RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)

BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)
La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online
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martedì 11 luglio 2017

E' ufficiale: lo "storico " formaggio si sposta a Morbegno

Con un comunicato ufficiale della società valli del Bitto benefit, a firma del presidente Paolo Ciapparelli, è stato annunciato un importante avvenimento che avrà luogo entro il 2017: l'apertura della nuova sede dello "storico ribelle" presso lo storico Palazzo Folcher di Morbegno.  


Coerente con la sua storia lo "storico ribelle" ha sempre fatto affidamento sulla generosità e sulla lungimiranza dei privati cittadini . L'apertura di una sede a Morbegno rappresenta la realizzazione di un sogno: il formaggio storico trova "casa" in una sede prestigiosa, con secoli di storia alle spalle, in un contesto che rappresenta un riferimento noto e importante nella città. Grazie alla generosità e lungimiranza della famiglia Colombini, gli  attuali proprietari, che si sono  assunti l'onere di un impegnativo restauro conservativo e che concederanno in uso alcuni spazi  alla società valli del Bitto benefit  per un ambizioso progetto di valorizzazione dell'immobile ma anche della porzione urbana in cui inserito, della città e del mandamento. 

I locali dell'attuale "casera" di Gerola  verranno comunque utilizzati sino alla scadere del contratto, nel 2033. I canoni d'affitto, sono stati infatti corrisposti anticipatamente al comune di Gerola. Gli orari e i giorni di apertura saranno però, una volta aperta la sede a Morbegno, riconsiderati alla luce delle esigenze della società .


Il Giorno del 4 luglio 2017

A Morbegno perché il territorio di riferimento va oltre le valli del Bitto


La scelta dello spostamento a Morbegno del cuore dell'attività dello "storico ribelle" è legata alla volontà di allargare il territorio di riferimento di questa storia affascinante di formaggi e di alpeggi oltre la "ridotta" delle valli del Bitto e Morbegno, storicamente legata alla commercializzazione del formaggio bitto, una sede naturale. 


La Provincia del 3 luglio 2015


Dove si va? Una collocazione che non potrebbe essere più bella: il Palazzo Folcher 

Il palazzo, ristrutturato nel XVIII secolo (come denuncia la facciata), presenta una struttura originaria medioevale costituita da ambienti sotterranei voltati adibiti a cantine  e magazzini e da stanze, collocate al piano terreno e a quello soprastante, utilizzate come botteghe e abitazioni. Originariamente l'area dove sorsero le strutture originali era rappresentata da una porzione urbana caratterizzata dalla presenza di case-botteghe. Lo spazio sul quale si affaccia l'attuale palazzo era chiamato "Piazza grande" poi, dal Seicento, "Trivio del mercato". Il tutto a sottolineare la funzione commerciale legata alla posizione tra il nucleo urbano centrale e le vie di comunicazione (il vicino ponte sul torrente Bitto).   

Il palazzo attuale prese forma anche annettendo strutture  vicine. Esso assunse nel complesso un aspetto signorile in coerenza con le trasformazioni del periodo che vide la crescita d'importanza della zona per la presenza di altri palazzi nobiliari, edificati da eminenti famiglie (palazzo di vicolo Scenaia, palazzo Melzi). Non cessò, però, di svolgere funzioni anche di tipo commerciale e di rappresentare un elemento riconoscibile per la città, specie nell'Ottocento con l'importanza del caffè che si mantenne nel Novecento con il  "caffè-pasticcieria Folcher" che durante la belle époque, e per gran parte del secolo successivo, fu l’elegante ritrovo della borghesia locale. Esso era anche un luogo accogliente per gli intellettuali e una specie di caffé letterario con tanto di biblioteca a disposizione degli avventori. 

Ci piace vedere nel racconto del Folcher fatto di storia, signorilità, operosità commerciale e artigiana, cenacolo intellettuale unelemento di grande auspicio, un solco già tracciato che per lo "storico" rappresenta una sfida impegnatica ma anche una fantastica opportunità di cogliere una grande eredità. 

Il nome attuale del palazzo risale agli inizi del Novecento. Nella  seconda  metà  del  XIX secolo si susseguirono vari proprietari: l'edificio passò dapprima dalla famiglia Calderari agli Oreglia d'Isola, poi fu venduto nel 1899 a Giacomo Folcher. La famiglia Folcher proveniva dai Grigioni ed era (ed è rimasta) ben radicata a Morbegno, da essa uscirono, canonici, cancellieri, ufficieli dell'esercito. Essa operò il restauro dell'edificio  al piano terra del palazzo settecentesco.

Grazie ai valori storici (come si deduce dalle brevi note sopra riportate) , a quelli di integrità archettonica esterna ed interna, alla preziosità degli apparati decorativi, alla complessa e pregiata architettura,  la Direzione per i beni culturali e artistici della Lombardia  ha decretato (7.11.2014)  che il bene "Casa Folcher e giardino" è da considerare "di interesse storico-artistico e storico-relazionale particolarmente importante" ai sensi del Codice dei Beni Culturali  e del Paesaggio. Ciò significa che il bene è sottoposto a tutte le disposizioni di tutela (vincoli) contenuti nel Codice stesso. 

La ricca facciata, a  buona  integrità  dell'assetto  interno  e  del  suo  apparato decorativo permettono di segnalare  l'edificio quale notevole esempio dell'arte e della storia della città di Morbegno .

Vediamo allora come si presenta la struttura dell'edificio (che era al tempo stesso destinato ad abitazione e ad attività comemrciali) . Esso si sviluppa su tre livelli. Un ampio androne immette su una corte porticata  sulla quale si affacciano vari ambienti.  Due ampi locali dei vari appartamenti di cui si componeva l'edificio  sono di particolare pregio: uno presenta un soffitto con decorazioni a stucco con motivo araldico  centrale,  databile  agli  anni  '70-'80  del  XVIII  secolo. Un  secondo  ambiente,  collegato  al  precedente,  permette  l'uscita  su  una  terrazza affacciata sul giardino. Anch'esso  presenta  pareti e soffitto interamente  dipinti. 


Come verranno utilizzati gli spazi

Lo "storico ribelle" utilizzerà un'ampia sala a piano terra con accesso diretto dal cortile principale, sala che presenta dei dipinti di natura floreale che ben si intonano con l'ampio giardino verso il Bitto a cui si accede direttamente con apposita scala. In questo spazio verrà allestito il punto di degustazione e vendita dei prodotti tipici. L'apertura di questo spazio consentirà di valorizzare al meglio non solo lo "storico" ma anche tutti i prodotti dei casari-alpigiani dello storico formaggio d'alpeggio e quelli dei produttori che, in Valtellina e nelle Orobie, si stanno mettendo in rete con i "ribelli del bitto". Saranno valorizzati i prodotti (bnon solo caseari) di contadini (singoli o associati) che credono nei valori di una nuova agricoltura etica e resistente, aperta all'innovazione e alla cooperazione ma anche salda nella tradizione, capace di porsi come espressione della cultura e dell'economia del territorio e di  interagire in modo virtuoso con altri operatori del commercio e del turismo.

La corte interna in fase di ristrutturazione


Non a caso nel progetto di valorizzazione degli spazi concessi nell'ambito del Palazzo Folcher si parla esplicitamente di presidi Slow Food (non solo "storico ribelle" ma anche i prodotti della capra orobica e il costituendo presidio del formaggio invernale prodotto in azienda, con latte crudo , senza fermenti e dal latte di sole razze alpine. Non si venderanno solo formaggi ma, operando in modo molto selettivo la scelta dei produttori, anche altri prodotti a partire da quelli degli amici del grano saraceno di Teglio e di alcune cantine valtellinesi particolarmente "eroiche". A fianco del punto vendita sarà attiva, su prenotazione, la possibilità - per gruppi di 20-30 persone - di assistere a filmati e degustazioni guidate in un contesto solenne e di straordinaria valenza architettonica. Come nell'antico caffé vi saranno libri e altri materiali da consultare. Si punterà sull'arrivo di gruppi interessati e moticati,  come del resto avviene già a Gerola (con la differenza che sarà possibile accogliere un flusso maggiore di visitatori in considerazione della migliore accessibilità). 

Oltre agli spazi descritti, lo "storico ribelle" utilizzerà, dando loro nuova vita, due ulteriori piani delle sottostanti cantine  di costruzione tardo medioevale. Gli spazi si sviluppano su una superficie di 200 mq di ambienti voltati in pietra naturale. Le cantine saranno accessibili dal giardino e dalla scala principale e serviranno per lo stoccaggio e la stagionatura dello "storico ribelle" con la possibilità di accesso al pubblico per visite guidate in quello che sarà un vero e proprio museo, al tempo stesso vivo, ma anche ricco di documenti storici e suggestioni. Le strutture saranno mantenute integralmente nella loro conformazione e con i materiali originari che testimoniano secoli di storia.

Le cantine del Folcher, risalenti almeno al XV secolo, si sviluppano su più livelli, creando la possibilità di una suggestiva ambientazione, un circuito di visita del "museo del formaggio e della storia" senza alterare minimamente le strutture nè la primitiva funzione commerciale. Un nuovo impulso per lo "storico ribelle" ma anche per la città di Morbegno


L'aspetto emozionante, che non mancherà di far presa sui visitatori, è che le cantine sono coeve del periodo in cui il formaggio della valle del Bitto assumeva le caratteristiche conservate sino ad oggi dallo "storico ribelle". Non sappiamo per certo se in queste cantine (che probabilmente in alcuni periodi della loro storia erano anche aperte al pubblico) si stagionava il formaggio, ma è molto probabile. Quello che sappiamo è che le ricche famiglie valligiane (proprietarie di alpeggi e miniere) spostarono nel tempo la loro attività a Morbegno nel contesto di una intensa circolazione di persone, famiglie, imprese, capitali che interessava il Lario, la Valsassina. la Valbrembanae. Sappiamo anche che il commercio del Bitto (anche se in volumi inferiori a quelli esitati sulla piazza dei Branzi in Valbrembana) coinvolgeva Morbegno anche ben prima del boom degli inizi del Novecento con l'apertura della casera sociale e l'avvio della mostra dei formaggi valtellinesi. Non è escluso che nuove indagini storiche gettino nuova luce su questi aspetti di storia morbegnese.
In ogni caso a Gerola i muri della "casera" erano stati costruiti di fresco e sono stati valorizzati dalle teste e dal cuore di coloro che li hanno arredati e abitati, dalle storie con l'anima che essi hanno saputo raccontare e ricostruire. Al Folcher sarà diverso: le teste saranno le stesse ma saranno gli stessi muri storici ad incrementare il valore del progetto, a "parlare".


Un punto di riferimento culturale oltre che eccellenza gastronomica

Coerentemente con la propria mission la società valli del Bitto benefit si prefigge di organizzare, al di là dell'attività commerciale e della gestione del museo, anche eventi particolari di carattere culturale e gastronomico. A tal fine la proprietà gli spazi concederà anche l'utilizzo dell'affascinante sala delle feste, anch'essa collegata (come lo spazio vendita) direttamente al giardino di 400 mq, con affaccio sul Bitto e sulla biblioteca dell'architetto Caccia Dominioni.


La Sala delle feste in fase di restauro


La rete di relazioni che lo "storico ribelle" (e ancor prima il bitto storico) hanno saputo intessere non solo con importanti protagonisti dell'agroalimentare di eccellenza,  enogastronomi, giornalisti ma anche con esponenti del mondo artistico e letterario, con associazioni quali il Fai consentirà di rinverdire i fasti del Folcher quando era punto di riferimento anche culturale della vita morbegnese. Si parlerà di cibo ma intrecciandolo alla storia, all'arte, alla letteratura, ai temi dell'ecologia e di una nuova etica della terra e del cibo. 



Per alcuni eventi particolari vi sarà la possibilità di utilizzare il giardino
 con affaccio sul torrente Bitto


Al di là del valore di "officina" di idee e di iniziative rivolte alla città del Bitto, il progetto di valorizzazione del Folcher all'insegna dello "storico ribelle" si prefigge di attirare a Morbegno da una vasta area della Lombardia un pubblico interessato alla qualificatissima offerta di prodotti agroalimentari attento ai temi proposti attraverso le proposte culturali e gastronomiche. Dal momento che la società valli del Bitto non si propone di esercitare attività commerciali su ampia gamma merceologica né, tanto meno, quelle di ristorazione, le attività che verranno innescate apriranno ampi spazi di collaborazione e complementarietà con gli operatori del settore del commercio, della ristorazione, dell'ospitalità alberghiera, con l'auspicio di contribuire alla costruzione di un polo di eccellenza nel turismo gastronomico anche con attenzione ad una platea internazionale. 

In tutto questo potrà svolgere un'azione positiva anche l'amministrazione comunale che ha già dimostrato interesse al progetto attraverso la partecipazione al convegno dell'11 marzo promosso dalla società valli del Bitto benefit e dalla rete "Territori del cibo" presso il Museo civico e patrocinando il successivo convegno di Bergamo della rete "Territori del cibo". 


Quando?

Entro il 2017. Intanto, però, lo "storico ribelle" ha bisogno dell'aiuto di tutti coloro che lo ammirano e credono al significato dei valori e dei modelli che incarna. Si può aiutare in tanti modi.

  • Partecipare alla campagna di azionariato popolare. Dopo il cambio di statuto per divenire Società Benefit, secondo la nuova legge in vigore dal 1 gennaio 2016, la Società Valli del Bitto riapre la campagna di azionariato popolare. Società benefit è quella che non mira solo al proprio utile ma a vantaggi per la società, il territorio, l'ambiente.La Società Valli del Bitto punta solo alla sostenibilità economica e non al lucro. Senza di essa non potrebbe conseguire i propri scopi che sono in primo luogo garantire - attraverso la valorizzazione economica - la sopravvivenza del formaggio "storico ribelle" (ex-bitto storico) con tutto il suo sistema di produzione in alpeggio che rappresenta un monumento di cultura e di biodiversità. Lo "storico ribelle" è Presidio Slow Food, il presidio che - a detta di Slow Food - incarna forse al meglio il principi del cibo "buono - pulito - giusto". Tutti possono partecipare a questa Società che incarna l'ideale dell'agricoltura etica sostenuta dalla comunità che, a sua volta, sostiene il territorio. Si diventa soci anche solo con 150€ ( con un tetto di 20 mila €). A tutti i soci viene riconosciuto un "dividendo etico" in natura pari al 2% del capitale sottoscritto e uno sconto del 10% sul prodotto Tutti i soci partecipano all'assemblea e al pranzo sociale. Per sapere come associarsi:  TEL. 334 332 53 66info@formaggiobitto.com

  • Adottare una forma in dedica vai a guardare qui

  • Offrirsi come volontari per le varie attività culturali e sociali svolte dalla società valli del Bitto Benefit e per  costituire un'associaizone di sostenitori dello storico ribelle (scrivete a redazione@ruralpini.it)

lunedì 6 marzo 2017

Territori del cibo. Incontro a Morbegno

Sabato 11 marzo a Morbegno (museo civico, via Cortivacci 2)

Territori del cibo sono un movimento di realtà locali lombarde che ha individuato nella rinascita pratiche agroalimentari centrate sul luogo un volando di rigenerazione di comunità, di ricostruzione di identità (vedi sotto la presentazione su l'Eco di Bergamo di ieri). La Rete sostiene un percorso di riconoscimento e visibilità di realtà locali caratterizzate dall’esistenza di prodotti agro-alimentari di alta qualità. In Valtellina il movimento è rappresentato dal formaggio Storico ribelle delle valli del Bitto e dal Grano saraceno di Teglio . 

Nati esattamente un anno fa i 6 luoghi-prodotto sono ora in 9 e sono aperti alla partecipazione di altre realtà lombarde. Il 1° aprile si terrà a Bergamo, presso l'ex monastero di Astino, un convegno importante dei Territori del cibo sulla cooperazione quale fattore di sviluppo locale. Cooperazione in forme nuove, in campo agricolo, alimentare, culturale, sociale  ma anche sotto forma di "cooperative-paese" e varie forme di partecipazione e coinvolgimento attivo. A Morbegno sabato 11 marzo si terrà un incontro in vista del convegno di Bergamo. L'incontro di Morbegno (sabato 11 marzo ore 9.30 sala del Museo Civico) è organizzato con l'adesione di varie associazioni valtellinesi sul tema Cooperazione, coproduzione, corresponsabilità: le tre C della nuova agricoltura sociale. Per fare il punto sulle esperienze di nuova agricoltura etica e resistente e sostenere la loro diffusione e rafforzamento.



sabato 22 ottobre 2011

Mostra del Bitto al capolinea Morbegno nell'angolo

(22.10.11) Patrizio del Nero salta giù spregiudicatamente dal suo stesso carro e invoca "una nuova formula"per la Mostra del Bitto  che, con la sua gestione - a giudicare dalle numerose critiche - non è mai caduta così in basso

Grandi manovre e grandi opportunismi intorno alla crisi della Mostra del Bitto. Intanto il Bitto storico, tradito da Morbegno, dopo aver consolidato i rapporti con il versante orobico bergamasco va a Sondrio (oltre che a New York e prossimamente a Parigi)
Mentre si moltiplicano le critiche alla Mostra del Bitto - che solo sino all'inaugurazione di pochi giorni fa era stata salutata dai media valligiani con i soliti toni trionfalistici  - Patrizio De Nero, da navigato politicante, gioca d'anticipo 'scaricando' la Mostra così com'è. Il tutto come se per tre edizioni non fosse stata gestito dal Multiconsorzio di cui egli stesso è direttore. L'operazione di 'sganciamento', in vista della scadenza del contratto che lega la Mostra al Distretto agroalimentare (subentrato al Multiconsorzio), può consentire a Del Nero di non restare sotto le macerie della Mostra, di mettere in difficoltà il comune di Morbegno - ventilando l'ipotesi di trasferimento altrove della storica Mostra - e di mantenersi aperte nuove prospettive (alleanze, assunzione della direzione di nuove iniziative).
Va da sé che questa abilità manovriera riflette non tanto l'abilità dell'ex sindaco di Albaredo ed ex presidente (sfiduciato dall'assemblea) del consiglio provinciale, quanto la scarsa caratura degli altri attori che calcano la scena politica locale e il frequente appiattimento dei media valligiani ai potentes  tale da impedire di mettere in rilievo comportamenti a dir poco incoerenti dei personaggi 'di peso'. Almeno sino a quando non finiscono inquisiti o in galera.
Di fatto la partita della Mostra del Bitto si gioca anche in vista del prossimo rinnovo dell'amministrazione cittadina di Morbegno nel 2012. Mettere nell'angolo gli amministratori di Morbegno, attribuendo loro le responsabilità di un declino storico della mostra iniziato già negli anni '90, è certo negli interessi di Del Nero e dell'attuale maggioranza in Comunità Montana
 
Una responsabilità in capo alla classe politica-amminstrativa locale (e non solo)

Da tempo vado sostenendo in relazione alla vicenda Bitto storico, che come molti sanno mi sta particolarmente a cuore, che la Mostra del Bitto dopo le vicende che hanno indotto i produttori storici a disertarla definitivamente a partire dal 1998 era avviata ad un inesorabile declino. Un declino dovuto all'arroganza della linea produttivista del Consorzio Tutela Casera e Bitto e della sempre più egemone Latteria di Delebio (con contorno di noti personaggi ruotanti nell'ambito Associazione provinciale allevatori e Latteria di Delebio quali Plinio Vanini, Maurizio Quadrio e altri frisonoisti). Credendo che l'anima storica del Bitto fosse un soprammobile e che si potesse surrogare con qualche orpello folkloristico hanno puntato dritto sulla loro strada ispirata al vangelo della quantità e della bibbia del marketing anni '80. Finché paga (generosamente) pantalone perché porsi dei dubbi? Perché sospettare che l'efficacia di un evento promozionale di cartapesta ricostruito nel Polo fieristico possa essere ancora efficace nel 2000 e oltre? Morbegno con gli amministratori, gli operatori commerciali, la 'società civile' è andata a ruota. Il Polo fieristico ha portato risorse e ha fatto girare soldi (anche sporchi) ma ha ucciso la Mostra del Bitto. Il Polo fieristico nacque sotto cattivi auspici e ha portato sfortuna alla Mostra del Bitto (e alla fine a Morbegno stessa). Uno dei motivi per i quali la classe politico-amministrativa di Monbegno e della Comunità Montana non si opposero all'allargamento inopinato della Dop all'intera provincia è da rintracciare nella transazione indecente: Dop pan-sondriese per il Bitto rinunciando alla specificità delle Valli del Bitto versus Polo fieristico a Morbegno. Ma è stato come vendere l'anima. Qui su Ruralpini il 6 giugno di quest'anno scrivevo:

Morbegno, che dopo secoli era riuscita a portare sul versante Nord la 'capitale del Bitto' (approfittando di fattori di crisi che avevano colpito la Val Brembana casearia), sta perdendo di nuovo questo ruolo, e non solo per poca lungimiranza.  C'è anche un elemento di 'indegnità morale' (la svendita della Dop, il fallimento della Mostra del Bitto, il malaffare testimonato dai recenti rinvii a giudizio di esponenti politici).
(http://www.ruralpini.it/Inforegioni08.06.11Bitto-formaggio.orobico.htm)

La triste parabola della Mostra del Bitto

Sempre nell'articolo citato aggiungevo:

La Mostra dei prodotti della montagna lombarda, che si era sviluppata a fianco della Mostra del Bitto, aveva rappresentato nelle sue prime edizioni un evento che aveva catallizzato e acceso molte speranze sul rilancio dell'economia montana, ancora prima che si parlasse di sostenibilità, filiere corte ecc.  Ospitava iniziative culturali di buon livello, con convegni nell'auditorium ricavato nella ex-chiesa di S.Antonio cui partecipavano personaggi che avevano realmente a cuore la montagna.
Le vie del centro storico si riempivano di gente. Poi, invece di puntare sul recupero dei chiostri dell'ex-convento domenicano e di perfezionare il modello di un evento che ha per teatro tutto il centro storico (come avviene a Bra con Cheese), si è puntato sul Polo fieristico, ovvero sulle strutture pesanti. Oggi tali strutture sono prevalentemente adibite a eventi musicali e per gli appalti della Hall (ma anche per i conti gonfiati della Mostra del Bitto al fine di estorcere alla Regione rimborsi surrettizi) sono stati rinviati a giudizio personaggi di grosso calibro: Silvano Passamonti, per lungo tempo presidente della Comunità Montana e Luca Spagnolatti, direttore di 'Eventi valtellinesi'.  A parte queste tristezze non meno deprimente è constatare che alla Mostra del Bitto sono messe in mostra le mercanzie più disparate, senza alcun legame con la montagna e la tipicità. Una parabola che segna il punto più basso di un percorso che, negli anni '80, quando la Mostra era in P.zza S.Antonio era iniziato con ottimi auspici favorendo la riscoperta di tanti prodotti tradizionali della montagna che sembravano essere stati cancellati dall'omologazione consumista e industrialista.

Non si pensi che le lodi alla vecchia Mostra siano eccessive. Basti pensare che per anni i convegni culturali erano organizzati da un intellettuale del calibro di Robi Ronza e che la mostra stessa era frequentata da Gianfranco Miglio. Il mancato recupero dei chiostri conventuali e l'acquisizione delle aree dismesse adiacenti - che avrebbe consentito la realizzazione di adeguati spazi espositivi all'interno del tessuto vivo della citta continuando a mantenere parte delle esposizioni nella piazza e nelle vie limitrofe - sono in parte da attribuire alla necessità di procedere ad espropri tutt'altro che indolori (toccando personaggi locali influenti) e ai costi del recupero delle vecchie strutture edilizie ammalorate ma anche ad un evidente vantaggio in termini di appetiti urbanistici: il Polo è sorto su aree libere, quelle dove avrebbe dovuto sorgere l'area fieristica nel tessuto urbano delle aree dismesse sono state destinate ad edilizia residenziale.

I segni dell'epilogo

Alla vigilia della Mostra del Bitto anche quest'anno il solito triofalismo; calato il sipario sono cominciate le critiche, i distinguo, " io l'avevo detto che non andava più bene". Nel clima di unanimismo e ossequioso conformismo che caratterizza il dibattito politico locale e i media locali ciò significa solo che una parte dei poteri forti ha già deciso di chiudere il rubinetto dell'ossigeno. Il 17 ottobre,  dopo poche ore dalla chiusura dei cancelli della Mostra, Alan Vaninetti, presidente della Comunità Montana molto vicino a Patrizio Del Nero dichiara a "la Provincia di Sondrio online":

" l'appuntamento di ottobre dovrà cambiare registro. Mi spiego: la dimensione fieristica ha raggiunto ormai il suo apice, adesso è il momento di rivedere le cose e trovare altre formule di promozione innanzitutto del bitto e di tutte le altre eccellenze agroalimentari della zona. Ci sono altre modalità di comunicazione e di promozione. Di più non so e non posso dire, ci sarà un summit di tecnici chiamato a decidere su questa prospettiva" (Mostra del bitto, giù il sipario «Ora formula da cambiare»)

Nello stesso articolo il redattore mimetizzando la critica feroce sotto una parvenza poco credibile di rincorsa della 'sobrietà', riferiva che:
"la fiera ha badato al sodo e si è spogliata di scenografie luculliane per far posto a sobri, quasi asettici spazi espositivi enogastronomici che si alternavano agli stand istituzionali o di rappresentanza, personificati talvolta da soli ventagli di depliant o gigantografie di prodotti-simbolo".
In effetti l'hanno notato con disappunto in molti: quegli spazi asettici con il formaggio dietro il vetro male si addicono a prodotti di montagna che si annunciano anche con gli effluvi emanati. Non è una mostra di oreficeria. E tutti quegli stand che con i prodotti enogastronomici non hanno nulla a che spartire che significato rivestono? A far numero, a far girare la macchina. Ma allora tutti i finanziamenti (centinaia di migliaia di euro) della Regione Lombardia più quelli degli enti (provincia, camera di commercio ecc.) a cosa servono? La risposta è una sola: la macchina serve a far girare sé stessa, a far girare i soldi, a procurare introiti per funzionari e direttori di varie agenzie pubbliche e parapubbliche nominati dai loro sponsor politici, posizioni che fanno comodo ai politici ma per le quali non ci sono certo risorse sufficienti sui bilanci degli enti.

Tra le critiche senza appello alla Mostra del Bitto appare singolare quella di Attilio Scotti un personaggio passato dal sostegno al Bitto storico all'esaltazione della Latteria di Delebio (www.vaol.it 09.11.2009). Ieri (21.10.2011) in una nota ("Fiera del bitto: se va avanti così sarà la fine di una fiera storica") su www.intornotirano.it sparava a zero sulla Mostra del Bitto:

Dopo la scintillante edizione del centenario (con ottima organizzazione e vivacità complimenti alla pr Susanna Nava) questa fiera si è seduta, ha cambiato volto e con la nuova direzione sta diventando un contenitore da fiera ( con stand che con l’enogastronomia valtellinese nulla hanno a che fare), senza nerbo e senza vitalità del grande mondo dei formaggi di Valtellina e delle eccellenze alimentari che si producono in queste valli. E traspare anche una certa “stanchezza” anche da parte degli espositori.

All'apice dello squallore

Nel 2008 Luca Spagnolatti, già direttore di Eventi valtellinesi la società che gestisce il Polo fieristico di Morgegno (e che dal 15 giugno al 6 agosto dello scorso anno è stato in galera per accuse di peculato, truffa e concussione), magnificava la grande novità dell'edizione di quell'anno della Mostra del Bitto: Ski&Snow, binomio tra neve e filiera agrolaimentare. Ebbene questa novità è stata riciclata come tale nell'edizione del 2011. I visitatori della Mostra del Bitto potevano acquistare sky pass in anticipo e ammirare le evoluzioni condite di luci colorare e musica da discoteca dei virtuosi dello snowboarding e del freestyle su una pista di plastica. Un abbinamento perfetto con il Bitto. Una grande novità. Neh?

Lo scollamento delle istituzioni

Un sintomo preoccupante dello scollamento delle istituzioni dalla realtà è dato dai crescenti riconoscimenti ricevutoi dalla Mostra del Bitto. Più declinava e più arrivavano finanziamenti e quest'anno è arrivato anche l'immeritato riconoscimento di "Fiera di rilievo nazionale". Provincia, Camera di Commercio, Regione Lombardia che hanno caldeggiato questa medaglia non ci fanno proprio una bella figura considerato che essa arriva nell'anno che potrebbe segnare il capolinea della Mostra.

Il sentore del patatrac e la mossa del Del Nero

A Mostra ancora aperta le varie testate valligiane esibivano  titoli-fotocopia degli anni passati che annunciavano  il "successo di pubblico della Mostra del Bitto". Ciò in stile Pravda considerato il calo di visitatori. Però facendo attenzione si scopre un titolo di una testata apparsa di recente (morbegnonline) che, pur nel consueto allineamento, titolava una nota relativa al convegno di apertura in modo enigmatico: "Mostra del bitto: dai relatori un invito a difendere la manifestazione". Difebdere? Da chi se va tutto a gonfie vele? La nota è corredata di una foto a tutto busto dell'assessore regionale De Capitani.  Alan Vaninetti lunedì, a Mostra ancora 'calda', e poi direttamente Patrizio Del Nero con dichiarazioni a La Provincia di Sondrio riportate online il 20 ottobre (giovedì) si sono intanto abilmente sfilati. Del Nero dichiarava:
La futura Mostra del bitto? «Va ripensata in una location diversa: per le strade, in piazza e non necessariamente a Morbegno, fermo restando che l'iniziativa non si tocca, è troppo importante».
Ma allora da chi va "difesa la manifestazione"? Evidentemente da chi ne è ancora il patron, che l'ha portata alle condizioni attuali e che abilmente minaccia di soffiarla a Morbegno. Quest'ultima viene a trovarsi (quantomeno l'amministrazione comunale di centro-sinistra) nella posizione dei giapponesi sulle isole deserte e a negoziare in una posizione di pesante inferiorità.  Ma anche all'assessore regionale leghista la cui immagine è stata ampiamente associata alla difesa di una manifestazione che i suoi stessi organizzatori hanno spregiudicamente decretato fallita non è stato reso un buon servizio. Pensare male è peccato ma ci si azzecca diceva Andreotti.

Il convitato di pietra

Il Bitto storico in questo scenario assomiglia al Commendatore del Don Giovanni. È l'inquietante convitato di pietra desideroso di vendicare i torti subiti. Il Bitto storico dopodomani (24 ottobre) sarà a New York protagonoista del Food day durante il quale sarà aperta una forma prodotta il giorno 11 settembre 2001.
Ma con grande scorno del Consorzio Tutela Casera e Bitto Dop e degli ambienti politici e imprenditoriali che continuano a osteggiarlo  sarà anche protagonista in Valtellina di "Formaggi in Piazza" a Sondrio (30 ottobre- 1 novembre). L'eventuale successo dell'evento di Sondrio, realizzato a costi vicini a zero, sarà sale sulle ferite della Mostra del Bitto e del ceto dirigente morbegnese. Che dovrebbe trarne finalmente qualche lezione: riconsiderare l'errore compiuto con la svendita del patrimonio del Bitto storico (che è sopravvissuto nonostante le istituzioni locali e grazie alla caparbia determinazione di Paolo Ciapparelli e dei produttori ribelli), riflettere sull'involuzione della Mostra del Bitto a partire dal trasferimento della sede dal centro storico al Polo fieristico, decidere di tornare alle origini mettendo il Bitto storico al centro di una Mostra rigenerata. Non volete farlo? Preferite star fermi? Ci penserà Del Nero.

domenica 19 giugno 2011

Storico ritorno: Bitto a Venezia (per il 25° di Slow Food)

Protagonista di importanti eventi Slow tra la Toscana e l'Emilia-Romagna  il Bitto storico nel giorno del 25° sarà presente nel cuore di Venezia a Campo San Bartolomeo. Una presenza che vuole rinnovare gli storici legami tra il Bitto e la Serenissima

Un anno importante per il Bitto storico, protagonista di numerosi eventi Slow che culmineranno con una presenza di assoluto rilievo a Cheese il prossimo settembre a Bra. Ma non solo.

Nelle celebrazioni del 25° di Slow Food il Bitto storico è un ospite d'onore, un fatto che sottolinea il suo ruolo di emblema di una 'resistenza casearia' che incarna il senso delle battaglie intraprese da Slow Food . Battaglie che, oramai, non influenzano solo il costume gastronomico ma puntano a incidere 'nel vivo', ossia sui fatti agricoli. Volere un cibo buono, pulito e giusto sulla tavola significa essere disposti a partecipare a conflitti che  hanno per protagonisti i campi o, come nel nostro caso, i pascoli. Non viene spontaneo pensare ai pascoli da questo punto di vista.

Alpeggi come trincea avanzata del conflitto per il cibo buono, pulito e giusto

Eppure il conflitto che divide l'agricoltura non passa solo dalle lande rese squallide dalle monocolture e dall'uso dei pesticidi; passa anche per i pascoli d'alpeggio, là a 2.000 m. Spiace disilludere chi ritiene gli alpeggi rappresentino (solo) l'ultima ridotta di una alpicoltura eroica, ma il conflittotra le opposte visioni: quella agroindustriale e quella (neo)contadina, interessa anche queste realtà. Anche qui si vogliono applicare le stesse logiche: l'uso del mangime che 'disaccoppia' alimentazione animale e produzione foraggera, uso delle bustine di fermenti liofilizzati fornite dalle industrie che, aggiunte al latte, 'riducono la probabilità di difetti' ma con la certezza che il gusto venga 'addomesticato'. Un gusto 'selvatico' è troppo sovversivo. Consente di fare esperienza di qualcosa di non omologato, di avere dei riferimenti, dei termini di paragone. L'industrializzazione quindi ha messo le mani anche sugli alpeggi, sui caseifici delle 'malghe', dove capita di vedere aggiunto al latte anche il Lisozima (antibiotico 'naturale').
I ribelli del Bitto riuniti nel Presidio del Bitto storico si oppongono a tutto ciò. E quello che fanno ha un grande valore perché, contestando la logica industriale laddove appare più assurda la sua applicazione, diventa possibile innescare un'inversione di tendenza. Sono tra i pochi che, grazie a una serie di circostanze favorevoli, hanno avuto il coraggio di ribellarsi al 'sistema'. E la loro ribellione è di grande incoraggiamento e stimolo.


Il Bitto a Venezia: una presenza piena di significati

Nel giorno delle celebrazioni del 25° di Slow Food il Bitto storico è stato invitato a Venezia. Sarà presente in Campo San Bartolomeo con la Condotta Silver. Ai veneziani (e ai turisti) sarà data la possibilità di conoscere (anche attraverso le degustazioni) questo prodotto straordinario. Un fatto che va letto non solo alla luce dell'importanza di Venezia come vetrina, ma anche del suo rapporto storico con il Bitto. Un rapporto che è venuta ora di rinfrescare. Perché ora? Perché il Bitto storico, fortemente osteggiato dai livelli 'istituzionali' (in senso lato), appiattiti sulle prospettive agro-produttivistiche (e sugli interessi della casta imprenditorial-politica valtellinese), ha deciso una strategia di 'devaltellinizzazione' che comporta la valorizzazione dell'autentica identità del Bitto: quella orobica. Un'identità che si collega ad una cultura sviluppatasi in Valsassina e in Valbrebana(territori un tempo uniti sia sotto il profilo politico che ecclesiastico) e che ha influenzato (anche i ragione di un travaso demografico) le testate delle vallate orobiche della bassa Valtellina. Il Bitto storico ha tutto l'interesse a giocare la carta della storia. Il Bitto 'generalista', nato nel 1996 (e poi modificatosi in peggio nel 2006), è sorto con un peccato originale inguaribile, sulla base di un'operazione spregiudicata e arrogante che cancellava la storia e la geografia del Bitto. Veniva attestata una tradizione produttiva estesa anche a quelle parti della Valtellina (per non parlare della Valchiavenna) dove non si produceva neppure un generico formaggio grasso. Per il Bito storico oggi gocare la carta della storia significa guardare a Bergamo (e a  Venezia).


Bitto: formaggio bergamasco

Sino ai primi anni del secolo scorso il Bitto veniva commercializzato prevalentemente a  Branzi in occasione della fiera settembrina di San Matteo (dove, al termine della stagione d'alpeggio, convergevano intere partite di Bitto). Dal nome del mercato di raccolta il Bitto prendeva anche il nome di 'Branzi'. Anche nei secoli precedenti, però, buona parte della produzione delle valli del Bitto (per non parlare di quella della val Tartano) era esitata in località brembane. Il prodotto destinato a Bergamo (dove esistevano delle stagionature) era colorato di zafferano,  un prodotto che arrivava da Venezia. Dagli stessi alpeggi di Gerola 'cuore del Bitto storico', il Bitto scendeva a Cusio e Mezzoldo per avviarsi a Bergamo. Questa corrente commerciale aveva una sua motivazione nella presenza della Via Priùla (vedi box sotto), costruita alla fine del Cinquecento con criteri molto avanzati (pendenze e ampiezza della carreggiata regolari), una vera 'autostrada'.  Venezia la realizzò per avere un collegamento diretto - senza passare per lo Stato di Milano - con il Passo dello Spluga (che conduce nella valle del Reno e quindi al cuore dell'Europa).
Nella strategia del Bitto storico c'è un recupero delle storiche relazioni tra il Bitto e i suoi tradizionali mercati, oltre Bergamo anche Como e Milano. Quanto alla Valtellina essa dovrà dimostrare nei fatti, di meritarsi l'identificazione con il Bitto dopo che ha cercato di accaparrarselo senza merito e che, non avendo la considerazione e il rispetto che si nutrono per le cose proprie, lo ha in parte snaturato.

La via Priùla

Prende il nome da Alvise Priuli, Podestà e Capitano di Bergamo. Egli fece realizzare la nuova via in tempi rapidissimi, tra il 1592 e il 1593. Fu un'opera  importante perché coincise con l'apertura di una via di traffico commerciale internazionale consentendo il trasporto con piccoli carri laddove prima potevano transitare con difficoltà solo i muli (lungo l'antica via mercatorum).  A parziale consolazione va osservato che, in analogia con le attuale italiche costumanze in materia di opere pubbliche già ai tempi di Priuli si verificava lo  'splafonamento' dei preventivi (da 2.000 a 8.200 ducati). Ma veniamo all'importanza storica rivestita a lungo dalla nuova Via. La sua realizzazione corrispondeva ad una esigenza strategica: evitare che le merci tra il centro-Europa e Venezia transitassero attraverso lo Stato milanese. In precedenza, data la difficile percorrenza dei vecchi tracciati brembani (che da Averara risalivano la Val Mora e conducevano verso il Passo di Verrobbio), le merci da Bergamo si dovevano dirigere verso il Lario utilizzando la comoda via d'acqua ma sottostando alla pesante tassazione milanese per poi proseguire per lo Spluga attraverso la Valchiavenna, anch'essa sotto il dominio Grigione.  La via Priùla, però,  non ebbe comunque mai il successo sperato dal suo ideatore e fu importante più per i traffici locali che per quelli a lungo raggio. Il suo declino avvenne con  il Congresso di Vienna che, unificando con quanto rimaneva dello Stato di Milano,  i territori lombardi precedentemente sotto dominio veneziano e grigione, decretò la fine dell'importanza commerciale della Via. La successiva costruzione, per opera dell'Imperial Regio Governo Lombardo-Veneto della  nuova via del Lago di Como e dello Spluga (anni '20)  consentì di percorrere per la prima volta la riva orientale del Lario e diede il colpo definitivo anche se - sempre in periodo Lombardo-Venteo vennero  eseguiti dei lavori per rendere il tracciato realmente carreggiabile (terminati, però, nell'ultimo tratto di discesa a Morbegno, solo a fine Ottocento). Da allora in poi la Via Priùla tornò ad essere un collegamento di interesse esclusivamente locale. Negli anni '60 del secolo scorso la realizzazione della strada carrozzabile del Passo di San Marco ha ridato una certa importanza (sul piano turistico) al collegamento tra la Val Brembana e la Valle del Bitto.Alvise Priuli curò direttamente anche la realizzazione del tratto di strada in territorio Grigione che dal Passo di San Marco conduceva a Morbegno. Tale opera venne completata in tempi successivi, ma comunque brevi, dopo il completamento del tratto brembano.Oltre che alle merci la Via Priùla rappresentò anche un'autostrada delle mandrie transumanti che si spostavano ogni anno tra la pianura lombarda e l'alta Val Brembana. I malghesi (ovvero i proprietari delle malghe, termine tutt'oggi utilizzato per indicare le mandrie e non gli alpeggi) non solo poterono raggiungere più comodamente i pascoli sul versante brembano ma approfittarono della Priùla per affittare alpeggi anche in Val Gerola. Un capitolo interessante della storia della transumanza e del formaggio Bitto che vedrà i malghesi brembani caricare gli alpeggi sul versante valtellinese ancora all'inizio del XX secolo.