linea d'aria. 
Dall'idea di realizzare delle escursioni tra queste località collocate intorno al Pizzo dei Tre Signori si è arrivati a concepire una collaborazione di più ampio respiro tra località e formaggi, in questo allargamento, è maturata quasi spontanea l'idea dei "Principi delle Orobie" che si è concretizzata nella partecipazione comune a importanti eventi (a partire da Cheese 2011). Parallelamente si è passati a concepire un'insieme di itinerari per collegare alpeggi e caseifici legati alla produzione del "Principi" coinvolgendo i rifugi ed altre strutture turistiche.

Berlendis ha ribadito l'interesse con il quale Slow Food segue l'evoluzione del progetto del Principi. Non solo perché comprendono ben tre presidi Slow Food ma anche perché rappresentano un modello virtuoso. Ha anche sottolineato come, nell'ambito del coinvolgimento di Slow Food nell'Expo (con una probabile presenza con spazi espositivi), progetti come quello dei Principi non potranno non avere spazio e attenzione. Questi prodotti, infatti, richiamano quali sono o dovrebbero essere i temi ispiratori dell'Expo. Essi, per di più si prestano a richiamare l'attenzione sul ben diverso ruolo dei diversi modelli di produzione alimentare in termini di impatti ambientali e di trasformazioni climatiche.

Ravasio, che oltre che presidente del Consorzio Strachitunt è imprenditore caseario in Val Taleggio, ha messo l'accento sull'importanza che i soggetti imprenditoriali del territorio (dalle aziende agricole, alle rivendite alimentari, agli artigiani) diventino protagonisti in prima persona delle iniziative che li riguardino imparando a non delegare a associazioni di categoria, politica, amministrazioni pubbliche la soluzione dei loro problemi. Una sottolineatura che si traduce nell'invito a fare rete e ad attuare iniziative senza aspettare nessuno.

Il segreto dei Principi: leggere la storia e il territorio, costruire reti di fiducia e collaborazione sincera

A Corti è toccato presentare il progetto nei suoi contenuti ormai ben delineati. Ha ripreso gli spunti dell'intervento di Ciapparelli sui rapporti tra le valli orobiche evidenziando come le idee forza del progetto "Vie dei Principi" nascono dallo studio della storia. Le Orobie occidentali rappresentano un grande comprensorio pastorale in forza di clima e orografia, ma sono anche in connessione con la Valtellina, il Lago di Como, Bergamo e - tramite Como e Lecco - con Milano. Un mondo alpestre ma non "fuori dal mondo". 




Il Bitto e il Branzi (nome che un tempo assumeva il Bitto commercializzato sulla piazza di Branzi in alta Val Brembana) viaggiavano l'uno sulla via d'acqua del Lario, l'altro per la via Priula godendo di due vie che per gli standard dei secoli passati erano "autostrade". In più la connessione strettissima tra Orobie occidentali e città e pianura lombarda era costituita dalla transumanza stagionale dei bergamini/malghesi che ogni primavera (dal XV al XX secolo) risalivano con le loro "bergamine" (mandrie lattifere) dalle cascine che li avevano ospitato nella Bassa verso gli alpeggi della Valsassina, Valle Imagna, Val Taleggio, Alta Val Brembana, Val Tartano ed anche Valli del Bitto. Territorio in parte rude e poco ospitale, genuinamente alpestre e pastorale, ma nel suo genere ricco e collegato ai centri economici. Oggi questo dualismo: una montagna "vera", una realtà pastorale autentica ma al tempo stesso facilmente accessibile da tre lati: da Nord, dal Lago di Como, da Sud (Lecco e Bergamo) è l'elemento di forza di un progetto di lancio turistico delle Orobie occidentali quale destinazione pregiata di turismo gastronomico e culturale in un contesto di paesaggi e itinerari di montagna. La leva è rappresentata da una concentrazione di formaggi artigianali quale nessun altro territorio può vantare. Grazie ai Principi le Orobie possono divenire conosciute in tutto il mondo quale "terra alta di grandi formaggi".  Poi c'è la grande risorsa dei rifugi, dei sentieri, delle testimonianze storiche (vie commerciali, miniere, chiese affrescate, borghi storici). 



Su queste basi si è elaborata una proposta di offerte turistiche differenziate (visiter accompagnate, pacchetti, supporti alla fruizione "libera") che presuppone una stretta collaborazione intervalliva e tra operatori di diverse categorie. Si tratta di offrire supporti informativi, servizi di navetta, di accompagnamento, di prenotazione efficienti. Una bella sfida, ma anche 
un'occasione per fare un salto di qualità, un'occasione di quelle che si presentano una volta sola nella vita. Un'occasione, per esempio, per imparare a coordinarsi, a non organizzare eventi in contemporanea, a ribaltare concorrenzialità sterili in complementarietà.  Occorrerà molta formazione, molta professionalità, ma anche tanta disponibilità a lavorare insieme, a partecipare, a proporre, a superare le difficoltà.  


Rispetto ai grandi progetti affidati dalle istituzioni a centri e società specializzate che operano a tavolino questo progetto ha il vantaggio di ridurre notevolmente gli investimenti e di puntare a prodotti alla portata di mano degli attori locali, espressione dei loro obiettivi. Serviranno certo anche risorse finanziarie ma si preferisce puntare su sponsor privati. Le istituzioni, se vorranno, appoggeranno.

Il Bitto storico da la forza di credere e sperare anche a chi vuole produrre vino, mele, miele in modo naturale

Dopo la presentazione del progetto delle "Vie dei Principi" c'è stato tempo per qualche conversazione con amici vecchi e nuovi. Poi ci si è trasferiti al Centro del Bitto. La tappa nella casera di stagionatura, nel "Santuario del Bitto" è d'obbligo anche per chi lo conosce bene. Ogni volta il profumo che sale dalle scale mentre si scende al livello inferiore ti cattura come fosse la prima volta e, una volta scesi tra le scansie, non si può fare a meno di avvertire la potenza della magia del "tesoro delle Orobie". Dentro nel "santuario" si dimenticano le difficoltà e i dubbi. Quello che è stato fatto per mantenere questa realtà è comunque ben fatto.
Al Pala Gerola, e poi nel magico ambiente del "Santuario", i discorsi sul Bitto e i principi si sono intrecciati con quelli di altre realtà oltre ai formaggi. Si è parlato anche di vino e di miele con produttori valtellinesi che fanno riferimento all'esperienza del Bitto quale esempio. Non sono pochi i "ribelli del cibo naturale" che nel difficile contesto di una Valtellina dell'agroalimentare "di plastica" (immagine di montagne immacolate, realtà di materie prime global) lottano per affermare idee di agricoltura naturale, si sforzano di andare controcorrente

Quando si scopre che c'è chi trae fiducia e ispirazione da quanto fatto dal Bitto storico si ha l'impressione confortante che i semi non siano finiti sulla strada o tra i rovi, che l'esempio di chi tiene la schiena diritta produca frutti. 
E' chiaro che il Bitto storico non è solo un formaggio ma un  punto di riferimento per chi in Valtellina (e anche più in là) guarda ad un'altro modo di concepire non solo l'agicoltura e la produzione alimentare ma tutta la gestione del territorio e lo stesso "sviluppo".




Pubblicato da Michele Corti alle 14:47 2 commenti:
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Etichette: Pala Gerola, principi delle Orobie, Slow Food

sabato 16 novembre 2013

Domenica 24 a Gerola con i Principi delle Orobie

(16.11.13) A Gerola alta, la culla del Bitto storico, recentemente conosciuta da milioni di telespettatori grazie al servizio di Striscia, si terrà domenica prossima un evento... storico. Si parlerà del grand eprogetto "Principi delle Orobie"

Casari resistenti

e Principi delleOrobie
 
a Gerola alta (So) PalaGerola - domenica 24 novembre
 


Con il sostegno di Slow Food Lombardia e di Terra Madre (e la collaborazione degli altri “Principi”)nto il Consorzio per la Salvaguardia del Bitto storico, la Pro Loco Valgerola, l'Ecomuseo Valgerola organizzano un evento che segna l'avvio del grande progetto
i formaggi  “PRINCIPI DELLE OROBIE”
Degustazioni, incontri, confronti e dibattiti attorno ai 6 formaggi i cui produttori hanno sottoscritto il Progetto PRINCIPI DELLE OROBIE, un progetto fortemente innovativo che si propone quale motore di sviluppo turistico e territoriale in tutto il massiccio delle Orobie occidentali rispolverando in chiave attuale e multifunzionale, la centralità dell'economia pastorale e casearia.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA
10,30 LABORATORI DEL GUSTO con i formaggi “Principi delle Orobie”
13,00 PRANZO CONVIVIALE curato dagli chef di Slow Cooking dell'Osteria del Crotto di Morbegno, dell' Osteria al Gigianca di Bergamo e del Cantinone di Madesimo (vedi a fianco).
14,30 CONFERENZA di presentazione del Progetto nel corso della quale verranno illustrati i motivi ispiratori e gli obiettivi e fornita una anticipazione sugli Itinerari dei Principi delle Orobie verso Expo 2015
16,00 VISITA GUIDATA AL CENTRO DEL BITTO con la casera-museo-centro di cultura dove si trovano forme in invecchiamento oltre 10 anni nel Sancta Sanctorum del Santuario del Bitto
MENU' DEI PRINCIPI DELLE OROBIE (30 €) PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
Pizzoccheri di Gordona mantecati al Branzi
Stinco di maiale con schiuma di Bitto storico
Mousse all’Agri’ della Valtorta con cialda alle castagne e salsa di cachi
Vini (compresi nel menù) della casa vinicola valtellinese Nino Negri
Servizio a cura della Pro Loco di Gerola Alta
I“principi” sono: tre presidi Slow Food: Bitto storico PSL, Agrì di Valtorta PSL e Stacchino all'antica della Valli Orobiche PSL, più tre formaggi storici delle valli orobiche bergamasche: Formai de Mut DOP, Strachitunt DOP e Branzi FTB
info: Paolo Ciapparelli 3343325366 info@formaggiobitto.com

Pubblicato da Michele Corti alle 10:33 Nessun commento:
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