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La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online

lunedì 6 febbraio 2012

Paolo Massobrio in visita al Centro del Bitto storico

Sabato 4 febbraio Paolo Massobrio, noto giornalista e critico enogastronomico, ha fatto visita al Centro del Bitto storico a Gerola alta accompagnato dalla moglie e da Francesca Traversi di Cosio giovane delegata del Club papillon valtellinese. Massobrio non è solo il collaboratore di quotidiani e riviste, l'autore della guida Golosario e di molte pubblicazioni di vini ma ha anche dato vita al movimento dei club di Papillon che intendono valorizzare le originalità delle risorse gastronomiche territoriali e dei valori della cultura popolare ad esse legate. La rivista Papillon, diretta da Massobrio si definisce "di sopravvivenza gastronomica" e i club organizzano momenti di aggregazione che si qualificano quali iniziative di "resistenza umana". Con queste premesse era naturale l'incontro tra Massobrio e i ribelli del Bitto, protagonisti della più emblematica esperienza di "resistenza casearia" che con la loro strenua opposizione al "Bitto omologato" (sostenuta in maniera determinante di Slow Food) hanno consentito la sopravvivenza di uno dei più preziosi tesori gastronomici dell'Italia, delle Alpi, dell'Europa.
Svoltosi nella massima cordialità l'incotro ha consentito di confermare una grande sintonia di vedute. Paolo Ciapparelli ha illustrato a Massobrio le tappe della vicenda Bitto ma la maggior parte della visita è stata dedicata al "percorso guidato" nel Santuario del Bitto e alla degustazione di tre Bitti storici: Trona soliva 2010 (casaro Antonella Manni), Cavizzola 2007 (casaro Sonia Marioli), Ancogno solivo 2005 (casaro Carlo Duca). Nella loro diversità i tre diversi "cru" esprimevano tutti l'identità del Bitto storico (sotto Paolo impegnato nel taglio).
Al Bitto storico sono stati accompagnati i salumi casalinghi (salame di capra, slinzega e bresaola di bovino) di Enrico Ruffoni, casaro del Centro del Bitto storico e onnipresente braccio destro di Ciapparelli insieme in tante occasioni (foto sotto). Peccato non sia potuto essere presente "il Gino", Gino Cattaneo patron de La Brace di Forcola e grande sostenitore del Bitto storico. Una giornata che segna l'allargamento dlela cerchia degli amici e sostenitori del Bitto storico che si conferma come elemento in grado di catalizzare l'attenzione di tante realtà anche diverse tra loro ma che hanno in comune la convinzione che la questione cibo (buono) è la più importante.

Si vende in Cina il formaggio più caro e invecchiato al mondo. È il Bitto storico


Vi ricordate della notizia della fornitura di Bitto storico del 1997 ad una ditta di Hong Kong (vedi Bitto storico News n. 2)? Ora ne ha parlato il sito "globale" della CNN con un articolo di Andrea Fenn del 31 gennaio. Si tratta solo di 20 kg (la prima fornitura) ma di una forma di quindici anni. Un record per i formaggi. La Cina è ansiosa di raggiungere una serie di primati e il campo gastronomico non resta al di fuori di questa corsa. Il Bitto storico superinvecchiato è venduto a 247€ il kg (2.500 dollari di Hong Kong). La partita di Bitto del 1997 è stata acquistata da una ditta di import, la Profood Limited di Hong Kong che lodistribuirà il prodotto porzionato a rivenditori in varie parti della Cina. Il contatto con la Valli del Bitto trading spa (il braccio commerciale deol Consorzio produttori Bitto storico) è stato tenuto da Ivona Grgan una giovane manager di 28 anni di origine serba. Ivona alla CNN ha dichiarato che "Sappiamo che i cinesi amano il buon cibo. Desiderano provare nuovi gusti e sono particolarmente interessati a prodotti rari e unici". Certo è che il formaggio è poco diffuso in Cina e che quello che va per la maggiore è quello spalmabile. Però i prodotti occidentali si stanno diffondendo presso strati sempre più ampli della popolazione e con l'apprezzamento per i grandi vini francesi e italiani non può che arrivare per un prevedibile effetto di trascinamento e di abbinamenti anche l'interesse per i formaggi. Intano la forma più vecchia di Bitto storico (1996) rimane custodita nel Santuario del Bitto a Gerola alta e diverse altre forme si stanno "preparando" per raggiungere il traguardo dei "oltre 10 anni di invecchiamento". Come al solito alla fine una riflessione è inevitabile: "Cosa farebbero altre regioni italiane se avessero il formaggio più caro e invecchiato al mondo"?

 


sabato 21 gennaio 2012

Una improbabile battaglia in nome della cultura e della storia (la tragicomica vicenda della "guerra del pizzocchero")

(21.01.12) Il pizzocchero "Valtellinese" IGP è prodotto principamente fuori della Valtellina, a Chiavenna (dove il pizzocchero è da sempre di farina di frumento) con farina macinata in Brianza di origine cinese


Gli stessi personaggi che nel caso del Bitto storico hanno messo sotto i piedi la storia in nome dei numeri e della "massa critica di mercato" ora, quando gli fa comofo, si appellano alla cultura e a documentazioni storiche secolari. La farsa serve a  rivendicare l'esclusiva provinciale per un un pizzocchero industriale IGP che di "valtellinese" ha quasi nulla. Mentre paradossalmente i rivali bergamaschi possono vantare di produrre pizzoccheri più "valtellinesi" 

La Valtellina degli industriali alimentari e dei politicanti ha da tempo capito che l'agricoltura non serve, che il business funziona benissimo - anzi meglio - se si usa l'ingrediente purificato dell'immagine, della rappresentazione della montanità, della valtellinesità. Per poi smerciare funghi, marmellate, pizzoccheri, bresaole, violini (e anche formaggi) prodotti con materia prima rigorosamente global. È stato il cav. Emilio Rigamonti ad aprire la strada sin dagli anni '70 con la bresaola di carne congelata di zebù brasiliano. Gli altri hanno seguito. Questi personaggi che hanno capito che le più grandi risorse "imprenditoriali" sono l'appoggio politico garantito da canali sicure, le mammelle di mamma Regione e la dabbenaggine del consumatore, hanno però trovato sulla loro strada un ostacolo che hanno a lungo sottovalutato ma che si sta rivelando formidabile: i ribelli del bitto storico. Ora sono incappati in un altro agguerrito avversario: un pastificio bergamasco che non ne vuole sapere di rinunciare a produrre "Pizzoccheri valtellinesi" (con qualche buona ragione dalla sua).
La Provincia di Sondrio e la Valtellina non sono la stessa cosa
Per poter portare in porto le sue operazioni la cupola dell'agroindustria sondriese - strettamente intrecciata a banche, politica e GDO -conduce da quindici anni la guerra del Bitto. E non è riuscita ad avere la meglio di un pugno di produttori tradizionali, nonostante tutta la potenza di fuoco del fronte istituzionale (da Bruxelles ai sindaci). Ora da qualche anno conduce la "guerra del pizzocchero". Questa volta di fronte non ci sono degli "straccioni" ma un industriale bergamasco che vanta di produrre "Pizzoccheri valtellinesi" daglia nni '60.
Come nel caso del Bitto molta della querelle si gioca sull'equivoca identità tra "Provincia di Sondrio" e "Valtellina". Quando fa comodo si fa finta, violentando la geografia e la storia che la Valchiavenna sia una valle laterale della Valtellina, alias Provincia di Sondrio. Ma la Valchiavenna, detta anche valle della Mera ha avuto destini diversi dalla Valtellina (Valle superiore dell'Adda). La Mera e l'Adda sono imissari del Lago di Como "di pari grado". A confermare la non identità di Valtellina e Provincia di Sondrio ci pensa ancora la geografia. Il Livignasco è la valle dello Spöl, un affluente dell'Inn, subaffluente del Danubio. Più che la geografia conta la storia. Prima del regno Lombardo Veneto (1816) la Provincia di Sondrio non è mai stata una entità unica. L'autonomia del Contado di Chiavenna e della Contea di Bormio non è mai stata messa in discussione nè sotto i Duchi di Milano nè sotto la dominazione delle Leghe Grigie (sotto uno stemma storico che rispecchia la realtà dei tre territori storic: in alto a sinistra Chiavenna, a destra Bormio, sotto la Valtellina).

La ridicola pretesa di far coincidere i confini culturali e delle tradizioni agroalimentari con i limiti provinciali
La provincia è realtà eminentemente burocratico-amministrativa. Ma i burocrati e certi politici vorrebbero, in una sorta di parodia in chiave gastronomica del giacobinismo, "naturalizzare" i confini provinciali e pretendere - per decreto - che siano anche un ambito culturale e di tradizioni omogene agroalimentari. Operazione chiaramente finalizzata a porre in capo alle istituzioni politiche e parapolitiche (come il Distretto agroalimentare) la governance della "tipicità del cibo" e a gestire flussi di spedsa pubblica e di potere (o meglio sottopotere). Così, quando è stato redatto il disciplinare del Bitto Dop si è affermato che esso era produzione "tradizionale" diffusa in tutta la provincia mentendo clamorosamente. Nella Valchiavenna la produzione del Bitto Dop era talmente "tipica" e "tradizionale" che è stata avviata DOPO l'istutuzione della Dop.

Dopo questa (indispensabile) premessa torniamo all'attualità

Il giorno 19, l'altro ieri, presso la Camera di Commercio di Sondrio si è svolta la seduta per la presentazione del Disciplinare dei Pizzoccheri della Valtellina IGP (già approvato dalla Regione Lombardia). C'erano Emanuele Bartolini, presidente della Camera, Patrizio Del Nero, direttore del Distretto agroalimentare, Severino de Stefani, assessore provinciale, tutti personaggi che chi segue la saga del bitto storico conosce bene (inquadrati tra i "cattivi"). A rompere le uova nel paniere i rappresentanti della ditta Pastificio Annoni di Fara Gera d'Adda in provincia di Bergamo che hanno ribadito i motivi di opposizione (i rappresentanti dell'Accademia del Pizzocchero di teglio, invece, hanno preferito marcare con la loro assenza il loro pensiero di "talebani del Pizzocchero"). La ditta Pastificio Annoni non è da oggi che contesta il monopolio sondriese della produzione del "Pizzocchero valtellinese".
A parte il punto nodale della localizzazione della produzione che i sondriesi vogliono far coincidere con "tutta la provincia di Sondrio e nient'altro che la provincia di Sondrio" qualcuno nel corso della seduta ha rilevato un errore macroscopico nella stesura del disciplinare laddove si precisa che la pasta è "derivata dall'impasto di grano saraceno e sfarinati" . Una dizione a dir poco imprecisa dal momento che si impasta il "grano", ovvero gli acheni (granelli) ma la farina (detta "fraina" o "farina nera"). E pensare che diverse istituzioni hanno "controllato".

Uno show esilarante

Nulla, però in confronto allo show un po' imbarazzante nella sua sfacciataggine dei rappresentanti della "cupola" agroalimentera industrial-istituzionale sondriese. È stato addirittura commovente Fabio Moro, presidente del Comitato per la valorizzazione dei Pizzoccheri della Valtellina (nonché maggior produttore di Pizzoccheri industriali dopo Annoni). L'industriale ha citato il presidio Slow Food del grano saraceno di Teglio (encomiabile iniziativa ma che interessa per ora pochissimi ettari di coltivazione) per il suo significato culturale.
"Ed è per la stessa ragione, innanzitutto culturale. che abbiamo costituito un Comitato provinciale" ha tenuto a precisare Moro. Certo che no, chi ne dubita? Giammai si pensi che ci sia sotto un interesse comemerciale.
Non contento il pastaio si è appellato anche al carattere identitario della "guerra del pizzocchero" che ha generato una vera e propria mobilitazione popolare.
Ha infatti sottolineato le 12 mila persone che hanno firmato la richiesta ora al vaglio del ministero e persino i "2567 amici di Facebook che da tutto il mondo ci sostengono". A suo fianco sedeva l'assessore Severino de Stefani, chiavennasco come Moro, che passerà alla storia per aver invocato l'invio degli ispettori antifrode del Ministero contro i produttori storici del bitto. In quel caso le petizioni pro bitto storico e contro i "gendarni del gusto" e i gruppi di sostenitori su facebook dei produttori storici non sono mai state citate. Spontaneamente, senza la grancassa di cui hanno goduto le iniziative "pro pizzocchero nostro" il Bitto storico ha raccolto 3600 firme in calce a una petizione rivolta alla Regione e ha 1600 sostenitori della "causa" su Facebook.

In Valchiavenna (sede Moro Pasta) si fanno i pizzoccheri eccome... ma con la farina bianca

Tutto da ridere verrebbe da dire. Sì perché Moro non solo produce pizzoccheri secchi industriali "moderni" da minor tempo di Annoni ma lo fa a Chiavenna dove il grano saraceno non è mai stato coltivato, tanto è vero che non esiste traccia nella gastronomia del territorio. Se andate Chiavenna nei locali più "andanti" se chiedete "pizzoccheri" di serviranno quelli "Veltellinesi" (ma sarebbe meglio dire industriali). Se andate in crotti e locali di cucina del territorio vi serviranno i "Pizzoccheri bianchi o chiavennaschi". Sono gnocchetti di farina bianca e si accomagnano alle sole patate. Una bella differenza! Il tutto si spiega facilmente. In epoca romana ma anche in epoche successive Chiavenna è stata interessata da notevoli flussi di commercio regionali e su lunga distanza grazie alla convenienza dell'itinerario transalpino che da Como attraverso la comoda via lacustre arrivava a Samolaco (porto di Chiavenna quando il Lago di Como si estendeva a Nord sino nell'attuale Piano di Chiavenna) per poi proseguire allo Spluga o al Septimer. Il frumento arrivava facilmente dal milanese. Ma procediamo. Non solo il maggior produttore di "Pizzoccheri Valtellinesi" (e presidente del Comitato) non è in Valtellina ma in un altra valle dove non esiste alcuna tradizione di utilizzo del grano saraceno e tanto meno dei "Pizzoccheri Valtellinesi" ma la farina che utilizza viene molita in Brianza (non tanto distante dal pastificio Annoni) ed è ottenuta da grano saraceno cinese. Annoni, invece, utilizza farina molita a Teglio, patria indiscussa del Pizzocchero Valtellinese e sede dellAccademia del Pizzocchero dal Molino Tudori, di grande tradizione nella lavorazione del "saraceno" che fa venire dalla Germania (è quindi di origine comunitaria quantomeno). Aggiungasi che la Bassa Valtellina (di Morbegno) che partecipava del vantaggi di rifornimenti commerciali via Lario ha adottato precocemente e con entusiasmo, come altre terre lombarde, il mais.

Pretese storiche fragili

È poi facilmente dimostrabile come il saraceno fosse ampiamente diffuso nell'Italia settentrionale (come in varie parti d'Europa) prima della rivoluzione alimentare colombiana. Tutti ricordano la "polentina bigia" di Tonio nei Promessi Sposi in zona confinante con la Bergamasca. Va poi rilevato che non è solo la media-alta valtellina l'unica regione dove la tradizione della coltivazione e dell'uso alimentare del saraceno si è conservata a lungo. Basti citare come zone corservative il Friuli, l'alto Varesotto, le alpi Marittime. Posso personalmente testimoniare che in Val Veddasca (alto Luoinese, Va) il saraceno sino al declino della "civiltà contadina" era la coltura più praticata. Con esso si preparava la polenta ma anche altre varie ricette gelosamente custodite dalla signora Saredi che sino a due anni fa gestiva orgogliosamente la storica Trattoria Saredi fondata dal bisnonno. Dal momento che il "Pizzocchero Valtellinese" è una preparazione moderna (nella sua forma attuale standardizzata proprio dal pastificio Annoni) credo che non sia difficile dimostrare che le preparazioni "storiche" a base di "fraina" dalle quali è disceso il Pizzocchero attuale potessero essere rinvenute anche in altre aree di forte penetrazione del "saraceno". Questo sulla base di una profondità storica che va al di là dell'orizzonte "storico" delle Dop e IGP che, è bene ricordarlo, richiedono "almeno venticinque anni" di "tradizione". Il pastificio Annoni può vantare multipli di venticinque anni di storia.
È veramente curioso che ci siano personaggi che, nel caso del Bitto, hanno attestato il falso per dimostrare che la produzione in Valchiavenna e in altre aree della Provincia (che aveva pochi anni di vita) poteva vantarne più di venticinque mentre oggi gli stesso contestano ad Annoni di non poter vantare secoli di storia.
Con questa gente che usa "tipicità", "storia", "cultura" come nel gioco delle tre carte si rischia di disperdere grandi valori. La Provincia di Sondrio di patrimoni agriculturali ne ha molti. Ma questa cupola industrial-istituzionale (in questo poco responsabilmente assecondata in modo miope per "automatismo burocratico-istutuzionale" dalla Regione) li stà distruggento. E la parabola della bresaola finita in mani brasiliane è lì a raccontare dove si va a finire.

 

sabato 24 dicembre 2011

Bitto storico news (3) - dicembre 2011


 Il Bitto storico ambasciatore  (ufficioso ma prestigioso) del buono della Lombardia nel mondo



Sommario


 


Sempre interessanti e frizzanti  le storie del Bitto storico: (anche per le contraddizioni del sistema politico-alimentare che mettono a nudo). Una forma di Bitto storico battuta a 1.000 € all'asta del meglio della produzione agroalimentare a Parigi tenutasi il 19 dicembre e viene presentata come "il msimobolo della produzione casearia lombarda".


Un'altra di 16 kg allieta gli spettatori (e le autorità) presenti alla prima della Scala (su maxischermo) a Sondrio; capoluogo di quella Valtellina che è stata (e in parte rimane) matrigna nei confronti del Bitto storico. Un'alta ancora viene raffigurata (e celebrata) tra i simboli dell'agricoltura lombarda presenti alla Festa dell'agricoltura a Palazzo Lombardia sul numero di dicembre della rivista Confronti della presidenza della regione; di quella regione che - almeno per quanto riguarda la struttura burocratica della DG agricoltura - considera il Bitto storico  un "pericolo pubblico" che destabilizza il sacro sistema delle Dop e dei Consorzi ufficiali   





Una forma di Bitto storico intera battuta a 1.000€ alla prima asta mondiale dei più costosi prodotti enogastronomici degli artigiani del gusto

 

A Parigi, presso l'Hôtel Marcel Dassault, 7 Rond-point des Champes-Elysées 75008 lcurata dalla casa d'aste Artcurial, si è svolta il giorno 19 dicembre (preceduta dall'esposizione dei prodotti dal giorno 16) la prima asta mondiale dei prodotti degli artigiani del gusto con i prodotti più costosi al mondo. Battitore il maestro Françoise Tajan sotto la supervisione del giornalista enogastronomico Bruno Varjus.  
Quest'ultimo ha dichiarato a Le Figaro (link all'articolo) che "Quello che ci accingiamo a fare è raccontare una bella storia intorno all'alimentazione che non può essere ridotta ad una equazione tra glucidi, lipidi e proteine" ed ha aggiunto "Questa prima asta dedicata alla gastronomia assume muna dimensione artistica: quella di far in modo di riconnettere un pubblico che ha la possibilità di farlo con quei preziosi beni biologici rappresentati dai prodotti della terra assurti all'eccellenza grazie ai loro artigiani". Tra i preziosi prodotti in vendita (guarda il catalogo PDF 3Mb) il Bitto storico, almeno tra i formaggi ha giocato un ruolo di protagonista osando presentarsi con una forma intera del 2004 di oltre 12 kg (c'era del Parmigiano di 4 anni ma in tagli da 3-4 kg). Va precisato che l'asta non era rivolta agli sceicchi o ai riccastri russi in vena di stupire gli amici ma ai gourmand. Prezzi elevati sì ma non al di là di ogni rapporto con il mercato "reale" e potremmo dire con un occhio attento a mantenere un rapporto qualità-prezzo etico. Aceto balsamico, caviale Beluga, prosciutto iberico 2007. Il dato significativo è che i siti gastronomici (oltre a Le Figaro) che hanno parlato dell'asta hanno quasi immancabilmente fatto riferimento al Bitto storico. Evidentemente quella forma così emblematica con i suoi "graffiti" manuali ha colpito l'immaginazione. Tra i siti francesi che hanno parlato del Bitto storico si veda Terroirsdechefs.com. Il Bitto storico è stato presentato come un presidio Slow Food che "rappresenta senza alcun dubbio il simbolo della produzione casearia lombarda". Veniva poi precisato che è prodotto con l'aggiunta del 20% del latte caprino. Viene da ridere perché le norme gastroburocratiche sancite dalla EU impongono che il Bitto dop "ammettono" che il latte caprino sia aggiunto (bontà loro) ma nella "misura massima del 10%". Un dettaglio che ci ricorda che il Bitto storico è almeno in parte ancora un "fuorilegge". Da "fuorilegge" (inviso a burocrazia di ogni ordine e grado e da industriali e politicanti valtellinesi) il ruolo di ambasciatore del buono della Lombardia lo deve svolgere in incognito, in modo ufficioso. Però c'è un piccolo dettaglio lo svolge del tutto gratuitamente (mentre i Consorzi si sa quanto ... mungono).

Bitto storico alla prima della Scala (a Sondrio)

 

Da ormai cinque edizioni allla prima della Scala i melomeni di Sondrio e valtellina possono assistere da maxischermo in diretta. Quest'anno ci sono state due gradite novità: il restauro dell'auditorium Torelli che ospita l'evento (dotatisi di 400 comode poltrone) e... il Bitto storico.
Durante il rinfresco offerto nell'intervallo il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico ha messo a disposizione uan forma intera di 16 kg. Un gesto che è anche un riconoscimento per il coraggio e la lungimiranza dimostrate dalla città e l'amministrazione di Sondrio quando,  in occasione di "Formaggi in piazza" - la mostra mercato di formaggi che ha per palcoscenico le piazze del centro storico di Sondrio - al Bitto storico è stato concesso di svolgere un ruolo da protagonista. Nel capoluogo di quella Valtellina che, sino ad oggi, nel confronti del Bitto storico si è sempre comportata da matrigna cattiva.  Non certo a causa della comunità valligiana che dimostra affetto e simpatia in ogni occasione alla causa dei "ribelli del Bitto", ma una proterva cupola imprenditorial-politica. Una cupola che, però, pare in procinto di incrinarsi tanto che forse non è lontano il giorno in cui certi personaggi dovranno rendere conto del perché hanno cercato di distruggere un eccellenza vanto della Valtellina, delle Orobie, della Lombardia. Un'eccelenza che fa da ambasciatore nel mondo della Lombardia (un po' come la Scala con la quale sarebbe auspicabile un... abbinamento).

Il Bitto storico "sovversivo" assurto a simbolo dell'agricoltura lombarda anche nella rivista della presidenza della Regione Lombardia

 

La rivista Confronti (della presidenza della Regione Lombardia) nel suo numero di dicembre (3/2011) ha dedicato un reportage fotografico alla Festa dell'agricoltura lombarda che si è svolta il giorno di San Martino (11 novembre) presso la sede della regione in Piazza città di Lombardia.
È confortante (e sintomatico) notare che oltre alle città e all'industria la Lombardia torni a pensare alle sue campagne (quanto rimane dal rullo compressore dell'agricoltura industriale) e alla montagna (link all'articolo in PDF). Avevamo già parlato qui su Ruralpini della Festa e delle contaddizioni che essa ha rappresentato (tra ripensamento della tradizione e acritica esaltazione della modernità e del produttivismo)(link all'articolo qui su Ruralpini).
Ora non possiamo che essere compiaciuti del fatto che il Bitto storico è stato riconosciuto dall'occhio del fotografo di Confronti e dall'agenzia di stampa regionale come un simbolo autentico della Lombardia agroalimentare. La didascalia recita infatti: ... una forma di "Bitto storico", i celebre formaggio delle valli del Bitto (Sondrio), predisio di Slow Food, ormai di grande fama internazionale. Grazie. Sarà sempre più difficile di questo passo per la burocrazia della DG agricoltura (e per le cerchie di imprenditori e politicanti valtellinesi che continuano a fare la guerra al Bitto storico) giustificare l'ostracismo nei suoi confronti. Intanto il Bitto "ribelle", sia pure in forma ufficiosa svolge a meraviglia il ruolo di ambasciatore del buono che c'è in Lombardia.

lunedì 28 novembre 2011

Bitto storico news (2) - novembre 2011

  il Bitto storico sempre più proiettato 

nell'empireo della qualità mondiale


di Michele Corti

 

Bitto storico a New York, a Hong Hong, alle aste di Parigi. Il mondo si sta accorgendo che nel campo dei formaggi c'è un'eccellenza che può giocare un ruolo che sino ad ora hanno svolto esclusivamente i grandissimi vini.

 

Sommario



Durante la conferenza stampa svoltasi il 18 novembre il comm. Emilio Rigamonti, (bresaola) presidente del Distretto Agroalimentare provinciale ha ammesso che "... è piuttosto strano che all'interno di una mostra che punta i riflettori innanzitutto sul Bitto manchino da così tanto tempo i produttori storici...". Rigamonti auspica quindi una "pacificazione". In ogni caso il contratto che affidava al Distretto Agroalimentare la gestione della Mostra del Bitto è scaduto e le dovrà farsi avanti qualcun'altro con delle proposte. Che la Mostra del Bitto debba tornare tale per non dover cessareè abbastanza scontato, che si debba abbandonate la localizzazione al chiuso nel Polo fieristico è altrettanto scontato. Il successo di manifestazioni come Cheese a Bra, ma della stessa Formaggi in Piazza a Sondrio indica chiaramente quale sono le formule che il pubblico apprezza, formule che attirano visitatori ma senza dimenticare la qualità. La Mostra del Bitto in realtà era diventata una fiera generalista senz'anima che semmai rappresentava una vetrina asettica per la produzione industriale. I produttori storici sono interessari a partecipare ad un evento che abbia il coraggio di tornare alle origini, di essere il luogo di un incontro gioioso e spontaneo tra il mondo degli alpeggi e quella componente di consumatori, di turisti che è interessata a conoscerlo più da vicino, disposta anche a riconoscere ad una qualità specifica, a dei formaggi "gran cru" il prezzo in grado di remunerare la fatica, l'abilità, la passione, le competenze di pastori, casari, affinatori. Per vedere il formaggi dietro le vetrine e per collezionare depliant tanto vale farlo alla Fiera di Milano. Se a Morbegno qualcuno avrà il coraggio di voltare pagina e di coinvolgere in una rivisitazione storica quelli che sono i referenti naturali: i produttori storici del Bitto allora questi ultimi non si tireranno indietro.

Giovanni Guffanti (nella foto sopra) in occasione del Food Day  (lunedì 24 Ottobre ) presso Eataly a New York ha aperto una forma 'storica' di Bitto storico, prodotta in una data fatidica. La cosa ha suscitato ovviamente un interesse particolare. Il pubblico che ha affollato il negozio Eataly era mosso da realmente interesse per cibi  si qualità indiscutibile ovvero prodotti healthy e derivati da produzioni ecosostenibili. Ovviamente la parte del leone l'ha fatta il Bitto storico dell'11 settembre 2001 che ha attirato la curiosità di molti per la celebrazione ed il ricordo dei 10 anni dalla tragedia delle torri gemelle ma che ha permesso di far conoscere (e degustare) un prodotto che per ingredienti e modalità di produzione rispondeva esattamente al manifesto del Food Day voluto dal presidente Obama. Oltre al pubblico ed ai giornalisti, in occasione del taglio del Bitto erano presenti:
Alex Saper (ceo Eataly NYC), Joe Bastianich (socio Eataly NYC e protagonista di "Master Chef" su Sky), Nicola Farinetti (socio Eataly NYC e figlio di Oscar ideatore di Eataly), Dino Borri (direttore Eataly NYC), Amy Bjork (responsabile eventi Eataly NYC). Un commento si impone a questo punto. Eataly a New York ha utilizzato l'immagine del bitto storico ma nei negozi Eataly in Italia non ne promuove la vendita. Ovviamente è più facile vendere formaggi a prezzi "normali" ma da chi si presenta come vetrina delle eccellenze italiane un po' più di impegno si potrebbe aspettarselo. Un caloroso complimento invece a Guffanti che nel Bitto storico crede in modo convinto da tempoò.



La forma della foto sotto è una di quelle eccezionali. La "decana" è l'ormai famosa forma del 1996 battuta a 2.299 € all'asta di Bra, a conclusione di Cheese. Questa che vedete sotto, aperta e in parte già confezionata sotto vuoto sta per essere spedita ad Hong Hong. La ditta di import ne ha acquistati 4 kg più altri kg di forme meno vetuste. Ho voluto riprendere, anche a beneficio degli estimatori di questo formaggio-mito da vicino la superficie in modo da far apprezzare la tessitura, il disegno della pasta, perfettamente sana.


La forma della foto sotto (annata 2004) invece  sta per essere spedita alla casa d'aste parigina Artcurial agli Champs Elysees. Il 16 dicembre ci sarà un'asta dei migliori cibi del mondo con la presenza e supervisione di Alain Ducasse. La forma del 2004 ha una base d'asta di 1000 €. Vedremo a quanto sarà battuta.




L'aumento di capitale è stato deliberato il giorno 27 novembre dall'assemblea straordinaria della Valli del Bitto trading spa.  Il capitale passa da 363mila a 1milione e 89mila€. Quanto agli altri punti importanti all' Odg si regista la decisione di mantenere il nome della società (valli del Bitto trading spa). In molti si è insoddisfatti di questo nome che i nemici del bitto storico hanno spesso usato (e usano) strumentalmente (facendo leva sull'incongruenza di quel "trading" per una società che si proclama etica - e che può dimostrarlo conti alla mano - a differenza di tante false Onlus. La discussione verteva sia sul "trading" che sul riferimento alle "Valli del Bitto" ormai superato dai fatti e dalla storia dal momento che la denominazione "Bitto storico" si è imposta autorevolmente divenendo motivo di fascino e prestigio (e al tempo stesso sinonimo di eroica resistenza casearia). Le considerazioni sugli inconvenienti legati al cambio di denominazione a fronte di una non chiara nuova soluzione hanno però consigliato di soprassedere (ma solo per il momento). Tutte le decisioni sono state prese in uno spirito di grande coesione e concordia.
FATEVI E FATE UN REGALO DI NATALE ETICO
Tanti parlano di cibo di qualità, di eccellenza, persino pulito e giusto. Il bitto storico è tutto ciò. Lo è stato e continua ad esserlo con coerenza. E, in un mondo di ipocrisia e di vuota immagine (il marketing) è stato ferocemente combattuto. Combattuto in tutti i modi perché la sua stessa esistenza mette in discussione le pretese millantate da tanti che si sono impadroniti di parole come "tipicità", "tradizione", "montagna", "alpeggio".  I produttori del bitto storico hanno bisogno di aiuto. Il modo più concreto è sottoscrivere azioni della società etica che rappresenta il braccio commerciale (senza scopo di lucro) dei produttori. La società è partecipata dal Consorzio dei produttori e dai singoli produttori stessi.  La Valli del Bitto trading riconosce loro, a fronte del rispetto delle norme autenticamente tradizionali di produzione, un prezzo etico di 16€ al kg per il prodotto fresco. Il bilancio della società sta li a dimostrare quanto affermiamo e chi vuole può verificarlo di persona con le apposite visure camerali (reg. impr. Sondrio 00815750146, REA 61732 ).
E ricordate: solo le forme autografate dal casar-artista e dal presidente Paolo Ciapparelli sono forme autentiche di Bitto storico.
COME DIVENTARE SOCI
Tutte le richieste di divenire soci entro l'anno solare 2011 consentiranno di partecipare all'assemblea sociale ordinaria del prossimo aprile. Per divenire soci basta effettuare il bonifico bancario (150€ mo multipli), compilare e spedire il modulo sotto riportato.
VENUTO A CONOSCENZA CHE LA SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA CON SEDE IN  VIA NAZIONALE , 31 23010 GEROLA ALTA (SO) HA DELIBERATO L'AUMENTO DEL  CAPITALE SOCIALE

IL SOTTOSCRITTO…………………………………..................NATO A……………...............…......

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C.F…………………..................…  TEL…………….............……EMAIL……...................……………

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domenica 13 novembre 2011

Il Bitto storico alla festa dell'agricoltura lombarda


Milano, 11 novembre 2011.

I Giaröi, il gruppo tradizionale di Gerola alta sono stati invitati insieme ad altri gruppi tradizionali lombardi, che tramandano aspetti importanti della cultura popolare, alla seconda Festa dell'agricoltura lombarda in Piazza Città di Lombardia, al centro della nuova sede della Regione.
Essi, come normale, hanno portato il Bitto storico che è un emblema e una gloria di Gerola. E così, in una occasione molto istituzionale, il Bitto ribelle sgradito alla burocrazia regionale, al mondo dei consorzi e multiconsorzi, ha fatto capolino nella piazza. Con una forma dedicata a Slow Food e con il libro "I ribelli del bitto".




martedì 8 novembre 2011

Il calendario dei Ribelli del Lagorai: la tradizione aperta al mondo

(09.11.11) È uscita la 9a edizione del calendario della Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai. "Latte, caglio e fuoco" è il titolo del calendario: ma anche un grido di guerra (con armi pacifiche)

 

di Michele Corti

La catena del Lagorai si trova nel Trentino orientale e divide la val di Fiemme dalla val Sugana. non ci sono montagne spettacolari ma laghi, boschi e, soprattutto malghe. È un comprensorio dove la cultura tradizionale della malga è riuscita a resistere meglio di altrove in Trentino. La libera associazione malghesi pastori del Lagorai è sorta per tutelare questo grande patrimonio, etnografico paesaggistico, di cultura casearia. Così come i più noti Ribelli del Bitto anche i Ribelli del Lagorai sono inseriti in reti lunghe, guardano al mondo e il mondo guarda a loro. Il Bitto storico va a New York e a Parigi, il formaggio delle malghe del Lagorai in California.  Ricevono solidarietà ma la ricambiano generosamente. Loro, che dalle istituzioni ricevono spesso solo ostracismo. Eppure il ricavo dell'asta del bitto storico a Bra è stato devoluto interamente alla campagna Orti per l'Africa e quello della 9a edizione (2012) del Calendario della Libera Associazione malghesi e pastori del Lagorai sarà devoluto a favore dei pastori palestinesi delle colline di Ebron sotto pressione da parte dei colòni israeliani e della Tsahal.
Il guerriero e la pasionaria
Sono combattivi, sia Paolo Ciapparelli (il guerriero del bitto) che Laura Zanetti (la pasionaria del Lagorai) ma la loro è una guerra pacifica. Che tipo di guerra? La guerra del bitto, che Ciapparelli e i suoi conducono da diciassette anni (e chi i lettori  di Ruralpini credo conoscano). Quella della Zanetti e del suo manipolo (ancora più esiguo) di malghesi è del tutto analoga e se possibile ancora più difficile. L'ha spiegata ella stessa alla presentazione del calendario a Renzo Maria Grosselli, il giornalista dell'Adige che per la causa dei malghesi e della montagna in generale ha una rara sensibilità. "Che guerra è la tua, Laura?":
"Una pacifica dichiarazione ad un sistema che impone la tecnologia come esigenza economica ma anche ideologica. Dietro il calendario c’è evidentemente tutta la battaglia decennale dei malghesi per conservare l’ampia varietà casearia, da malga a malga. Ognuno col suo formaggio. Ciò è possibile solo se ogni casaro può applicare la propria ricetta personale, lavorando solo con latte e caglio".
L'obiettivo non dichiarato ma trasparente della polemica della Zanetti è la Fondazione Mach e, in particolare, il progetto di "biodiversità addomestica" (e un po' rubata) tendente a realizzare fermenti selezionati ad hoc per i formaggi di malga. Un passo in avanti certp rispetto a quando si consigliava di usare, anche nei caseifici di malga, le bustine delle industrie; ancora di più se si pensa che venti anni fa la provincia e l'allora Istituto di S.Michele allA'dige (oggi Mach) pensavano che le malghe non avessero futuro. Venne incentivato il trasporto del latte di malga nei caseifici a valle dove veniva mescolato con quello delle stalle di fondovalle dove già allora si faceva largo ricorso ai mangimi e ai foraggi importati.
Negli ultimi anni si è cercato di valorizzare le residue produzioni realizzate in malga e di separare nei caseifici il latte proveniente dalle malghe del resto di quello che vi viene conferito. Se l'economia della malga è stata in qualche modo rivalutata ciò lo si deve anche ai ribelli del Lagorai che hanno agito da pungolo, sia pure mal tollerato.  
 
Il ruolo del calendario

Grazie ad una serie di iniziative culturali, di corsi, di convegni ma, soprattutto, grazie ad un calendario (che ormai è giunto alla nona edizione) la Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai ha molto contribuito, sia pure da posizioni critiche e conto corrente rispetto alle istituzioni, a rilanciare la consapevolezza del valore delle malghe. Molto tempo prima che l'accademia e i tecnoburocrati scoprissero la "multifunzionalità". Il calendario ha giocato un ruolo molto importante nel far conoscere l'associazione e le sue tematiche; diffuso capillarmente in Valsugana ma anche a Trento, Rovereto e in altri centri presso librerie e cartolibrerie ma anche direttamente dalla stessa Laura Zanetti che - fino a pochi anni fa - riusciva a fare acquistare parecchie copie persino all'assessorato provinciale all'agricoltura. Con la vendita del calendario la libera associazione riusciva ad autofinanziarsi evitando di dover vendere l'anima per trenta denari come succede spesso nell'ambito dell'associazionismo.
 
Foto Walter Pescara
Un calendario dai contenuti molto importanti (artistici, culturali, sociali, umani)
L'edizione 2012 del calendario si avvale dell'apporto di un fotografo di chiara fama, Walter Pescara (in passato hanno contribuito Christian Cristoforetti, Aldo Fedele, Roberto Spagolla e Flavio Faganello). Sono foto la cui bellezza non si lascia cogliere immediatamente, non sono 'lavorate' come certi vini (e certi formaggi). Sono di una bellezza semplice ma di una grande forza compositiva e cromatica.
Il calendario, però, quest'anno contiene  una straordinaria chicca poetica: una poesia inedita di Lawrence Ferlinghetti, il poeta della beat-generation. Ferlinghetti è un grande poeta e anche un editore a San Francisco. È amico di Laura ed un estimatore del formaggio del Lagorai. Non si tratta quindi di un accostamento casuale tra un artista e una causa 'originale' (di 'originale' c'è il formaggio delle malghe del Lagorai, quello si) ma di qualcosa di più profondo. Anche la traduzione in italiano dall'inglese è di un autore importante: Luigi Ballerini,  a sua volta poeta e docente di letteratura italiana all'Università della California (di Ballerini e di un progetto culturale che stiamo portando avanti insieme avrò modo di parlare prossimamente). La poesia inedita di Ferlinghetti si intitola:  "Non ci sono forse ancora le lucciole" ed è stata composta appositamente per il calendario del Lagorai (in fondo alcuni versi).

Foto Walter Pescara
Queste piccole produzioni eroiche, questi ostinati artisti del latte e i loro sostenitori sono un po' come dei Davide che devono combattere contro Golia. Gli apparati burocratici, i piani di sviluppo rurale, regioni, province, consorzi supportano ben altre produzioni, però questi formaggi ribelli ottengono l'appoggio dei grandi personaggi. Di poeti che riescono a vendere  milioni di copie di un loro libro di poesie. Al calendario mi onoro di aver portato anch'io un contributo con una breve presentazione scritta nella quale spero di avere trasmesso il senso di questa guerra pacifica in nome di una diversità biologica e culturale, contro la standardizzazione e la omologazione dei formaggi (e delle coscienze).
Foto Walter Pescara

Non ci sono forse ancora le lucciole
E le stelle in cielo ogni notte
Non riusciamo forse a vederli
nella sfera di cristallo della notte
questi segni del nostro “beatifico destino”?

L. Ferlinghetti, agosto 2011