(23.09.12)
L'autunno per il Bitto storico parte con tante iniziative e notizie
Bitto storico news (5)
Sommario
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Editoriale
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In preparzione un libro fotografico sui casari del Bitto storico di due artiste giapponesi
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Il Caseificio di Poschiavo si schiera con i produttori del Bitto storico
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Il Bitto storico guarda sempre di più a Bergamo
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Un Decreto Ministeriale, sulla spinta della vicenda Bitto, cerca di correggere la "prigione" delle Dop
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Al Santuario del Bitto storico l'associazione "Arte da mangiare" da vita ad una nuova espressione artistica: la HertitageBittoCheeseArt
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Brevi
Il
Bitto storico resta il "nemico pubblico n.1" della burocrazia
agroalimentare di ogni ordine e
grado, combattuto sempre con accanimento, dall'establishment
politico-burocratico-economico della Valtellina. Però, proprio in forza
della sua battaglia che non è solo in nome del gusto e della tradizione
ma anche di una diversa moralità
nell'amministrazione, nella politica, nella filiera agroalimentare, che i
ribelli del Bitto, catalizzano grandi simpatie presso ambienti non
condizionati dalle cerchie di potere che in Valtellina (con agganci in
Regione Lombardia) cercano inutilmente da anni di piegare. Il Bitto "di
stato" ha dalla sua i finanziamenti pubblici (sempre generosi),
finanziamenti , come quelli per la Mostra del Bitto di Morbegno che, di
questi tempi di crisi, lasciano a dir poco perplessi. Ma con il denaro
si comprano solo
i mercenari.
Il
Bitto storico ribelle mobilità la passione, la creatività. Dopo il
libro "I ribelli del Bitto" edito da Slow Food è in cantiere un nuovo
libro (fotografico questa volta) che esalta il Bitto storico o, meglio, i
casari del Bitto storico, autrici due artiste giapponesi molto
apprezate non solo
in patria ma anche a livello internazionale. E per il Bitto storico si
sono mobilittati anche gli artisti dell'associazione milanese "Arte da
mangiare" che il 22 settembre presso il centro del Bitto storico di
Gerola alta hanno dato vita ad una inedita performance artistica sul
tema del Bitto storico.
Intanto
il quotidiano di Sondrio "La Provincia", in un servizio sul Caseificio
di Poschiavo, - valle svizzera confinante - ha dovuto registrare una
dichiarazione molto significativa da parte del presidente del caseificio
stesso a favore del Bitto storico e del "modello di qualità e
intransigenza" da
esso incarnato. Ma non è solo in Svizzera - dove ovviamente ci sono meno
condizionamenti politici - che troviamo estimatori e alleati del Bitto
storico. Basta valicare il Passo di San Marco e scendere nella
bergamasca Val Brembana per trovare un clima di grande amicizia,
rispetto, simpatia, ammirazione per il Bitto storico che da tempo ha
ribadito la sua identità Orobica (a cavallo di tre provincie). La
Valtellina (almeno quella ufficiale) ha sfruttato l'immagine del Bitto
ma non essendo
un patrimonio profondamente sentito, compreso e rispettato (tranne nelle
valli orobiche a Nord di Morbegno) lo ha fatto nel modo peggiore,
trattando alla stregua di eretici e sovversivi proprio i custodi della
tradizione autentica. Di fronte a ciò è ovvio che il Bitto storico
guardi più a Bergamo. Lo ha fatto alla Fiera di San Matteo di Branzi il
wueek-end trascorso e lo farà anche partecipando agli eventi
enogastronomici bergamaschi. dei prossimi mesi
Nel
mentre il Ministero dell'agricoltura ha predisposto una bozza (che
dovrebbe essere definitiva) di un Decreto che interpreta in modo meno
poliziesco di quanto è stato fatto sino ad oggi le norme sull'uso
di "menzioni aggiuntive" nelle etichette dei prodotti a denominazione
di origine controllata (e Igp). Un risultato che è merito anche del
Bitto storico e del Presidio Slow Food del Bitto storico. Che sarà
protagonista come non mai all'imminente Salone del Gusto di Torino.
Di
questa interessante nuova iniziativa che conferma l'interesse del mondo
della cultura e dell'arte per il Bitto storico abbiamo giù diffusamente
parlato con un articolo ferragostano (vai a vedere). Le autrici sono due artiste giapponesi
Mai
Hanano (Maika) e Keiko Kato che attualmente sono ritornate in Georgia.
Qui hanno già realizzato un volume pubblicato in Giappone dedicato alla
viticoltura e ai vignaioli artigianali. Anche nel caso del Bitto
storico l'approccio è alle persone, agli artigiani. Ci auguriamo che il
libro possa essere presto pubblicato in Italia preferibilmente
in una edizione con testi anche in altre lingue (francese, inglese,
giapponese). In anteprima pubblichiamo la foto del giovane Stefano
Papini, una 'promessa' del Bitto storico che esercita la sua arte
all'Alpe Orta soliva (sulla strada del passo di San Marco in comune di
Albaredo). Cercasi sponsor.
Il Caseificio di Poschiavo si schiera con i produttori del Bitto storico
Alla casta valtellinese non deve essere andato giù, ai primi di settembre, l'articolo contenuto nello specialw de La Provincia sul caseificio di Valposchiavo nella vicina valle svizzera. Nel paginone della rubrica economica del quotidiano non si sono sprecati le considerazione di ammirazione per un modello vincente basato sulla valorizzazione del latte di montagna in chiave bio. Il titolo del nostro articolo su Ruralpini, dedicato a suo tempo a questo caseificio la dice lunga: Il successo del Caseificio Poschiavo (Grigioni) dipende da un modello che premia la qualità, l'estensività, il buon fieno. Il caseificio di Poschiavo, come il Bitto storico, ha imboccato una strada di rifiuto di compromessi: norme rigorose (entro uno schema bio ma anche di assoluta prevalenza del foraggio aziendale) per garantire la qualità ma in cambio un prezzo elevato ai produttori. All'interno dello speciale de La Provincia un pezzo intitolato "Caseificio Poschiavo schierato con il Bitto storico" deve aver fatto sobbalzare qualcuno sulla sedia dalle parti di Sondrio, di Morbegno e di Delebio. Le parole del presidente della coop, Cornelio Beti (nella foto sotto al centro) non lasciavano adito a molti equivoci: Beti ha dichiarato nell'intervista che Bitto storico e poschiavini hanno molto in comune. Infatti, nonostante il caseificio di Poaschiavo sia grande e moderno, incarna la stessa filosofia che vede la qualità come un fatto legato alle persone, al loro impegno, alla serietà, all'onestà, alla creatività. Il casaro del caseificio di Poschiavo è un valtellinese, Tony Giacomelli (nella foto a sinistra). Tony è un personaggio apprezzato e molto stimato in Val Poschiavo perché gli si riconosce un 'tocco artigianale' che ha decretato il successo dei prodotti poschiavini sui mercati della Svizzera interna (Zurigo e non solo). Tanto che uno dei prodotti è stato battezzato Super Tony. L'alleanza tra Caseificio Poschiavo che va oltre i confini, fatta di amicizia ma anche scambio di buone pratiche e idee è un bell'esempio di iniziative che partono dal basso, dai produttori.
Il Bitto storico guarda sempre di più a Bergamo
Il Bitto storico non ha ancici solo in Svizzera (vedi sopra) ma anche appena al di là del Passo di San Marco. Non solo in Valbrembana ma anche a Bergamo città e in generale in provincia. Riscoperta la sua antica anima Orobica il Bitto storico, sempre osteggiato dalla casta valtellinese, ha deciso da tempo di gravitare sempre più su Bergamo. Branzi con la storica Fiera di San Matteo (che si è svolta il 22-23 settembre) è l'occasione per ricordare che la storia segue un pendolo. Se, sino agli inizi del secolo scorso, il Bitto/Branzi era commercializzato prevalentemente a Branzi, ciò rispecchiava antichissimi rapporti tra i due versanti delle Orobie legati dalla stessa forte cultura pastorale. Oggi il legame si è riannodato. Morbegno e la Valtellina hanno giocato male la carta del Bitto che erano riuscite ad avere in mano. Hanno voluto strafare. E ora pagano le conseguenze. L'alleanza tra i formaggi orobici è ormai lanciata. E trova anche l'appoggio delle istituzioni bergamasche, anche a costo di dare dispiaceri a qualcuno a Sondrio (e a Milano). Archiviata con un successo di pubblico la Fiera di San Matteo con una presenza sempre più visibile del Bitto storico (foto sotto) i prossimo wee-end, sempre a Branzi, si terrà la prima sagra della taragna bergamasca per consacrare questo piatto orobico che valorizza sia le varietà autoctone di mais (Gandino, Rovetta) che i formaggi "principi delle Orobie". Sempre a Bergamo GourmetArt, ai primi di dicembre, vedrà protagonista il Bitto Storico mentre si stanno stringendo dei contatti anche con la CCIAA della città orobica.
Alla casta valtellinese non deve essere andato giù, ai primi di settembre, l'articolo contenuto nello specialw de La Provincia sul caseificio di Valposchiavo nella vicina valle svizzera. Nel paginone della rubrica economica del quotidiano non si sono sprecati le considerazione di ammirazione per un modello vincente basato sulla valorizzazione del latte di montagna in chiave bio. Il titolo del nostro articolo su Ruralpini, dedicato a suo tempo a questo caseificio la dice lunga: Il successo del Caseificio Poschiavo (Grigioni) dipende da un modello che premia la qualità, l'estensività, il buon fieno. Il caseificio di Poschiavo, come il Bitto storico, ha imboccato una strada di rifiuto di compromessi: norme rigorose (entro uno schema bio ma anche di assoluta prevalenza del foraggio aziendale) per garantire la qualità ma in cambio un prezzo elevato ai produttori. All'interno dello speciale de La Provincia un pezzo intitolato "Caseificio Poschiavo schierato con il Bitto storico" deve aver fatto sobbalzare qualcuno sulla sedia dalle parti di Sondrio, di Morbegno e di Delebio. Le parole del presidente della coop, Cornelio Beti (nella foto sotto al centro) non lasciavano adito a molti equivoci: Beti ha dichiarato nell'intervista che Bitto storico e poschiavini hanno molto in comune. Infatti, nonostante il caseificio di Poaschiavo sia grande e moderno, incarna la stessa filosofia che vede la qualità come un fatto legato alle persone, al loro impegno, alla serietà, all'onestà, alla creatività. Il casaro del caseificio di Poschiavo è un valtellinese, Tony Giacomelli (nella foto a sinistra). Tony è un personaggio apprezzato e molto stimato in Val Poschiavo perché gli si riconosce un 'tocco artigianale' che ha decretato il successo dei prodotti poschiavini sui mercati della Svizzera interna (Zurigo e non solo). Tanto che uno dei prodotti è stato battezzato Super Tony. L'alleanza tra Caseificio Poschiavo che va oltre i confini, fatta di amicizia ma anche scambio di buone pratiche e idee è un bell'esempio di iniziative che partono dal basso, dai produttori.
Il Bitto storico guarda sempre di più a Bergamo
Il Bitto storico non ha ancici solo in Svizzera (vedi sopra) ma anche appena al di là del Passo di San Marco. Non solo in Valbrembana ma anche a Bergamo città e in generale in provincia. Riscoperta la sua antica anima Orobica il Bitto storico, sempre osteggiato dalla casta valtellinese, ha deciso da tempo di gravitare sempre più su Bergamo. Branzi con la storica Fiera di San Matteo (che si è svolta il 22-23 settembre) è l'occasione per ricordare che la storia segue un pendolo. Se, sino agli inizi del secolo scorso, il Bitto/Branzi era commercializzato prevalentemente a Branzi, ciò rispecchiava antichissimi rapporti tra i due versanti delle Orobie legati dalla stessa forte cultura pastorale. Oggi il legame si è riannodato. Morbegno e la Valtellina hanno giocato male la carta del Bitto che erano riuscite ad avere in mano. Hanno voluto strafare. E ora pagano le conseguenze. L'alleanza tra i formaggi orobici è ormai lanciata. E trova anche l'appoggio delle istituzioni bergamasche, anche a costo di dare dispiaceri a qualcuno a Sondrio (e a Milano). Archiviata con un successo di pubblico la Fiera di San Matteo con una presenza sempre più visibile del Bitto storico (foto sotto) i prossimo wee-end, sempre a Branzi, si terrà la prima sagra della taragna bergamasca per consacrare questo piatto orobico che valorizza sia le varietà autoctone di mais (Gandino, Rovetta) che i formaggi "principi delle Orobie". Sempre a Bergamo GourmetArt, ai primi di dicembre, vedrà protagonista il Bitto Storico mentre si stanno stringendo dei contatti anche con la CCIAA della città orobica.
Un Decreto Ministeriale, sulla spinta della vicenda Bitto, cerca di correggere la "prigione" delle Dop
Il
titolo della bozza (ormai definitiva) di Decreto del Ministro
dell'Agricoltura non fa trapelare i problemi politici e industriali ai
quali cerca di dare una risposta: "Disposizioni generali in materia di
informazioni aggiuntive nelle etichette dei prodotti a indicazione
geografica". Parrebbe qualcosa di asettico e di
molto tecnico e invece... Invece dietro ci sono i conflitti che hanno
visto protagonista il Bitto ma anche altri prodotti (formaggi, oli), sia
per 'faide' interne al mondo industriale che per contrasti tra piccoli
produttori e industria alimentare. Fu per una "informazione aggiuntiva",
in forma di un piccolo marchio a fuoco ("Valli del Bitto"), che
scoppiò- nel 2006 - la guerra del Bitto (o che, quantomenio essa
entrò in una fase più virulenta. Allora il Ministero diffidò
l'associazione produttori Valli del Bitto (ora Consorzio per la
salvaguardia del Bitto storico) dall'usare un marchio che era stato il
frutto di una sofferta intesa tra le parti. Ora è tardi per poter
semplicemente tornare indietro. Oggi il Ministero ha 'reinterpretato' le
norme europee in senso più 'liberale': sono ammessi i marchi dei
Presidi di Slow Food (e altri collettivi e privati) accanto alla
indicazione geografica tutelata da Dop o Igp e altre menzioni, purché
non "laudative". Il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico,
che non si ritiene più adeguatamente tutelato dalla sola indicazione
aggiuntiva "Valli
del Bitto," è pronto a portare il caso davanti alla magistratura qualora
gli venisse contestata come "laudativa" la menzione "storico",
conquistata sul campo in decenni di duro contrasto per difendere
l'identità storica del prodotto sia sotto il profilo del metodo che
dell'area di produzione.
Al
Santuario del Bitto storico l'associazione "Arte da mangiare" da vita
ad una nuova espressione artistica: la HertitageBittoCheeseArt
Il
23 settembre presso il centro del Bitto storico a Gerola alta un gruppo
di artisti dell'Associazione milanese "Arte da mangiare" hanno dato
vita ad una
originale performance artistica.
Gli artisti, utilizzando tecniche diverse, si sono cimentati nella nuova "HeritageBittoArt"
ovvero l'arte che usa come supporto materiale alla creatività artistica
forme di Bitto storico di diversi anni di invecchiamento.
Consorzio
salvaguardia Bitto storico e Arte da mangiare avevano già collaudato a
primavera a Milano presso i Chiostri dell'Umanitaria dove
ha sede "Arte da mangiare" la possibilità di "operare" in modo artistico
sulle forme con incisioni, pirografia, pittura con colori alimentari.
Lo spunto per sviluppare questa forma d'arte è stato offerto dalla
fantasia e dall'estro calligrafico e decorativo con i quali vengono
usualmente personalizzate le forme di Bitto storico con dedica, ovvero
adottate da singoli, associazioni, ristoratori.
Il
Bitto storico, prodotto al vertice della qualità casearia, lontano da
ogni forma di omologazione e serializzazione ha da sempre
rifiutato etichette stampate. Insieme agli artisti si intende proseguire
in queste esperienze che rappresentano anche una sperimentazione volta
ad individuare nuove forme per "vestire" e "comunicare" un prodotto
unico, frutto anch'esso di un'arte: l'arte casearia che i casari del
Bitto storico continuano a coltivare orgogliosamente.
A
luglio, in seguito ad uno stage del corso di laurea di Scienze
Gastronomiche (Università di Pollenzo di Slow Food) il centro del Bitto
storico è stato ufficialmente riconosciuto quale Sede didattica.
Al
Salone del Gusto a Torino, il Bitto storico sarà protagonista di uno
dei dieci eventi di "Alti connubi" sul tema di abbinamenti tra assolute
eccellenze mondiali insieme ai migliori rossi di Valtellina. Paolo
Ciapparelli, responsabile del Consorzio di salvaguardia bitto storico, e
Giuseppe
Giovannoni, del gruppo dei produttori storici, ve lo faranno scoprire
nell’assaggio di un Bitto dell’alpe Pescegallo Foppe (estate 2010) e di
un Bitto dell’alpe Bomino Soliva (estate 2002). In abbinamento, il Rosso
di Valtellina 2010 e, in anteprima, il Valtellina Sup. Sassella Ris.
Rocce Rosse dell’eccezionale
millesimo 2002 di Ar.Pe.Pe, una delle cantine della Valtellina che ha
meglio saputo preservare l'identità del "Nebbiolo di montagna". Domenica
28 Ottobre h. 13:00 sala Incontri con l’Autore
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