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giovedì 13 ottobre 2011

Ristoratori-sherpa per il Bitto storico

(11.10.11) Una comitiva di ristoratori e titolari di agriturismi bergamaschi porta a piedi, attraverso il passo di Salmurano, Agrì di Valtorta e Formai de Mut al Santuario del Bitto e torna con forme di Bitto storico nelle gerle

 

 testo di Michele Corti, foto di Matteo Zanga

Il Bitto storico continua ad essere ll motore di iniziative originali che suscitano l'entusiasmo dei partecipanti e stimolano sempre nuove idee. Le montagne tornano ad unire (quando i montanari tornano a fare da sé liberi da tutele)
Certe cose possono succedere solo grazie alla capacità di certi simboli di mettere in moto energie insospettabili. Il simbolo fa da catalizzatore ma nulla potrebbe se non ci fosse una materia utile da far reagire. Una materia umana, fatta di personalità piene di entusiasmo, di volontà incrollabile, capaci di guardare lontano, ma con i piedi saldamente ancorati alla terra come si conviene a chi vive in montagna. La storia che oggi racconto con particolare piacere ha diversi protagonisti (umani e non) che verranno tutti accuratamente citati.
Il primo protagonista è quello che fa da sfondo a tutta la storia, ma che gioca anche un grande ruolo di simbolo e di fattore di connessione del tutto: le Orobie. Il secondo è il Bitto storico. Un vero figlio delle Orobie  che oggi ricambia la  matrice che lo ha generato, conferendole una giusta rinomanza. 


Il trapianto altrove del Bitto si è dimostrato un boomerang
Hanno tentato di trapiantare altrove questo formaggio - che oggi è il più pagato al mondo - con il risultato di aver fatto emergere in modo ancora più netto, consapevole, militante la sua orobicità (in polemica con il 'nuovo Bitto' consacrato dalla burocrazia del gusto - la Dop - prodotto dallo Spluga a Livigno). L'orobicità del Bitto storico ha innescato processi imprevedibili. Ha saldato al di là della cresta, e quindi del confine tra le provincie di Sondrio e di Bergamo, non solo chi produce Bitto storico ma anche i formaggi che ne condividono una comune origine (Branzi FTB e Formai de Mut) e altri che si riconoscono in una comune grande tradizione casearia (Strachitunt, Stacchino all'antica, Agrì di Valtorta). Le Orobie hanno capito di essere un comprensorio caseario unico al mondo.

Protagonisti
Nulla di ciò si sarebbe realizzato però se non ci fossero stati dei protagonisti umani oltre a quelli orografici e caseari (cui si potrebbero aggiungere la capra orobica e tutti la schiera dei personaggi-simbolo  del Bitto storico tra mito e storia). Parliamo di protagonisti attuali, persone che hanno antenne decisamente più sensibili della tanta gente (quasi tutti) che si rassegna al conformismo, antenne che hanno consentito loro di cogliere il senso, la grandezza, la bellezza, le potenzialità del nesso Orobie-formaggi-storia.
Paolo Ciapparelli, il guerriero del Bitto (per il versante abduano-valtellinese), presidente del Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico e Ferdy Quarteroni (per il versante brembano), titolare dell'omonimo Agriturismo Ferdy e attivo "animatore" valligiano,  sono coloro che hanno attivato la reazione, che hanno spinto per riprendere i rapporti tra i due versanti. Dai primi contatti si è arrivati oggi - grazie al coinvolgimento di Francesco Maroni, presidente della Fiera di S.Matteo dei Branzi alla ormai consolidata "Unione dei formaggi Principi delle Orobie" e a mettere in cantiere un Distretto rurale "di massiccio".


Istituzioni alla retroguardia
Paolo e Ferdy sono avanti di anni rispetto alle istituzioni impantanate in vecchie e nuove sabbie mobili burocratiche e ancora incasellate in una maglia rigida di istituzioni territoriali sempre più in crisi di identità. Paolo e Ferdy hanno capito l'importanza di concetti come "logica di massiccio", "multifunzionalità" quando si potevano leggere solo in riviste specialistiche, molto prima dei burocrati e dei politici.
Ferdy lo avete già incontrato nelle prime foto a corredo di questa storia (ll suo cappellaccio se l'è tolto solo a tavola). Paolo, il guerriero del Bitto, che in certi uffici e in certe "stanze dei bottoni" non è visto con maggiore simpatia di quella nutrita dai mandarini cinesi neu confronti Gengis Khan e i suoi mongoli, lo vedremo solo tra qualche foto. Che cosa ci fa Ferdy con l'asino delle foto? Cosa significa quell'inquietante coltello infilato nel secchiello di legno della foto sopra?


Una spedizione casearia
In sintesi si potrebbe dire che il nostro eroe sta materializzando le relazioni casearie trans-orobiche in modo simbolicamente efficace. Lo fa ripercorrendo con amici contagiati dal suo entusiasmo i sentieri dei formaggi che valicavano il crinale orobico portando a dorso d'uomo, d'asino o di mulo i prodotti caseari degli alpeggi ai centri di commercializzazione a valle. La spedizione guidata ieri 11 ottobre da Ferdy aveva lo scopo di trasportare al centro del Bitto storico una forma di Formai de Mut (nella foto sopra sul basto dell'asino) e della pasta di Agrì di Valtorta e quindi di riportare indietro alcune forme di Bitto storico. L'Agrì (Presidio Slow Food) è un formaggio vaccino lavorato come i caprini a coagulazione lattica. L'inquietante coltello che abbiamo visto in una foto sopra è infilato nella pasta dell'Agrì, contenuta nel tradizionale contenitore in legno per lo spurgo del sieto (il garocc). Credo che il coltello sia servito a preparare delle porzioni degustate dai membri della spedizione e - questo me lo ha raccontato Ferdy - offerte a due escursionisti intercettati a 2.000 m all'incrocio con l'impegnativo sentiero 101 (Sentiero delle Orobie).


Partita  da Ornica in alta val Brembana la piccola carovana  ha risalito la valle di Salmurano sino a raggiungere l'omonimo passo (2.020 m)  che la collega con la Valgerola  per poi ridiscendere sino ai 1.850 m delle baite dell'alpe Pescegallo lago. Di qui a Gerola alta, sede del Centro del Bitto storico, il percorso è stato effettuato in pick-up. Al passo, ad aspettare la spedizione bergamasca, c'era Paolo Ciapparelli che  ha accompagnato i partecipanti  a a Gerola alta con il mezzo fuoristrada.


I membri della spedizione erano: il figlio di Ferdy (un ragazzo che studia lettere ma è intenzionato a fare l'alpeggiatore), Ezio Gritti patron dell'Osteria di Via Solata a Bergamo alta (una stella Michelin), Fabio Berti giovane chef-patron del Ristorante La Baracca di Camerata Cornello, Graziana Regazzoni (elemento di punta dell'agguerrito  gruppo "Donne di montagna" che gestisce l'Albergo Diffuso di Ornica con annesso punto vendita dei formaggi orobici), Marco Fustinoni, titolare dell'agriturismo Prati Parini di Sedrina. Non si sono lasciati scappare la ghiotta occasione alcuni fotografi orobici free lance che si sono aggregati alla comitiva. 


Tra loro Matteo Zanga che ha generosamente acconsentito a mettere a disposizione le immagini che illustrano questa storia (e che finiranno poi sulla patinata rivista Orobie). Grazie a Matteo questa storia straordinaria ha potuto essere illustrata come meritava.   Nel ringraziarlo a nome dei lettori ruralpini e del Bitto storico tengo a far rilevare come la storia del Bitto storico è fatta di tanti atti di generosità piccoli e grandi come questo: persone che hanno messo gratuitamente a disposizione il loro tempo, i loro talenti, i loro soldi. I centri di potere imprenditoriale, burocratico, politico che speravano di liquidare i ribelli del Bitto non hanno fatto i conti con queste risorse. Forse perché operando esclusivamente in funzione del proprio tornaconto non concepiscono che ci sia gente che segue anche logiche diverse, che appoggia una causa perché buona, pulita e giusta. 


Forse perché operando esclusivamente in funzione del proprio tornaconto non concepiscono che ci sia gente che segue anche logiche diverse, che appoggia una causa perché buona, pulita e giusta. Oltre alle belle foto di Matteo la giornata di ieri ha riservato un altro regalo che consentirà a molta più gente rispetto a chi legge Ruralpini e Orobie di venire a conoscenza di questa storia di ristoratori-sherpa per amore del Bitto storico. Ad aspettare al varco (passo di Salmurano) la comitiva bergamasca oltre a Ciapparelli c'era una troupe del TGR (TG Regione della RAI) con la giornalista Claudia Apostolo della redazione di AmbienteItalia, una rubrica del TGR che va in onda il sabato dalle 12.55 alle 14.00. 

foto Michele Corti

Nel caveau
La trasmissione del TGR doveva occuparsi dei ribelli del Bitto dopo i trionfi del Bitto storico a Cheese e l'uscita del libro "I ribelli del bitto". Saputo della carovana dei bergamaschi che sarebbe arrivata a piedi a rifornirsi di Bitto storico la trasmissione è stata realizzata in coincidenza con questo evento. Nella foto sopra siamo già nel Santuario del Bitto, meta della spedizione dove ci si è trasferiti dopo una rapida colazione a base di pizzoccheri e Bitto storico "novello" all'Antica Trattoria Pizzo dei Tre Signori. Qui si sono svolti i rituali della autenticazione delle forme destinate a valicare le Orobie e del carico dei gerli.
foto Michele Corti

Le foto (alla buona, non avevo nemmeno dietro la reflex) ritraggono Ciapparelli che autografa le forme. Una prassi di "autenticazione" che è stata introdotta dopo Cheese, ovvero dopo la constatazione che il Bitto storico - sempre più celebrato - deve divenire facilmente distinguibile, inimitabile. Paolo Ciapparelli si è fatto esperto calligrafo e verga a mano, una ad una le forme riportando l'indicazione del casaro, dell'annata, dell'alpeggio e alla fine apponendo la sua firma. Dal Santuario del Bitto d'ora in poi le forme uscirano solo con l'autenticazione.

foto Michele Corti

Nelle gerle imballato col fieno aromatico
Dopo le operazioni nel "caveau", autenticazioni, riprese, fotografie e non finire, interviste, siamo risaliti al livello superiore dove c'è il locale vendita e degustazioni. Qui i bergamaschi hanno caricato le gerle utilizzando fieno profumato come imballaggio. Nella foto sotto Ferdy si intrattiene con un altro personaggio che fa parte a pieno titolo della storia recente del Bitto: Gino Cattaneo. Cattaneo, noto per essere il patron di un locale molto noto in Valtellina (il ristorante Hotel La Brace di Forcola) è una colonna della Bitto trading spa, il braccio commerciale dei ribelli del Bitto, una società costituita da piccoli imprenditori e professionisti e a sostegno della causa del Bitto storico (una strana Spa etica, ma non ci sono anche la Banca etica e la Finanza etica?). Cattaneo, però, sostiene la causa in tanti altri modi, ed è sempre sulla breccia. A Cheese è bazato agli onori delle cronache quando con un colpo di scena è apparso all'asta (a favore degli Orti per l'Africa) delle forme di Bitto storico ultradecennali. In quella occasione si è aggiudicato per 2.200 € una forma del 1996. Così, invece di essere aperta e porzionata è tornata "a casa" ed è infatti ancora lì nel Santuario del Bitto esposta alla venerazione dei visitatori.

foto Michele Corti

Le operazioni procedevano un po' a rilento e Ferdy, il capo spedizione, ogni tanto richiamava gli altri: "Su che viene buio". Il sole sfolgorante e la temperatura elevata di questo autunno che si crede ancora estate (un'anomalia che dovrebbe preoccupare) forse fanno dimenticare che il sole ... non ha cambiato i suoi orari.

foto Michele Corti

Le forme vengono insaccate e deposte tra strati di fieno. Operazioni dal sapore antico anche se una volta il carico doveva essere molto maggiore. Non una ma quattro o più forme.

foto Michele Corti

Rientro inseguiti dalle ombre del tramonto in montagna
Riaccompagnati da Ciapparelli alle baite alte di Pescegallo lago i nostri si rimettono in cammino. Il sole si sta abbassando e tra poco scomparirà dietro la cresta orobica.


Durante la marcia c'è il tempo di riflettere sulle fatiche dei vecchi e sul significato di una giornata memorabile. Coprire a piedi il breve percorso tra Ornica e Gerla alta (in linea d'aria sei km)  rinunciando a percorrere in auto il lungo tragitto (settanta km) che costringe a valicare il Passo di San Marco e a scendere a Morbegno per risalire a Gerola riveste un grande significato. I montanari in modo simbolico ma non solo si riappropriano dei loro percorsi, delle loro connessioni, in una parola si riappropriano della montagna. Lo fanno dimostrando che, almeno in casi esemplari, si può farer a meno delle rete di infrastrutture viarie che fa parte di una una strutturazione del territorio pensata a partire dalla città, dalla pianura. Pensata per accrescere la dipendenza della montagna per farla gravitare sui centri a valle e pedemontani, per impedire le relazioni inter-vallive, per fare della montagna economicamente e culturalmente una periferia frammentata.


Credo, però, che  nostri amici - gente che ha a che fare direttamente o indirettamente con la preparazione del cibo - abbiano riflettuto durante il cammino anche su altri aspetti più legati alla loro esperienza quotidiana. Non a caso mi piace inserire la foto sopra con Fabio Berti, giovane chef, che cammina concentrato con la gerla carica di Bitto storico. Andare "alla fonte" a procurarsi il cibo che sarà usato in cucina, che sarà "somministrato" alla "clientela" usando le proprie mani e le proprie gambe, conoscere le persone, le facce, le mani, le teste che hanno prodotto quel cibo ha un grande significato e conferisace un senso nuovo (anche se antico) al proprio lavoro.


Si ridiscende verso casa. Il sole sul versante meridionale accompagna ancora il cammino nonostante le ombre che si allungano.

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