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martedì 20 settembre 2011

A Cheese trionfo del Bitto storico e dell'alleanza della tradizione casearia orobica

(19.09.11) Protagonista di Laboratori, degustazioni, e di un successo di vendite (con i prezzi più alti in assoluto) il Bitto storico ha conquistato a Cheese2011 lo scettro di re dei formaggi e al tempo stesso il riconoscimento di capofila del movimento della resistenza casearia


Giornate esaltanti per il Bitto storico a Bra. Tanti, tantissimi riconoscimenti, meritati grazie ad anni di lotte e di sacrifici. Un successo che è frutto di una lunga storia, dei casari e pastori che hanno saputo tenere viva la tradizione ma anche di tantissimi altri 'ribelli del Bitto' che con il loro lavoro volontario e il sostegno economico hanno costruito quello che oggi è divenuto un mito inaffondabile.

Il contrasto tra i riconoscimenti tributati a Cheese al Bitto storico e il trattamento che ad esso  è riservato dalle istituzioni (locali e non) è sconcertante. A Bra per quattro giorni il Bitto storico è stato protagonista di laboratori, degustazioni, interviste a raffica, aste. Senza contare la presentazione del libro "I ribelli del bitto". Ogni giorno della rassegna c'è stato almeno un evento importante sul tema del Bitto. Non parliamo dello spazio che gli è riservato nei comunicati ufficiali.


Il Bitto è stato consacrato re dei formaggi d'alpeggio, punto di arrivo della qualità che solo i prodotti a latte crudo, ottenuti al pascolo (senza integratori)  senza aggiunta di fermenti selezionati sanno raggiungere.  Ma è un nobile ribelle, emblema della resistenza contadina e casearia. Un modello che regala speranza ai tanti piccoli produttori che caparbiamente resistono, sfidando le normative e un mercato poco generoso con chi produce qualità e riproduce valori. Il Bitto storico rappresenta un'economia morale in cui non c'è solo la passione e l'attaccamento dei produttori alla loro cultura, ai loro saperi, c'è anche una mobilitazione molto moderna (anzi, post-moderna) di tante energie del volontariato, c'è una incredibile rete di solidarietà. C'è un caso concreto di community supported agriculture, di una 'filiera' in cui i privati suppliscono all'assenza (che con il Bitto storico è anche ostilità) delle istituzioni, in cui i privati, la community del Bitto storico (locale e non) ha saputo investire centinaia di migliaia di euro ma, anche un numero incalcolabile di ore di lavoro volontario.


Emblema della resistenza casearia (spiegata al pubblico nei banner delle foto sopra e sotto) il Bitto storico e i suoi fratelli dell'alleanza dei formaggi orobici sono stati gratificati di uno spazio e di una visibilità notevoli nell'ambito di Cheese. Il Bitto storico ha avuto assegnato il primo delle decne di stand (10 mq) dei Presidi, in via Marconi. Con il vantaggio che mentre gli altri stand avevano solo un fronte sulla strada quello del Bitto storico era aperto su due lati con doppio sviluppo lineare di banco vendita. Ma quello che ha dato visibilità è stato lo spazio (ex mercato dei polli) di 350 mq dove oltre agli stand dei formaggi orobici e di piccoli produttori ospiti del Bitto e degli altri orobici. Una espressione di apertura e di solidarietà che la dice lunga sullo spirito che anima l'alleanza orobica, che nasce al di là dei campanilismi e dei limiti amministrativi di provincie e comunità montane.  Nel grande spazio occupato oltre che dagli stand anche dai pannelli illustrativi dei formaggi orobici e da un 'ristorante' da cinquanta posti si sono susseguite le degustazioni.


Lo spazio è stato intitolato Piazza della Resistenza Casearia: piccoli produttori per grandi formaggi. Strameritata dal Bitto storico, prototipo di resistenza casearia, questa intitolazione è risultata quanto mai appropriata anche per i piccoli produttori ospitati ma anche per un prodotto orobico come lo Stracchino all'antica, realizzato da piccolissimi produttori, per il Formai del Mut, realizzato (in estate) sugli alpeggi della val Brembana nello stesso territorio del Bitto. Va poi ricordato che anche lo Strachitunt e il Branzi FTB che sono prodotti in caseifici cooperativi (di dimensione comunque non industriale) stanno sostenendo da tempo una difficile battaglia per difendere le rispettive denominazioni dai prodotti di caseifici di pianura che sfruttano queste denominazioni.


Durante tutto Cheese si sono susseguite le interviste al 'guerriero del Bitto'. Alcuni giornalisti sono venuti anche nel calécc, uno spazio relativamente tranquillo.


Mentre da una parte si vendeva Bitto storico a manetta e dall'altra si mesceva la sublime birra ZAGO (sostenitrice del Bitto storico) e si susseguivano le degustazioni nel calécc si poteva parlare comodamente seduti. Spesso con un assaggio di Bitto storico o di qualche altra specialità particolare. Enrico Ruffoni, il casér, il fido braccio destro di Ciapparelli ci ha fatto assaggiare i salumi che produce per sé, tra questi un prodotto particolare di Gerola, guanciale di maiale infarcito di pancetta e... stagionatissimo.


Si è degustata nel calécc anche la bresaola di Chianina, prodotta e stagionata nella valtellinese val Malenco di Simone Fracassi (il re della Chianina). Vere rarità. Mentre con Ciapparelli, Mario Chiarada (patron della Zago) e altri effettuavamo queste degustazioni 'extra' ci siamo detti "Con quello che facciamo per questi prodotti ce lo meritiamo". Queste 'pause' per quanto memorabili sono state abbastanza brevi. Nel calécc sono passati parecchi personaggi legati alla storia del Bitto storico (oltre ad amici e conoscenti vari). Nella foto sotto oltre a Ciapparelli e alla intervistatrice c sono altri due personaggi: Cristina Gusmeroli e il suo fidanzato Andrea.


Cristina è la giovanissima casara che ha iniziato a fare Bitto storico (da sola) a quindici anni. Ora ha diciassete anni ed è venura sino a Bra con Andrea. Al laboratorio dei giovani casari lei era la più giovane ma ha saputo tenere alto l'nore del Bitto storico egregiamente. Non ho assistito al laboratorio (dovevo presideiare il calécc) ma mi è stato riferito che la miscela di candore, determnazione, competenza di Cristina ha commosso i presenti che si sono alzati in piedi per applaudirla. Se lo merita. La sua è una storia bella anche per come ha conosciuto Andrea. Abitano in paesi vicini ma si sono conosciuta su facebook parlando di capre e per la precisione commentando un mio post sulla capra Annette. Una capra ossolana di diciassette anni di cui ho parlato più volte qui su Ruralpini ma anche su fb. Andrea è un allevatore per passione. Ha capre Orobiche e una vacchetta Grigia. Da quando sono fidanzati le da in guardia alla sua ragazza. Mi hanno parlato molto bene della vacchetta che,  piccola e agile, produce molto latte ed è buona da mungere. Si può non commuoversi con la storia di questi ragazzi?


Nella foto sopra possiamo vedere il calécc collocato tra lo stand del Presidio del Bitto storico e lo spazio coperto della Piazza della Resistenza casearia. Anche a Bra il calécc - o meglio iltendùn che lo copriva - ha fatto il suo dovere. Sabato sera si è scatenato uno statemp(espressione lombarda per indicare un evento metereologico violento). La tenda non ha lasciato filtrare una goccia mentre l'acqua entrava a ruscelli scorrendo lungo il cordolo del marciapiede. C'è stata un po' di confusione, è saltata la luce (anche negli stand) e c'è stata la corsa a riparare dall'acqua i materiali esposti o appoggiati a terra. Il calécc ha rappresentato una nota di autenticità pastorale. Negli stand dei presidi comunque non mancavano veri pastori e alpeggiatori (come testimoniato dalle facce famigliari o no che si incontravano)I Presidi, al di là delle critiche a quello uno piuttosto che all'altro (che non siano tutti 'duri e puri' , hanno consentito ad un mondo che prima non aveva accesso a una ribalta di entrare in contatto con un mondo che prima era molto distante, quello della ristorazione, delle rivendite specializzate, dei Gas, delle associazioni. La dimensione locale va salvaguardata ma se non ci sono canali con l'esterno dove il mondo è tutt'altro che ostile essa rischia di morire per soffocamento in balia di interessati 'mediatori' (commerciali, politici, burocratici, tecnici). Passando su e giù dagli stand dei presidi e cogliendo spezzoni di conversazioni ho avuto la sensazione che questi canali siano attivati.


L'esperienza di Cheese mi ha consentito di rivedere gli stereotipi sui 'giovani d'oggi'. Ci sono  i ragazzi come Cristina ma anche i giovani e giovanissimi contadini o pastori della nuova generazione. Durante la presentazione del Bitto e in altre occasioni Paolo Ciapparelli lo ha ribadito più volte "date ai ragazzi delle motivazioni, pagate il giusto i loro prodotti e ne entreranno parecchi in agricoltura". Non c'è altra via per salvare l'agricoltura di qualità, per avere cibo buono pulito e giusto. Ci vuole una nuova leva di contadini. Oltre a garantire prezzi etici vanno anche tolte la burocrazia e le corsie preferenziali per l'agricoltura 'imprenditoriale', delle monocolture, dell'ipermeccanizazione e chimicizzazione legata all'industria. A parte i pastori e casari presenti anche gli altri giovani che hanno lavorato agli stand sono ben diversi dall'immagine del ragazzo bamboccione. Monica, la ragazza che raccoglieva le prenotazioni per le degustazioni (foto sopra e sotto) è una studentessa di Scienze gastronomiche che parla un inglese molto fluent. Ha lavorato senza sosta mettendoci del suo, promuovendo con passione quello che 'vendeva'; illustrando i contenuti delle degustazioni che nel programma scritto erano state presentate in modo molto sintetico. Ho dovuto quasi costringerla a staccare per 'farsi' una degustazione dicendole che l'avrei sostituita volentieri per un po'. Dopo pochi minuti me la vedevo tornare e riprendere con entusiasmo il lavoro. Giovani scansafatiche? Sì, purtroppo ce ne sono parecchi (parlo per esperienza personale con gli studenti) ma altri sono anche meglio delle generazioni precedenti.


Queste considerazioni sui giovani tutt'altro che demotivati e scansafatiche valgono anche per i ragazzi dello stand del Bitto storico (sotto). Anche loro - pur concedendosi brevi turni - hanno lavorato in modo accanito. Si tratta di ragazzi che per la maggior parte non sono direttamente coinvolti come produttori ma, pur lavorando in altri settori (pubblicità, turismo) sentono molto la causa del Bitto storico, tanto da dedicarle il loro lavoro volontario. Per alcuni si tratta di un impegno saltuario, per altri più continuativo (come quelli che curano il sito). Vendere il Bitto storico (con prezzi sino a 75 € al kg) è diverso rispetto a vendere un formaggio qualsiasi. La gente chiede spiegazioni, vuole sapere che storia c'è dietro. E qui ho notato che oltre alla passione questi ragazzi hanno anche una preparazione 'politica' che è frutto anche di quello che vado scrivendo e dicendo sul Bitto da anni. È bello sentirsi un 'cattivo maestro', un 'sobillatore' se la causa 'sovversiva' che promuovi è una causa cristallina come quella del Bitto storico.
È stato anche  bello sentire mescolare considerazioni politiche e informazioni tecniche e commerciali, sentire il trasporto con cui le vicende della 'guerra del Bitto' vengono - in pillole ma correttamente - veicolate al pubblico di Cheese. Anche in questo si percepiva che questa non è solo una fiera.


Sul banco del calécc campeggiava una forma di Bitto storico molto particolare. Intanto è una forma dl 2004 che reca il marchio "Valli del Bitto" (utilizzato tra il 2003 e il 2005), poi ha una storia singolare. Qualche giorno prima di Cheese ha ferito Ciapparelli. Il nostro guerriero, dopo tante battaglie, è stato colpito da una delle sue creature. Una creatura che ha salvato, evitando che cadesse a terra. Ma nel salvarla dalla caduta l'ha presa in faccia e una forma di sette anni, con gli spigoli vivi dovuti alla convessità dello scalzo del Bitto, fa male. Così Paolo ha dovuto farsi suturare con cinque punti la ferita sopra il labbro. Per concedere alla forma traditrice di redimersi Paolo ha ben pensato di trasformarla in testimonial della campagna di azionariato popolare (foto sotto). Io non posso che rilanciare l'appello scritto sul piatto ricordando a tutti gli amici del Bitto storico la possibilità di diventare soci della società etica che commercializza sottoscrivendo almeno una azione (150€) come diventare azionisti




A Cheese il Bitto storico ha ribadito di essere Bitto storico orobico, parte integrante dell'alleanza dei formaggi orobici, un'alleanza che ha provato un centro propulsore in alta val Brembana e in particolare a Branzi dove settimana prossima (24-25 settembre) si terrà la Fiera di S.Matteo. Tra gli animatori dell'allenza Francesco Maroni (latteria di Branzi e presidente della Fiera di S.Matteo), Alvaro Ravasio (presidente del Consorzio Starchitunt) e Ferdy Quarteroni (produttore di Formai de Mut e patron dell'agriturismo Ferdy).


Al progetto di "distretto rurale" orobico, vero progetto di massiccio che unisce valli di tre provincie, Ferdy porta la sua esperienza di agriturismo ruralpino di avanguardia. Da anni lavora con i ragazzi. Le sue settimane verdi che prevedono l'alzarsi presto la mattina e il lavoro in alpeggio sono frequentate da numerosi ragazzi che vengono da varie parte d'Italia. Fanno sport, si 'immergono nella natura' ma imparano a vederla anche con gli occhi del contadino svolgendo una serie di lavori e imparando alcune manualità contadine.


Torniamo al Bitto storico. La degustazione clou è consistita in una verticale con tre annate: 2007 (alpe Cavizzola), 2005 (alpe Ancogno s.) e 2001 (alpe Ancogno s.). Dieci anni e non li dimostra verrebbe da dire. La forma del 2001 è quella che nella foto sotto 'regge' le altre. A parte gli occhi bianchi che non sono occhi ma accumuli dell'aminoacido tirosina (come nel Grana stravecchio) la pasta non differiva da quella della forma più giovane. La scagliatura era analoga. Insomma un formaggio vivo e vegeto che alla degustazione ha raccolto anche più consensi del 2005. Cosa dire? Che quando si dice che il Bitto storico può invecchiare dieci anni non sono balle (hinn minga ball). Certo non c'è un mercato. Le forme sono poche e conservate gelosamente ("quando ne apro una - dice Ciapparelli - è una tristezza perché è una in meno"). Però si possono acquistare le forme di sei-sette anni senza problemi (consapevoli del costo). Ma nel settore enologico non ci sono bottiglie da migliaia di euro?


Sotto il Bitto storico decennale con Mario Chiaradia (birra Zago) e Paolo Ciapparelli. In questa degustazione l'accompagnatore dei bitti stravecchi è stato lo Sfurzat 5 stelle Negri ma nell'altra verticale con annate meno 'vertiginose' la birra Zago ha degnissimamente affiancato il super Bitto. Si parla di una birra rifermentata in bottiglia con metodo champenoise, nata nel 2006 e imbottigliata nel 2008 con 11 gradi alcolici. Sotto ci sono filosofie simili, l'allevamento dei microbi, la pazienza. Non basta "bisogna anche essere un po' matti" (dicono di sé stessi i papà di questi prodotti). Per fortuna che questi 'matti' esistono.

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